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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Galli, Edoardo: Il sarcofago etrusco di torre San Severo: con quattro scene del ciclo Trojano
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0052
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95

IL SARCOFAGO ETRUSCO DI TORRE SAN SEVERO ECC.

or,

I ragguagli geografici che fornisce il canto XI del-
l' Odissea intorno alla terra dove Ulisse compirà il
rito propiziatorio, se sono più numerosi di quelli che
nel precedente enuncia Circe, indicando la dimora di
Plutone e di Proserpina, non sono però più di essi
chiari e definiM. Per Omero il paese dei Cimmerii,
dove si trova il bosco sacro a Proserpina e l'ingresso
all' Èrebo, è posto nell'estremo Occidente, al limite
dell'orizzonte diurno; e ciò corrisponde alla concezione
antichissima del nostro mondo, di forma circolare,
contornato dal gran fiume Oceano. Al disotto di questo
enorme disco terraqueo — vale a dire agli antipodi —
si riteneva che esistesse il regno di Bades, cioè l'in-
visibile dimora dei morti, la quale pertanto non go-
deva i benefici della luce e del calore solare.

Buio eterno e per conseguenza freddo intenso re-
gnano sull'infelice paese dei Cimmerii. dove Ulisse
approda; terra questa concepita come l'estrema peri-
ferica del nostro mondo, e nello stesso tempo la prima
del versante catactonico.

La critica è concorde oggi neli'ammettere che la
Nekyia omerica dell'XI canto dell' Odissea è una delle
parti più recenti interpolate nel poema, poiché la
descrizione relativa agli Inferi non ha uno scopo in-
trinseco, ma fu concepita solo come sfondo per farvi
parlare lo spirito di Tiresia e degli altri illustri tra-
passati, che si affollano intorno ad Ulisse (') Per i
fini illustrativi della rappresentazione D del sarcofago,
trattandosi di un monumento del sec. IV, il fecondo
dibattito che si fece intorno a tale questione presenta
un interesse molto relativo (2). Basta per noi stabilire
tra la narrazione omerica, anche se essa sia in realtà
post-omerica, e l'opera d'arte che si esamina quelle
linee di riscontri le quali ci facciano intendere ogni
particolare ed inoltre separino gli elementi estranei,
aggiuntisi nel corso dei secoli al nucleo più antico,
o attratti da esso dopoché si staccarono da parallele
tradizioni pure assai remote.

(x) Cfr. Rohde, Psyche, I, pag. 49 sgg. ; Wilamowitz, Hom.
Untersuch., pag. 111-3.

(") Non credo pertanto che per l'economia e lo scopo della
presente esposizione convenga prendere in esame anche la
Nekyia enunciata al principio del canto XXIV dell'Odissea.
Basta qui accennare che trattasi di uno sdoppiamento, sotto
diversa veste, della prima Nekyia relativa agli insegnamenti
di Circe, e perciò aggiunta posteriormente al nucleo più antico
del poema.

L'importanza davvero straordinaria del nostro qua-
dretto scolpito consiste invece nella sua assoluta no-
vità. Esso è il primo esempio della Nekyia omerica
figurata sul paesaggio infernale giunto fino a noi; e
con la visione realistica della misteriosa terra dei
Cimmerii, che esso ci offre, chiude il ciclo delle rap-
presentazioni inerenti a 1 la leggenda di Achille e di
Ulisse fin qui esaminate. Non si tratta più di riti
funebri e di ombre di eroi, ma è la stessa dimora
dei beati che l'arte etnisca pone sotto i nostri occhi,
e noi quindi ci accingiamo ad esaminarla con trepida
curiosità, come un viandante che arrivi all'improvviso
in un paese sconosciuto e pieno di meraviglie.

IX.

Lato D: Ulisse compie il rito
per evocare l'anima di Tiresia.

Lo spazio ristretto che offriva l'ultimo lato mi-
nore della cassa obbligò l'artista a disporre la figu-
razione in due piani, e a condensarla in poche im-
magini. Sul primo piano si svolge la scena del sa-
crificio del montone, compiuto da Ulisse con la
assistenza dei compagni Euriloco e Perimede (') ; nel
fondo, in un quadretto separato, assai lontano, si ri-
vela a noi la visione dell' Èrebo (fig. 7-D).

A sinistra vedesi Ulisse in tutto somigliante alla
figura che è in C ed a quella in B, nell'atto d'im-
molare un grosso ariete inferendogli un colpo di spada
al collo per di dietro (cfr. sacrificio del prigioniero
troiano in A). L'eroe è seminudo, con clamide ab-
bottonata al collo e rigettata dietro le spalle : ha la
barba come altrove, ma mancano gli schinieri. Con la
mano sinistra ha afferrato il corno destro dell'animale,
costringendolo a tenere alta la testa rivolta verso
1' Èrebo (2), e puntandogli anche un ginocchio contro
la spalla La vittima è ricaduta sulle gambe poste-
riori ; e la grossa fune che le serra il collo, ma che non
si vede dove sia assicurata all'altro capo, è tesa oriz-
zontalmente per lo sforzo a cui l'animale deve sot-
tostare (:<).

(l, Odissea, XI, vv. 23-24; 44-47; cfr. X, v. 531 sg.
(») Odissea, X, v. 527-8.

(3) Intorno al collo dell'ariete la corda era continuata dal
colore bruno.
 
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