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LIBRO VI. 253
drone il fate la fabbrica o di mattoni, o di pietre rustiche, o di qua-~j~®
drate. Il merito di ciascun opera si considerà per tre versi, per l’esat-
tezza del lavoro cioè,per la magnificenza, e per la disposizione. Quan-
do si vede un opera tirata con ogni possibile magnificenza, si loda la
spesa : quando con finezza , l’esattezza dell’ artefice : ma se il merito
1’ avrà per la bellezza, proporzione , e simmetria, la gloria sarà dell’Ar-
chitetto1. E quello riescirà , quando egli soffra ricevere pareri e dagli i
artefici , e dagli idioti : tutti gli uomini in fatti , non che i soli ar-
chitetti sono in istato di conoscere il buono : la differenza però fra gli
idioti, e gli architetti consiste, che l’idiota non può sapere quel che
sarà, se non lo vede fatto : ma l’architetto formata che ha nella men-
te l’idea, vede anche prima d’incominciare, l’effetto futuro della bel-
lezza, del comodo, e del decoro.
Quanto più chiaro ho potuto , ho date le regole necelsarie per
la costruzione degli edificj privati : nel seguente libro tratterò de’ pu-
limenti de’medesimi, acciocché sieno e belli , e di durata.
regole ha già egli dato al cap.z. lib.i. ma col- coloribus , & eorwn eleganti specie consequuntui".
la ricchezza de’ lavori , e preziosità de’ mate- & quam subtìlitas artisici! adjiciebat operibus an-
nali . Quod enim antiqui infumentes labovem & ssoritatem , nane dominicus sumtus essìcit , ne de-
indiiftriam , probare contendebant avtibus , id nane Jìderetur .

FINE DEL LIBRO SESTO.
 
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