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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0239
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LA CAVERNA DI

costanza singolare che nei detti casi erano mescolati
sempre gli stessi prodotti, e cioè mele selvatiche,
prugnole, sorbe e grano.

La ripetizione del fatto, dimostra che furono scelti
con uno speciale criterio ; e poiché sembrerebbe per
lo meno strana l'associazione di frutti carnosi e di
semi secchi, cotesto materiale non sembra ripostiglio
di cibo o avanzo di pasto, ma piuttosto offerte votive
o propiziatorie. D'altronde il grano per il cibo doveva
prepararsi in un altro modo e cioè frantumandolo e
quindi impastandolo con acqua per farne una specie
di rozza focaccia, che forse veniva cotta su pietre
arroventate, come fanno popolazioni primitive viventi,
e come sembra aversene traccia in qualche deposito
preistorico (1).

È da rilevare che i semi erano abbondantissimi,
specialmente il grano, in quella caverna: si trova-
vano frammisti alla terra nera, specialmente verso il
mezzo della galleria più lunga, ed erau certo usciti
dai vasi spezzati. Poterono essere contenuti dai vasi
di media grandezza o piccoli o dagli stessi vasi più
grandi, quando non si voglia supporre che questi
ultimi servissero ad accogliere i minori vasetti con
lo otferte.

Comunque, non può credersi che quella caverna
fosse adoperata come magazzino dalle genti che
costruivano capanne e sapevano eriger muri a secco,
perchè non sarebbe stata adatta a questo scopo, e
d'altronde così larghe provviste avrebbero dovuto ser-
vire all'intera tribù, uè siamo autorizzati a credere
che fossero organizzate in quei tempi simili opere di
previdenza collettiva.

Un altro fatto notevole è che mancano nella ca-
verna le note proprie dell'abitato continuato, poiché
non vi si rinvennero gli avanzi di pasto animale,
così copiosi nelle stazioni, non potendosi dar peso a
qualche raro, insignificante osso di bruto e deve
escludersi che le ossa siano andate distrutte in un
ambiente ricco di CaC03. Anche il carbone vi era
rarissimo.

Soprattutto vi manca completamente qualunque
traccia di una lavorazione compiuta nell'antro: asso-

(') Focaccia di grano od orzo si conserva nel Mus. prei-
storico di Roma, proveniente da Polada. Niuna traccia di si-
mili impasti ha offerto la caverna.

LATRÒNICO ECC. 470

lutamente nessuna scheggia silicea: gli oggetti che
possono considerarsi strumenti di lavoro, si riducono
a non più di due o tre esemplari. Mancano le armi.

Evidentemente la caverna non aveva servito di
abitazione, benché fosse comoda e bella: non sarebbe
altrimenti spiegabile l'assenza di coteste vestigia, che
avrebbero dovuto esser abbondanti, mentre essa aveva
ritenuto l'ingente copia di ceramica affidatale. Il
grano, non mai uscito in tanta copia da un deposito
preistorico, accenna all'estensione delle colture e può
far sospettare che quelle genti laboriose preferissero
abitare all'aperto, presso i propri campi. Se non vi
si fosse accumulato e conservato per un concetto spe-
ciale di venerazione come per gli oggetti delle stipi,
certo esso sarebbe andato disperso, per la facilità di
accedere alla caverna.

*

Appunto le tracce dell'abitato trovai fuori della
caverna, poiché non essendovi più nulla da fare nel-
l'interno di essa dopo le ricerche del Di Cicco, mi
misi a esplorarne le adiacenze.

Poco prima eh' io giungessi a Latrònico, nel podere
Del Gaudio era apparsa, sotto il muraglione che regge
la Via nuova, e precisamente presso una grande quer-
cia, un ammasso di cocciami, venuto in luce nel fare
uno scasso, entro terra nera artificiale, in parte cemen-
tata da infiltrazioni calcaree. Era un fondo di capanna:
vidi tuttora in posto qualche relitto della ceramica,
tra cui un'olletta, quasi intera, d'impasto rozzo e
grigio con ansa a rocchetto, la quale aveva l'ormato
un blocco compatto con le cementazioni calcaree. Si
erano anche estratti dallo stesso luogo diversi col-
tellini silicei : due di ossidiana, tra cui uno grande e
bello, una pietra spianata probabilmente adoperata
come macina.

Esaminando in seguito attentamente, insieme col
Del Gaudio, una scarpata del terreno, distante circa
una trentina di metri dal luogo predetto, vidi uscire
dal piede di essa una grande pendaruola fittile, grigia,
inornata, a facce spianate, con foro centrale, e qualche
coccio entro terra scura. Avendo osservato che coteste
tracce affioravano nel taglio della scarpata, allo stesso
livello delle precedenti, sospettai che a quella pro-
fondità esistesse il piano antico su cui doveva essere
restato abbandonato il materiale archeologico, e però
 
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