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ARTICOLO V.
PALAZZI e GALLERIE
La voce Palatiumì presso i romani antichi servi-
va a significare uno de’sette colli di R.oma, quello ap-
punto che noi chiamiamo Palatino. Ecco in prova di
ciò la testimonianza di Festo. Palatium mons Romae
appellatus est, quod ibi pascens pecus baiare consue-
verilt alii quod ibi Hyperborei filia Palanto habitave-
rit, quae ex Hercule Latinum peperit. Alii eundem,
quod Pallas ibi sepultus sit, existimant appellavi (Se-
xti Pompei Pesti de Perb. signific. lib. XIP1). Per lo
che Tibullo, nel lib. I., eleg. IV. c. 16, cantò: Sed tane
pascebant Palatia vaccae. Colla medesima voce indi-
cavasi, secondo era ai tempi di Varrone, la quarta re-
gione di Roma, che poi fu la decima. (JParrone , lib.
Pili, de ling. lat. cap. IX. verso il ■fine').
Siccome poi Augusto per il primo edificò sul Pa-
latino una magnifica abitazione, e siccome gl’imperato-
ri successivi altre ancora ve n’eressero, così avvenne ,
che ne’bassi tempi le case ove dimoravano i principi
si dicessero Palazzi o Palagi: questa medesima appella-
zione quindi si andò estendendo di mano in mano ezian-
dio alle case de’ grandi, ed a tutti quegli edifizj son-
tuosi e splendidi eretti dai ricchi per abitarvi. In fatto
i signori romani ebbero i loro palazzi, a cui però dava-
no il nome consueto di case, i quali perla loro ampiez-
za somigliavano a delle piccole città; doinos cognoveris,
dice Sallustio, in urbium modum aedificatas. E d’esse
sono pei’ l’appunto quelle case che Seneca chiama, aedi-
fida privata, laxitatem urbium magnarum vincentia.
Tanta splendida magnificenza peraltro scomparve al
cadere del romano impero, e quegli edifizj lauto son-
ARTICOLO V.
PALAZZI e GALLERIE
La voce Palatiumì presso i romani antichi servi-
va a significare uno de’sette colli di R.oma, quello ap-
punto che noi chiamiamo Palatino. Ecco in prova di
ciò la testimonianza di Festo. Palatium mons Romae
appellatus est, quod ibi pascens pecus baiare consue-
verilt alii quod ibi Hyperborei filia Palanto habitave-
rit, quae ex Hercule Latinum peperit. Alii eundem,
quod Pallas ibi sepultus sit, existimant appellavi (Se-
xti Pompei Pesti de Perb. signific. lib. XIP1). Per lo
che Tibullo, nel lib. I., eleg. IV. c. 16, cantò: Sed tane
pascebant Palatia vaccae. Colla medesima voce indi-
cavasi, secondo era ai tempi di Varrone, la quarta re-
gione di Roma, che poi fu la decima. (JParrone , lib.
Pili, de ling. lat. cap. IX. verso il ■fine').
Siccome poi Augusto per il primo edificò sul Pa-
latino una magnifica abitazione, e siccome gl’imperato-
ri successivi altre ancora ve n’eressero, così avvenne ,
che ne’bassi tempi le case ove dimoravano i principi
si dicessero Palazzi o Palagi: questa medesima appella-
zione quindi si andò estendendo di mano in mano ezian-
dio alle case de’ grandi, ed a tutti quegli edifizj son-
tuosi e splendidi eretti dai ricchi per abitarvi. In fatto
i signori romani ebbero i loro palazzi, a cui però dava-
no il nome consueto di case, i quali perla loro ampiez-
za somigliavano a delle piccole città; doinos cognoveris,
dice Sallustio, in urbium modum aedificatas. E d’esse
sono pei’ l’appunto quelle case che Seneca chiama, aedi-
fida privata, laxitatem urbium magnarum vincentia.
Tanta splendida magnificenza peraltro scomparve al
cadere del romano impero, e quegli edifizj lauto son-