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Accademia Nazionale dei Lincei <Rom> [Hrsg.]
Monumenti antichi — 24.1916

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Rellini, Ugo: La caverna di Latrònico: e il culto delle acque salutari nell'età del bronzo
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https://doi.org/10.11588/diglit.11257#0281
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553

LA CAVERNA DI LATRONICO ECC.

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stesso concetto dell'abbandono periodico egli ritorna
in seguito alla scoperta di ossa umane fatta dal
Regalia tra quelle che lo stesso Patroni vi aveva
raccolte. Il Patroni esclude fermamente che tra « i
tenui e regolari strati » da lui aperti si fosse con-
tenuto un sepolcro, e suppone che coteste ossa fos-
sero introdotte là entro dalle fiere o dal cane « in
« qualche periodo di abbandono della grotta che
« anche altri motivi, egli dice, mi avevano indotto
« a supporre » (1). Ma poiché quelle ossa si riferi-
scono a tre o quattro individui almeno, mi sembra
più probabile che derivassero da qualche tomba aperta
in un recesso della grotta, forse in epoca più remota,
sconvolta da ignota causa, appunto in uno dei periodi
in cui l'uomo aveva abbandonata la caverna.

Comunque è certo che gli strati dello Zachito
chiaramente dimostravano che le stesse genti della
Pertosa vi facevano soste periodiche o almeno inter-
polate: non può pertanto chiedersi allo Zachito la
prova che le genti della Pertosa usassero porre la
loro stabile dimora nelle caverne.

Risalendo la Penisola, troviamo nella Provincia
di Ravenna la caverna di Re Tiberio, nel Monte del
Volpe, sul fiume Senio. Ci si presenta anch'essa in
un'imponente balza gessosa, con l'ingresso comodo e
regolare, alto sulle acque del fiume circa 90 metri.
Davanti alla sua bocca e da ciascun lato, una larga
sporgenza fu, ridotta a mo' di gradino per starvi se-
duti ; entrandovi, si scorgono subito nella parete di
destra due larghi incavi praticati per raccogliere
l'acqua di una sorgente, che scende dalla volta lam-
bendo la parete. A 55 m. dall' ingresso, in un'ampia
camera rotonda la cui volta si eleva a cupola, si ha
di nuovo una vena d'acqua che scende lungo la parete
e si perde in una spaccatura del suolo. Lo Scarabelli
avvertì che in origine l'acqua doveva direttamente
zampillare fuori del Monte da qualche pertugio, richia-
mando così l'attenzione dell'uomo primitivo anche
sulla caverna. Di cotesta acqua sgorgante per lungo
tempo fuori, sembra quasi mantenuto il tardo ricordo
nel nome stesso della caverna, poiché re significa nel
dialetto del luogo rio. Così un piccolo ruscello che
sgorga di sotto i gessi di Monte Mauro, sul fianco

nord-est è appunto perciò detto Re d' s' terra cioè
rio di sotto terra.

La caverna fu esplorata dal Tassinari, dallo Zauli,
dallo Scarabelli parecchi anni or sono; tuttavia le
osservazioni fatte specialmente dallo Scarabelli meri-
tano la nostra attenzione, poiché l'occhio esperto del
valoroso geologo bene seppe leggere quegli strati.
Egli fece uno scavo profondo m. 4,96 raggiungendo
il piano originario della caverna. Nella parte più
bassa in uno strato di terra e sabbia, a contatto col
gesso trovò ossa umane, senza materiale che ne per-
mettesse la determinazione cronologica. Erano sepol-
ture eneolitiche come quelle che sono apparse nella
caverna di Prasassi ? Notò egli che sopra cotesto strato,
per uno spessore di m. 1,44, si trovava la ceramica
terramaricola, con le caratteristiche anse lunate, cioè
lo strato d'età enea: più in alto, per lo spessore di
m. 0,35 e 1,16, gli strati del primo periodo del ferro
con la rozza ceramica lavorata al tornio; più super-
ficiale, lo strato romano attestato da una piccola sta-
tuetta di bronzo e da due assi.

Lo Scarabelli accertò l'esistenza di quattro strati
di sole ceneri e carboni intercalati nel deposito antro-
pozoico e notò, a prescindere dalle ossa umane dello
strato più basso, a contatto col gesso, la presenza di
qualche altro osso umano anche nello strato più alto
contenente fittili torniti rossi e neri e vasetti di vetro.
Dovevano esser queste le tracce di qualche sepoltura
più antica, violata e sconvolta.

Ma egli fu soprattutto colpito dall' ingente numero
dei minuscoli vasetti votivi di cui possono vedersi i
saggi nel Museo d'Imola, che erano stati raccolti in
gran copia anche dal Tassinari e dallo Zauli, e notò
che si trovavano riuniti in uno spazio molto ristretto.
In cotesto ammassamento di parecchie centinaia di
minuscoli vasetti, che parve inesplicabile allo Scara-
belli non può non riconoscersi una stipe votiva,
che conferma alla caverna il carattere di luogo sacro.

Le stesse coincidenze ambientali riscontriamo nella
famosissima caverna di Prasassi che da secoli riceve
i pellegrinaggi delle popolazioni marchigiane.

Sta essa in un orrido e magnifico quadro: la forra
aperta dal Sentine A cento m. sopra il fiume, appare

Patroni, La gr. preist. di Zachito, loc. cit., nota ag-
giunta in fine.

(') Scarabelli, Notizia ecc., citata, in fine.
 
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