Capo Vili. - Gli ultimi avvenimenti della vita di Pietro
raone rassomiglia al re Nabuccodonosor quando ordina ai tre
fanciulli ebrei di adorare la sua statua e che più comune-
mente è effigiato con barba. Ora è noto che tutti questi quattro
coronati passano per tipi di persecutori della Chiesa. Perciò
è probabile che lo scultore del sarcofago di Berja abbia
voluto dare anche a Nerone quel tipo che già allora carat-
terizzava Ì tiranni persecutori.
La conservazione del sarcofago lascia molto a deside-
mri. Le sculture sono tutte ottuse. Alcune figure si possono
a mala pena riconoscere, come Zaccheo sul sicomoro, il
piccolo somarello sotto l'asina, la mummia di Lazzaro e il
gallo nell'annunzio della negazione; a molte mancano braccia
o mani; al primo soldato e, a Nerone, una gamba. Ciò non
o, e tale da far
FJg. 99.
di meno si vede che lo stile è anco
ascrivere il sarcofago al iv secolo.
Ora si vede la ragionevolezza della domanda, se la cattura
dei principi degli apostoli fosse isolata o accompagnata
da altre scene dei medesimi sul sarcofago il cui frammento
abbiamo testò illustrato. La comparsa degli apostoli sulla
scultura spagnuola potrebbe figurare benissimo accanto alla
cattura effigiata su questo sarcofago, essendone la conti-
nuazione. Ad ogni modo essa è una prova che la ricostru-
zione della scena del frammento è giusta.
§ IV. - Pietro si avvia verso il luogo del martirio.
L'artista del sarcofago Iateranense 174 rappresentò per
primo, accanto alla consegna della lex, il momento in cui
Pietro si pone in cammino verso il luogo del suo supplizio.
Dì questa scena si conoscono oggi sei esempì, quattro ro-
mani e due gallici, tutti del secolo iv. Due di tali sculture
non ancora finite, ci sono pervenute in uno stato perfetto;
le altre, pur essendo riconoscibili con certezza, appaiono
più o meno danneggiate. Ad eccezione dell'esempio più
antico, la scena si compone di tre figure e si ripete sempre
nello stesso modo: l'apostolo è accompagnato da un mi-
lite e preceduto dal carnefice che porta la croce. Quest'ul-
timo fu introdotto nella composizione per un riguardo spe-
ciale al Vicario di Cristo la cui croce è pure portata da un
altro, da Simone di Cirene.
Della scena in cui è portata la croce di Cristo non esiste
finora che un solo esempio, il sarcofago Iateranense 171, pro-
veniente dal cim'tero di S. Domitilla (tav. CXXXXVI, 3).
Di una replica ho trovato due frammenti nel cimitero di
S. Damaso {tao. CXXXVII, 4). La scena offre grande dif-
ferenza: un spieiato accompagna Simone Cireneo, ma il Si-
gnore è omesso; essa non mostra quindi che i due personaggi
secondari. Cristo dev'essere supplito dallo spettatore. Non si
comprende pertanto, come il Le Blant abbia potuto ravvisarla
nelle due sculture galliche ', malgrado che l'una fosse stata
già dal Garrucci giustamente riferita a Pietro8, e che sull'al-
tra, quella di Nimes, fosse ancora visibile parte della barba
dell'apostolo e Ì capelli non mostrino né boccoli né la so-
lita lunghezza {Uno. XVI, 2; CXXXXV, t).
In tutti e sei Ì sarcofagi la scena fa riscontro alla compa-
rizione di Cristo davanti a Pilato, (ili artisti vollero in tal
guisa contrapporre la passione del divino Maestro a quella
del suo Vicario. Due volte apparisce anche la decollali') l'auli.
