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I

rispetto alla porta. Non si tratta qui di fossa sacri-
ficale, che invece fu notata in una delle tombe dei
giganti rinvenute in regione Bopitos, di Laerru, ma
di un semplice gradino, per facilitare l'ingresso alla
tomba (fig. 27).

La cella in origine era lunga m. 10,50 e la lar-
ghezza interna di 1 metro circa, ma l'ampiezza to-
tale è di m. 2,80 e l'altezza conservata della parete
m. 1,20. I lastroni della copertura andarono sconvolti
e gettati tutto all' ingiro, come andarono dispersi tutti
gli elementi del tumulo che doveva sotterrare tutta
la costruzione, eccettuata però la fronte curvilinea
che rimaneva aperta per le cerimonie funerarie e per
i successivi interramenti.

Struttura e dimensioni sono quelle solite di queste
grandi tombe di giganti nuragiche, ed assai proba-
bilmente gli ospiti di questo monumento megalitico
erano non gli abitatori delle modeste capanne, ma
quelli del grandioso nuraghe, che era come il castello
del borgo.

Ma la suppellettile fu purtroppo completamente
dispersa; pochi resti di ossa del cranio e dello sche-
letro, ma nessuna traccia nè d'armi, nè di utensili,
nè di ceramica: il saccheggio non poteva essere più
completo; come al solito, le dimensioni vistose delle
tombe e del materiale attrassero i consueti ricerca-
tori di tesori che esportarono e dispersero ogni cosa,
sicché non rimasero che gli elementi architettonici,
ed anche quelli incompleti, della sepoltura: la fatica
però di erigerla, con blocchi così grandi, sull'alto
del colle, rivela il rispetto per il capo della tribù,
che dopo averla guidata in quel tranquillo e sicuro
recesso di Serrucci, la guardava dall'alto del colle,
la custodiva e proteggeva nel suo sonno di pace. E
forse il solco che fu scavato nella roccia servì di se-
dile a chi veniva a compiere quelle cerimonie fune-
rarie pietose di cui è ricordo anche negli scrittori
classici che scrissero con rispetto di tali usanze dei
prisci abitatori della Sardegna.

Ho dovuto limitare a questo punto le indagini
che, ove si disponesse di grandi mezzi, si potrebbero
riprendere in più vasta scala; ma anche in questi
modesti limiti esse ci dànno la possibilità di cogliere
alcuni caratteri generali.

Sono state raccolte le semplici testimonianze della
vita di un villaggio di pastori e di agricoltori pro-

ecc. 684

tosardi, che per qualche parte protrasse la sua vita
sino all'età romana.

La pianta della capanna è rotonda, le aggiunte
e le ampliazioni hanno forme meno regolari, ma per
quanto è possibile si accostano alla rotonda. La ca-
panna è il germe fondamentale da cui si venne svi-
luppando il nuraghe; per un lato abbiamo l'evolu-
zione che condusse al nuraghe, con la sostituzione
della copertura in legno e frasche con quella ottenuta
mediante corsi di muratura megalitica sempre più
sporgenti verso l'interno; ma per l'altro persiste il
tipo della capanna nella sua forma iniziale, coperta
da frascame, persiste attraverso tutta l'età nuragica
e vive tuttora, impicciolito, nella montagna e nella
campagna sarda

La misera suppellettile pervenutaci è forse la
prova di saccheggi subiti, ma forse anche è testimonio
di semplicità di vita, con pochi bisogni e con poche
masserizie; molti oggetti devono essere stati in ma-
terie deperibili.

Anche oggi, nelle capanne dei pastori sardi, i vasi
dell'acqua e del latte, il ripostiglio del sale sono in
sughero; in corno ed in osso sono vari arnesi, cucchiai,
pettini, bicchieri, spesso finamente intagliati ; in legno,
in radici, in vimini i pochi sedili ed il giaciglio;
pochi gli arredi in metallo ed in terracotta, in modo
che l'incendio di una di quelle capanne lascerebbe
traccie ancora minori della dimora primitiva.

I due esempì delle capanne fì e I) ci dettero la
prova come al progredire dei bisogni della famiglia,
e forse all'evoluzione della civiltà, corrisponda un
ampliamento della casa ed uno sdoppiamento di essa.

Non meno interessante è la presenza nel villaggio
di un altro esempio, oltre a quelli conosciuti, di una
capanna più grande delle altre, ,che dall'elemento in
essa conservato del sedile circolare appare destinata
a luogo di riunione dei vecchi o dei capi di famiglia.
Da questo elemento monumentale verrebbe forse un
filo di luce sull'organismo sociale della vita proto-
sarda, nella quale, accanto ad un capo per cui si eri-
geva il nuraghe e che vi abitava, era l'assemblea dei
capi di famiglia, riunita e deliberante.

(*) Sulla questione dei rapporti tra le capanne ed il nu-
raghe vedasi la Nota al fine dello scritto a colonna 687.
 
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