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Wilpert, Joseph
I sarcofagi Cristiani Antichi (Band 2,1): Testo — Rom, 1932

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https://doi.org/10.11588/diglit.2081#0192
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Orioni,- r sviluppo dc/l'a/ilicii scultura sepolcrale cristiana ili Rama

ture e sulla lapide d'un puliandro, por ricordare un esempio

Nell'eia della pace si rappresentano ancora altri tipi dejla
Commendano, presi dal Vecchio Testamento: il passaggio del
Mar Rosso col l'an nini lamento del re Faraone e del suo
esercito, David che uccide il gigante Golia, Giobbe nella
miseria, e il medesimo tome dottore e profeta della risurre-

I,a scena della risurrezione per eccellenza è quella di
Lazzaro, riprodotta spesso anche nell'urte provinciale. Il
sarcofago 119 ne offre il primo esempio. Come la più antica,
la scena si distingue per il grande numero delle figure che la
compongono e che non si ripeteranno più. In tal guisa l'età
maggiore del sarcofago pure da questo lato viene corroborata.

Molto importante è altresì il pastore clic ivi stesso sor-
veglia il gregge chiusi, entro un ovile di forma monumentale,
allusione probabile alla Chiesa. ' La scena cosi composta è
rimasta unica; nelle minicvosc seiiltuic posteriori essa è sem-
plificata e, di solito, ridotta ad una o due pecore ai piedi del
pastore, il quale le sorveglia, appoggiti) al suo bastone. La
scena dell'ovile ci somministra pertanto un ulteriore indizio
. ■ ■ ..:■■..

Il pastore sorvegliante 11 gregge richiama il Buon Pastore
con la pecorella sulle spalle, e, questi, la defunta come orante,
quindi le due figure cristiane sepolcrali ««r ' c£o,pji>I che sono
le prime ad affacciarsi e le ultime a scomparire, e che alle
volte costituiscono l'unico soggetto della decorazione. Difatti
ambedue erano scolpite sulle due testate (distrutte) del nostro
sarcofago, come crediamo di aver provato.

Molto più di rado appaiono Ì defunti nelle scene (pre-
costantiniane) del banchetto, come illustrazione della pre-
ghiera per la loro ammissione al convito celeste', preghiera
che nella lapide di Teodulo (sec. tv) è espressa dalla formula
laconica: €.C ATMÌHN.

Secondo il canone dell'arte romana, il domina della resur-
recrro fornii, essendo uno d de cristiana,

è prefigurato nel Vecchio Testamento dal profeta Ezechiele
che rida la vita alle ossa arida. Anche nelle scene di Giona si
ha riguardo speciale al corpo del defunto, deposto nel sarco-
fago, per essere risuscitato, a suo tempo, da Dio. Per questa
ragione gli artisti, romani e provinciali, invece di rappresen-
tare tutte e tre o le due scene di Giona, non di rado, e fin
dal secolo III, si limitano alla siila immagine del profeta dor-
miente sotto la cucurbita, come espressione delle svariatis-
sime formule epigrafiche derivate dalle paiole dormire, dor-
mitio, *oipi;ir», ecc., per dirci che il defunto si sveglierà dal
sonno nel tem; Di questa scena il cimi-

tero di S. Ermete ci ha ridato, in ultima ora, un notevole
frammento, al più tardi del principio del secolo IV e da noi
integrato a tav. CCLX, 3.

Chi ha un tale concetto della morte, la prende con ras-
segnazione, sapendo che essa è la pena inflitta ad Adamo per
la trasgressione del divino precetto, e in lui a tutto il genere
umano. A questi dommi basilari della fede cristiana si riferi-

r,»).

a meno di premunirli c
degli gnostici, a
già al tempo di s

scono le scene della creazione dei progenitori, della loro
caduta nel paradiso e della consegna fatta loro dei sìmboli del
lavoro, scene che ritornano spesso anche nell'arte provinciale,
e in quella romana fin dal secolo HI. Non mancano neppure
scene che esprimono la fede nelle promesse di Dio, fatte nel
Vecchio Testamento: sono le due benedizioni, d'Isacco e di
Giacobbe. Inutile rilevare che la scelta di tali soggetti supera
l'intelligenza d'un semplice artista.

Cosi ogni passo che facciamo in codesta sinossi, reca nuove
conferme al nostro asserto, che cioè l'arte funeraria antica
di Roma, come ha cominciato, cosi continua a svilupparsi
sotto l'influsso di dottori ecclesiastici. Le rappresentazioni, ora
più ora meno ricche, sono, per cosi dire, preghiere scolpite
in pietra e dirette a Dio in favore dei defunti deposti nei
sarcofagi. Affinchè queste preghiere siano favorevolmente
accolte da Dio, viene composta la scena in cui Caino ed
Abele gli offrono i loro doni. S'intende che Abele prefigura
colui che rivolge si Dio la preghiera lapidea. Onde non è da
meravigliarsi di vederlo figurare una volta solo, senza il
fratello, la cui otlerta non fu accettata,

nella fede pura, non si potè far
0 l'insegnamento eretico, specie
feroci del Vecchio Testamento, che
Ireneo, ■ veiut a terra fungi manifestati
sunt » *. Si ottenne lo scopo in un modo assai geniale, ricor-
rendo al mito di Ulisse e delle Sirene. Ora si noti che, con-
trariamente a quanto si credette finqui, l'applicazione del mito
alla dottrina cristiana non vien fatta dal compratore d'un sar-
cofago pagano decorato della rappresentazione del mito,bensì
dagli artisti cristiani, i quali, sotto la guida di dottori ecclesia-
stici, introducono nella loro opera una Sirena insegnante,
Sirena dottoressa, quindi un elemento che, pur non avendo a
fare col canto, o piuttosto con la musica delle Sirene, si presta
mirabilmente ad esprimere l'insegnamento del dottore eretico,
che sotto il palli!' della ■■•■.'■ nza, mi etra gli artìgli dell'uccello
dì rapina. Gli artisti non hanno il menomo scrupolo di com-
mettere tale anomalia contro il mito, come nelle sene bibliche
introducono alle volte, con la massima facilità, particolari
imposti loro dal simbolismo, ma del tutto estranci al soggetto
che si doveva rappresentare. Il più antico monumento col
mito di Ulisse, per cosi dire, cristianizzato, è appunto del
tempo di colui che, come sembra, per primo lo spiegò nel
senso suddetto: il grande scienziato romano s. Ippolito.

Attesa la rapida diffusione dello gnosticismo, bisognava
aspettarsi che un giorno si scoprisse qualche sarcofago gno-
stico, cosa alla quale non si era finora neppure pensato.
Crediamo dì averne constatati quattro, su due dei quali
le scene eoi Buon Pastore sono mescolate con scene pretta-
mente pagane.

Come il mito d'Ulisse e delle Sirene, così anche quello
classico di Orfeo, quale figura di Cristo, è raramente ripro-
dotto nell'arte funeraria. Un anaiogon preso dal Vecchio
Testamento offrono ì tre fanciulli i quali, per giustificare
il rifiuto di adorare la statua di Nabucodònosor, indicano la

i-i (in!

ne).
 
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