Sul sarcofago 174 (tav. CXXI, 4) manca, per la ristret-
tezza dello spazio, il milite. La scena si componeva di Pietro
e del carnefice stauroforo. Dico si componeva , perché la
scultura fu tutta sopralavorata da un restauratore ignorante:
questi scalpellò la croce e dette al carnefice l'abito sacro,
come lo dette altresì al milite accanto al Signore nel tribunale
dì Pilato, mentre nella consegna della lex cambiò i sandali
di Cristo in scarpe che coprono interamente i piedi! Ora é
chiaro che la croce non fu "Omessa dallo scultore antico",
come asserisce il Garrucci, il quale però ingegnosamente si
accorse che il satellite « nel pugno chiuso della sinistra do-
veva tenere lo strumento di morte »3. La croce si vede in-
fatti sul disegno, 0 piuttosto schizzo, che Filippo de Wìnghe
fece del sarcofago prima del « restauro ■> e che fu copiato da
Claude Menestrier (fig. 00)4. Il giovane carnefice ha la
destra alzata nel gesto del comando: « Andiamo! a diretto a
Pietro. Questi stringe un volume mezzo aperto, come se
avesse dovuto interromperne la lettura, il che rammenta le
scene dell'ultimo arresto avvenuto, mentre insegnava, se-
duto sulla roccia.
Sulle cinque altre sculture Pietro stringe con la sinistra
la lacinia del pallio portata in avanti, e con la destra abbas-
sata fa il gesto d'invito ad andare verso il luogo della cro-
cifissione. Il gesto è diretto al carnefice stauroforo e al
milite; quello indossa di solito la corta tunica cinta, ma
senza la clamide, per essere più spedito, questo, sul sarco-
fago della cripta di S. Massimino, é caratterizzato per cen-
turione dalla vt'tis che impugna (tav. CXXXXV, 1). Mercè
la somiglianza delle scene fra loro mi fu possibile, con tre
frammenti trovati a S. Sebastiano, ricostruire la fronte
intiera d'un sarcofago; la somiglianza del frammento prin-
cipale col sarcofago di Nimes si estende perfino alle pieghe
degli abiti (tav. XVI, 1 e 2). Come si potrebbe desiderare
prova più convincente per la fedeltà con la quale furono
copiati i modelli romani dagli artisti gallici?
. WVIIl.
2, p. 79.
!. lai. 10545. fol- '92-
raone rassomiglia al re Nabuccodonosor quando ordina ai tre
fanciulli ebrei di adorare la sua statua e che più comune-
mente è effigiato con barba. Ora è noto che tutti questi quattro
coronati passano per tipi di persecutori della Chiesa. Perciò
è probabile che lo scultore del sarcofago di Berja abbia
voluto dare anche a Nerone quel tipo che già allora carat-
terizzava Ì tiranni persecutori.
La conservazione del sarcofago lascia molto a deside-
mri. Le sculture sono tutte ottuse. Alcune figure si possono
a mala pena riconoscere, come Zaccheo sul sicomoro, il
piccolo somarello sotto l'asina, la mummia di Lazzaro e il
gallo nell'annunzio della negazione; a molte mancano braccia
o mani; al primo soldato e, a Nerone, una gamba. Ciò non
o, e tale da far
FJg. 99.
di meno si vede che lo stile è anco
ascrivere il sarcofago al iv secolo.
Ora si vede la ragionevolezza della domanda, se la cattura
dei principi degli apostoli fosse isolata o accompagnata
da altre scene dei medesimi sul sarcofago il cui frammento
abbiamo testò illustrato. La comparsa degli apostoli sulla
scultura spagnuola potrebbe figurare benissimo accanto alla
cattura effigiata su questo sarcofago, essendone la conti-
nuazione. Ad ogni modo essa è una prova che la ricostru-
zione della scena del frammento è giusta.
§ IV. - Pietro si avvia verso il luogo del martirio.
L'artista del sarcofago Iateranense 174 rappresentò per
primo, accanto alla consegna della lex, il momento in cui
Pietro si pone in cammino verso il luogo del suo supplizio.
