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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0238
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467

LA CAVERNA DI LATRÒNICO ECC.

408

Quando, nel maggio del 1912, il Di Cieco visitò
la caverna per la prima volta, in compagnia dell'amico
suo signor Archimede Basile, farmacista a Labrònico,
si accorse che in un punto la crosta stalagmitica
del pavimento non era completa, e lasciava trasparire
un poco del terreno ad essa sottostante. Frugatolo
alla meglio, ne estrasse un'ansa: fu l'incentivo alla
fortunata ricerca.

Dai tagli che vedevo tutt'ora aperti allorché vi-
sitavo la grotta, dalle cortesi informazioni del Di
Cicco, oltre che del signor Basile, che aveva con fer-
vore seguito le vicende dello scavo, dalle notizie degli
stessi operai che avevan proceduto al lavoro, m'era
facile formarmi un' idea esatta delle condizioni di gia-
cimento, e d'altronde si trattava di uno scavo assai
semplice.

Constatavo subito che il Di Cicco aveva proceduto
con molta diligenza vuotando completamente, net-
tando per così dire, la caverna. Egli vi fu due volte
nel maggio e quindi nell'agosto di quell'anno, e vi
tornò poi nel 1913 terminando il suo lavoro di esplo-
razione.

Fece rompere e asportare la crosta stalagmitica
per parecchi mq. ; estratto quindi il terriccio nero
ad essa sottostante lino a raggiungere il suolo com-
patto e primitivo della grotta, lo faceva portar fuori
della caverna per passarlo subito al vaglio, affinchè
nulla sfuggisse.

Verificò in tal modo che lo strato archeologico
era unico, ed era costituito da un terreno nerissimo
commisto al cocciame prevalente. Lo spessore di co-
testo strato naturalmente era vario e dipendeva dal-
l'andamento del fondo: oscillava da IO a 70 cm.
Sullo strato archeologico era distesa la crosta stallat-
titica, cominciata a formarsi dopo l'abbandono della
grotta. Cotesta crosta, più spessa vicino alle pareti
della caverna, era quasi completa e però bene aveva
protetto il deposito archeologico; solo in un punto o
due, interrotta, lasciava apparire, quasi occhi o spie,
il terreno nero sottostante.

La caverna principale si presentò al Di Cicco
come un grande deposito di materiale vascolare, ed
egli notò il fatto nella sua comunicazione precitata.
Per quanta diligenza egli ponesse nella ricerca, non
potè ottenere, meno qualche altro raro oggetto, che
ceramica, ma questa in copia veramente straordinaria,

poiché ne raccolse ben 17 casse che inviò al Museo
di Potenza. In tanta copia, la ceramica è apparsa
solo in qualche stipe votiva talora per questo vera-
mente ingenti, come quelle aponensi, nell'antico la-
ghetto formato a S. Pietro Montagnoli (nel Comune
di Battaglia, prov. di Padova) dalle acque che sgor-
gano da quelle sorgenti termali, l'ima delle quali già
illustrata dal Cordenons. l'altra più di recente dal
Pellegrini: ma anche dalla caverna di Pertosa la
ceramica si estrasse «a quintali» (').

Nella caverna di Latrònico, la ceramica si trovò
quasi ugualmente diffusa nello strato di terra nera.
Ma soprattutto in due punti: e cioè in fondo alla
Ia galleria di destra e nella camera sottostante alla
galleria più lunga, la ceramica era così costipata da
costituire quasi una « lettiera di cocci » come dicevano
gli operai scavatori.

Era evidente che in cotesti punti soprattutto, i
vasi dovevano esser stati deposti interi, con cura, per
uno scopo determinato: non si trattava certo di rot-
tami o di rifiuti abbandonati, nè si poteva allatto
credere che quivi la ceramica si fosse accumulata,
per qualche movimento del terreno, poiché la grotta
non presenta nel suo interno traccie di franamento.
D'altronde non pochi vasi si poterono raccogliere in-
teri o quasi: altri si completarono senza difficoltà, e
certo molti altri se ne potranno restaurare classili
cando i cocci del Museo di Potenza.

A mio avviso, soprattutto nei due punti detti, si
debbono vedere due stipi votive, e ciò anche in rap-
porto con altri fatti che verrò esponendo.

Intanto, in tutta quella ceramica colpisce la gran-
dissima assoluta prevalenza delle capeduncole e dei
vasi grandi, che con frequenza sono ben ornati. Si
sono inoltre trovati tre vasi, di media grandezza, che
descriverò più avanti, che contenevano frutti e semi.
Una tazza (fig. 30), la cui bocca era protetta da una
pietra, si trovò piena di essi : si deve notare la cir-

(M Cordenons, La stipe votiva aponense, B.P.I., XXIII,
1807. — Pellegrini, Stipe votiva di S. Pietro ìlontagnon,
nel com. di Battaglia, prov. di Padova, loc. cit, XXXVII)
1911. Presso il margine del laghetto Braggion, secondo il P.
si raccolsero in 12 m3 oltre 3500 vasi e inoltre un ammanso
così grande di cocciame da far riteuere che in origine i vasi
fossero in numero triplo. — Canicci, La grotta preistorica
di Pertosa, Napoli, 1907, col. 117.
 
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