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DellaVolpaia, Eufrosino; Ashby, Thomas [Hrsg.]
Le piante maggiori di Roma dei sec. XVI e XVII: riprodotte in fototipia (Appendice 2): La campagna romana al tempo di Paolo III: mappa della campagna romana del 1547 di Eufrosino della Volpaia ; riprod. dall'unico esemplare esistente nella Biblioteca Vaticana — Roma, 1914

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https://doi.org/10.11588/diglit.25720#0050
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34

Introduzione

VIA APPIA (f. II, III).

P. S. Bastiano.

Vedi T. IX, 32. Il nome di Porta S. Sebastiano è rela-
tivamente recente, ed il nome Porta Appia fu di uso più
comune anche nel sec. xv.

s. Osteria.

Non esiste più un’ osteria a s. fra l’Almone e il « Do-
mine quo vadis » ma bensì a d.

Il Capgrave, scrivendo circa il 1450 (Te Solace of Pii-
gritnes, ed. Mills, Oxford, 1911, p. 162) menziona a temerne
to thè counfort of pilgrimes.

s. D(omi)ne quo uadis.

Al tempo del Capgrave vi era solamente una croce,
poco più di un tiro d’arco al di là della chiesa di
S. Maria de palma (che ora porta il nome di « Domine
quo vadis »).

Nel 1526 fu eretta la cappellina rotonda attuale per
cura del card. Reginaldo Pole (T. IX, 43, v. Lugari in
B. C. R. 1901 (N. S. VII), 14 sgg.).

Le parole del Capgrave confermano la sua tesi, che cioè
il tempietto, e non la chiesa, sia la memoria dedicata al-
l’apparizione di Nostro Signore. « Beyond this cherch
(Marie de palma) not ter lit.il mor than a boweschote stant
a crosse thei clepe it domine quo uadis. Ther met our lord
with petir whan he fled his martirdam ». Non dice poi
niente della pittura sulla porta della chiesa ricordata dal
Panciroli (Tesori nascosti, 547): e aggiunge che non poteva
sapere la ragione all’appellativo de palma.

Riguardo alla pietra ora in venerazione a S. Sebastiano
egli scrive ancora: «And there was a ston sumtyme in
that cherch kept undyr thè auter wher thè steppes of our
lordis bare feet are impressid but be cause thè place is
desolat saue whan pilgrimes be ther therfor is( this ston
bora to seynt sebastianes und ther it lith in thè sacri stie
men may se it whan thei wil ».

s. Valca.

Qui ci sarà stata una valca o gualcheria (cfr. T. X, 247)
mossa dalle acque dell’Almone. Il Sig. Francesco Tomas-
setti m’informa di averne visto una in questa valle stessa.
Le due torri che si vedono furono fra le cinque esistenti
in questa valle (T. IX, 43, L. S. S. I, 184, 200).

s. F. Egeria.

L’erronea appellazione risale al Rinascimento: vi si vede
ancora un ninfeo del sec. n (T. IX, 72; Laudani, Comen-
tari di Frontino in Mem. Lincei, ser. Ili, voi. IV, 227).
Sulla collina soprastante alla Valca si vedono i ruderi di
una villa. La casetta, poi, un po’ più in là sarà una rap-
presentazione della chiesa di S. Urbano.

s. Marmorata.

È la torre che prende il nome dalla Valle Marmorea.
Sta sulla sponda s. dell’Almone, al punto ove questo viene
attraversato dalla strada militare.

Nel 1430 Giovanni di Rogèri lasciò al nipote Cecco
Antonio la tenuta del Casale di Capo di Bove e della Mar-

1 L’iscrizione di Urbano Vili, ora affissa ad un muro nella Via
Appia Nuova incontro al Vicolo delle Cave, poco prima del 2° miglio
moderno: Urbanus Vili. Pont. Opt. Max. et ad commoda publica
vigilantissimus velerem hanc Tusculanam viam desertam atque

morea, e ove questi fosse morto senza figli, la metà doveva
andare alla Compagnia del Salvatore, e l’altra alla Compa-
gnia dell’Annunziata (ASS. Il, iii, 27, ap. A. R. I, 42, n. 1).

Nel Catasto dell’ospedale Lateranense del 1435, citato
dall’A. R. I, 37, n. 2, troviamo che Amoratto dei Musciani
ebbe in tutto od in parie la tenuta e il casale della Mar-
morea; i confini erano la tenuta del Casale di Capovaccha,
alcuni terreni di S. Sebastiano, la pedica chiamata lo Gi-
rolo presso la via pubblica, ed altri (v. L. S. S. 1, 185 per
un atto del 1402 riguardante il casale di Capovaccha, e
T. IX, 60, per un documenlo del 1421 riferentesi al Girolo
cioè il Circo di Massenzio, che nominano fra i confini il
Casale Marmorea dell’ospedale Lateranense).

Nel 1470 Maddalena Armirotti fece cessione della sua
parte all’abate di S. Sebastiano; il quale fece un affitto
nel 1515, 25 Aprile (T. IX, 42, n. 3) ed un altro nel 1534
(5 Marzo) ad Ambrogio del fu Filippo de Forestis (A. Cap.
T. Gualteroni f. 51, ap. J. F. 239).

Nel 1518 (24 Maggio), Paolo Pini affittò un orto in Valle
Marmorea (AST. prot. 900, T. Gualteroni llOap. L.S.S. cit.
e T. IX, 43, il quale non ha citato tutti questi documenti).

d. S. Bastiano.

La chiesa, con alto campanile, dimostra ancora la forma
antica prima del restauro fatto dal card. Scipione Borghese
al principio del 161X) (T. IX, 52).

s. * (Via Appia Pignatelli).

Secondo il testimonio di questa carta, per andare da
Roma ad Albano si passava in quest’epoca non per la Via
Appia Nuova attuale (il primo tratto della quale rappre-
senta un diverticolo anonimo, il secondo la Via Castri-
moeniensis antica e servì come abbiamo visto, per andare
a Marino fino all’anno 1717 almeno, - P. B. S. R. IV, 43, 81,
mentre il tratto fra il 4° miglio e la congiunzione coll’Appia
Pignatelli, è forse moderno); ma per questa via, che è di
origine probabilmente antica, e in ogni modo anteriore ad
Innocenzo XII (v. T. IX, 48). 1

d. * Hippodromo.

È il Circo di Massenzio, con l’obelisco rappresentato
come se fosse ancora dirizzato in alto; ma non fu così,
sibbene giacque scoperto (Dosio, Aedificiorum illustrium
quae supersunt reliquiae, t. 49, v. T. IX, 60).

s. * Sepolcri.

Dei sepolcri indicati non resta ora in piedi che quella
bellissima tomba laterizia al 5° miglio moderno della Via
Appia Nuova (Mèi. Ec. Frane. XXIII (1903), pag. 392,
nunr. 21).

s. * Torre à mezza uia di Albano.

11 casale esiste ancora, sebbene la torre sia stata molto
modificata.

Nel 1588 (6 Aprile) la tenuta fu venduta da Girolamo
Pichi (v. B.) a Tiberio Ceuli; fu di rubbia 96 7, (A. Cap.
P. Campana, f. 202, ap. N. C. 55; AST. voi. 452 foglio non
numerato DC.). Dai Ceuli passò agli Avila, vedi Cat. A.
VII, 47.

obsoletam cursus aperuit ad alteram plerumque caenosam et fati-
scentem vitandam anno Dom. MDCXXXV Pontificatile sui XII,
data la parola Tusculanam, può riferirsi soltanto al Vicolo delle
Cave.
 
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