Dì questa scena si conoscono oggi sei esempì, quattro ro-
mani e due gallici, tutti del secolo iv. Due di tali sculture
non ancora finite, ci sono pervenute in uno stato perfetto;
le altre, pur essendo riconoscibili con certezza, appaiono
più o meno danneggiate. Ad eccezione dell'esempio più
antico, la scena si compone di tre figure e si ripete sempre
nello stesso modo: l'apostolo è accompagnato da un mi-
lite e preceduto dal carnefice che porta la croce. Quest'ul-
timo fu introdotto nella composizione per un riguardo spe-
ciale al Vicario di Cristo la cui croce è pure portata da un
altro, da Simone di Cirene.
Della scena in cui è portata la croce di Cristo non esiste
finora che un solo esempio, il sarcofago Iateranense 171, pro-
veniente dal cim'tero di S. Domitilla (tav. CXXXXVI, 3).
Di una replica ho trovato due frammenti nel cimitero di
S. Damaso {tao. CXXXVII, 4). La scena offre grande dif-
ferenza: un spieiato accompagna Simone Cireneo, ma il Si-
gnore è omesso; essa non mostra quindi che i due personaggi
secondari. Cristo dev'essere supplito dallo spettatore. Non si
comprende pertanto, come il Le Blant abbia potuto ravvisarla
nelle due sculture galliche ', malgrado che l'una fosse stata
già dal Garrucci giustamente riferita a Pietro8, e che sull'al-
tra, quella di Nimes, fosse ancora visibile parte della barba
dell'apostolo e Ì capelli non mostrino né boccoli né la so-
lita lunghezza {Uno. XVI, 2; CXXXXV, t).
In tutti e sei Ì sarcofagi la scena fa riscontro alla compa-
rizione di Cristo davanti a Pilato, (ili artisti vollero in tal
guisa contrapporre la passione del divino Maestro a quella
del suo Vicario. Due volte apparisce anche la decollali') l'auli.
Sul sarcofago 174 (tav. CXXI, 4) manca, per la ristret-
tezza dello spazio, il milite. La scena si componeva di Pietro
e del carnefice stauroforo. Dico si componeva , perché la
scultura fu tutta sopralavorata da un restauratore ignorante:
questi scalpellò la croce e dette al carnefice l'abito sacro,
come lo dette altresì al milite accanto al Signore nel tribunale
dì Pilato, mentre nella consegna della lex cambiò i sandali
di Cristo in scarpe che coprono interamente i piedi! Ora é
chiaro che la croce non fu "Omessa dallo scultore antico",
come asserisce il Garrucci, il quale però ingegnosamente si
accorse che il satellite « nel pugno chiuso della sinistra do-
veva tenere lo strumento di morte »3. La croce si vede in-
fatti sul disegno, 0 piuttosto schizzo, che Filippo de Wìnghe
fece del sarcofago prima del « restauro ■> e che fu copiato da
Claude Menestrier (fig. 00)4. Il giovane carnefice ha la
destra alzata nel gesto del comando: « Andiamo! a diretto a
Pietro. Questi stringe un volume mezzo aperto, come se
avesse dovuto interromperne la lettura, il che rammenta le
scene dell'ultimo arresto avvenuto, mentre insegnava, se-
duto sulla roccia.
Sulle cinque altre sculture Pietro stringe con la sinistra
la lacinia del pallio portata in avanti, e con la destra abbas-
sata fa il gesto d'invito ad andare verso il luogo della cro-
cifissione. Il gesto è diretto al carnefice stauroforo e al
milite; quello indossa di solito la corta tunica cinta, ma
senza la clamide, per essere più spedito, questo, sul sarco-
fago della cripta di S. Massimino, é caratterizzato per cen-
turione dalla vt'tis che impugna (tav. CXXXXV, 1). Mercè
la somiglianza delle scene fra loro mi fu possibile, con tre
frammenti trovati a S. Sebastiano, ricostruire la fronte
intiera d'un sarcofago; la somiglianza del frammento prin-
cipale col sarcofago di Nimes si estende perfino alle pieghe
degli abiti (tav. XVI, 1 e 2). Come si potrebbe desiderare
prova più convincente per la fedeltà con la quale furono
copiati i modelli romani dagli artisti gallici?
. WVIIl.
2, p. 79.
!. lai. 10545. fol- '92-