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però più piccola (1), benché nelle palafitte e nelle
terramare settentrionali i vasi per bere assumano più
di frequente la forma della ciotola ad ansa lunata,
oppure quella dell'orcioletto ventricoso con largo collo,
di cui parecchi esemplari simili sono usciti dal depo-
sito presso le fonti salutari della Panighina (2).

L'Orsi yidica il bicchiere monoansato perla necro-
poli di Valsavoia, nel sep. VII (3). Certo questa foggia
perdurò.

Tra le stoviglie di Janchina, nel territorio di Lokri
Epizephirii, il Quagliati, ci presenta diversi vasi della
prima età del ferro, che son tazze per attingere e per
bere di forma un po' varia, ma tutti con anse simili

Fig. 12. — 1:8.

al nostro esemplare, tra i quali uno più piccolo è ad
esso assolutamente identico (4).

Ma richiamano assai meglio la nostra attenzione
le altre capeduncole più abbondanti, ben sagomate,
con la caratteristica ansa elevantesi dall'orlo ad ampio
nastro slargato a superficie insellata forata, coi mar-
gini sporgenti e revoluti all'apice a guisa di due cor-
netti (fig. 13).

L'impasto di queste è assai meglio manipolato,
la superfìcie, esterna e interna, ingubbiata e lisciata
fino a prendere uno speciale nitore. Il colore nero ha
spesso macchie grigio-rossigne per l'imperfetta cot-
tura. Il fondo tondeggiante del vaso s'innesta a un
breve collo incavato all' indentro, col labbro sporgente

(1) Cfr. la bella serie conservata nel Preistorico di Roma.
L'es. n. 59768 di Polada, è a tronco di cono rovescio.

(2) Per quelli della Panighina, cfr. Pigorini, Uso delle acque
salutari nelVetà del bronzo, B.P.I., XXXIV, 1908, tav. V.

(3) Orsi, B. P.I., XXVIH, 1902, pag. 112, tav. II, fig. 18.

(4) Quagliati, B.P.I., XXXVI, 1910, pag. 47, f. B, terzo
esemplare.

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in fuori producendo uno spigolo o carena. In questa
sagoma carenata taluno vuol vedere la prova che il
fìgulo già conosceva l'esistenza di vasi metallici.

Queste capeduncole, come è ben noto per gli studi
di coloro che più largamente esaminarono il mate-
riale dell'Italia Meridionale, sono tra i più sicuri
prodotti dell'età enea. S'incontrarono abbondanti, oltre
che alla Pertosa, nelle grotte del Pulo di Molfetta
che già il Mayer aveva nettamente distaccato dalla
stazione neolitica all'aperto che trovasi sul soprastante
campo Spadavecchia. Le grotte son certo dell'età del
bronzo, come han riconosciuto il Pigorini, il Gervasio
ed altri (■).

Fio. 13. — 1: 2

Tali capeduncole si trovarono anche in qualche
dolmen più tardo, come quello di Bisceglie ; nello

(M Carucci, qp. cit. — Mayer, Le stazioni preistoriche
di Molfetta, pag. 117, 18. - Pigorini, Preistoria, nell'opera
Cinquantanni di vita italiana, pubblio, dai Lincei, pag. 60,
estr. — Gervasio, I dolmen e la civiltà del bronzo nelle Puglie,
pag. 169. — Peet, The sione and bronze dges, etc, 1909,
pp. 81, 86. — LI. Berlin Philolog. Wachenschrift, 1910,
col. 592.

E fondamentale per la cronologia preistorica dall'Italia
meridionale la retta interpretazione delle stazioni del Pulo di
Molfetta. Già le attente ricerche del Mayer avevano distaccato
le caverne dalle due stazioni all'aperto dei capannicoli, nel
campo soprastante la grande depressione. Egli, col Peet, il
quale tuttavia aveva, anteriormente, creduto neolitiche le ca-
verne, vide i contatti del materiale della caverna con quello
della terramara di Taranto. Il quale giudizio conferma il Pi-
gorini. Il Mayer riconnetteva al Protosiculo solo la ceramica
incisa e stampata delle capanne. Il Gervasio riprendendo la
discussione coi resultati degli ultimi scavi, insisteva sulla netta
distinzione dei due strati. Dopo gli scavi del Mosso (La ae-
cropoli di Molfetta, in Mon. ant. dei Lincei) io ritengo che
una parte almeno del materiale dei capannicoli discenda al-
l'eneolitico, considerando la corrispondenza della loro ceramica
con quella di Matrensa-Stentinello, la presenza di strade la-
strificate, la capanna quadrata scoperta dal Mosso, la ceramica

la caverna di latrònico ecc.

Dalla caverna di Latronico
 
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