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Winckelmann, Johann Joachim; Winckelmann, Johann Joachim [Editor]; Borbein, Adolf Heinrich [Editor]; Bruer, Stephanie-Gerrit [Editor]; Akademie der Wissenschaften und der Literatur Mainz [Editor]; Deutsches Archäologisches Institut [Editor]; Winckelmann-Gesellschaft [Editor]; Gross, Marianne [Oth.]
Schriften und Nachlaß (Bd. 2, T. 3): Briefe, Entwürfe und Rezensionen zu den herkulanischen Schriften — Mainz am Rhein: von Zabern, 2001

DOI Page / Citation link:
https://doi.org/10.11588/diglit.51431#0059
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Briefe zu den Herkulanischen Entdeckungen • Text

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altro ehe mura alzate. Le povere donne antiche di quel paese quanto le compatisco! II peggio
si era ehe le finestre erano fatte all’uso degli Studj de’Pittori e degli Scultori, i quali hanno bisogno
di pigliare il lume da alto. Finestre <cosi> messe cosi in alto difficultavano d’appagare la curio-
sitä subitanea l:ma ehe dico finestre; non v’era ehe una per stanza:l e bisognava arrampiccarsi
come il gatto per guardar fuori.
Le finestre erano tutte quadrate piuttosto ehe oblonghe e tali se ne vede nelle pitture antiche
anche in quelle ehe rappresentano Palazzi e Templi, ed alcune erano riparate di fuori con un
cancello parimente quadrato di bronzo macigno, de’quali se ne sono conservati due, mi pare, fra
i frantumi Ercolanensi. Tutto era ristretto all’uso piü ehe pensato al commodo e quel poco di lume,
ehe s’insinuava restava senza riflesso e ottuso in Stanze colorite con un color rossigno o fosco. Non
pare perb probabile ehe le Gase in gran Gitta sieno state fabbricate su quello Stile senza finestre
ehe davano in istrada. Molti passi de’Poeti c’insegnano il contrario come quello: Me flenti do-
minae patefiunt nocte fenestrae. Se tutte le finestre in Roma anticamente fossero state un cosi
bei quadro e messe in altezza uguale, quella bella ragazza affacciandosi alla finestra non si pre-
cipitava giü da alto
Qualis ab excelsa praeceps delapsa fenestra
Venit ad infernos sanguinolenta lacus
Propert. L. II. Eleg 4.
Quell’antico Architetto Romano ehe si esibi di fare la casa ä un Nobile Romano in maniera ehe
nessuno potesse guardar dentro dal di fuori, forse la volle fare ä quel bei metodo Contadineso,
Municipale e Aleppesco.
Se poi gli Antichi avessero vetri nelle finestre non si puo provare da nessun Autore. Tutti
Antiquar) vanno d’accordo nella negativa. Ma ä Portici ho veduti fra frantumi di roba vecchia
gran frammenti di vetro fatto ä tavola ehe pujono essere state vetriate. Che l’Arte Vetriaria fosse
commune fra’Romani e il vetro di vilissimo prezzo vanno comprovando una infmita di fiaschi
di vetro per d’verso uso. I fiaschi d’olio son fatti ä foggia di quelli in cui si manda fuori l’olio di
Provinza. Mi fu detto da un celebre Letterato ä Roma ehe si fosse lui in contrato in un passo
di Filone Ebreo, ehe asserisse chiaramente l’uso delle vetriate appresso gli Antichi: ma non sa-
pendo accemarmi il libro preciso fra tanti Trattati di questo Scrittore, mi pareva raggionare da
sentir dire. Voltandosi poi il discorso sopra questa materia col Ministro della Corte di Vienna
ä Napoli il Conte di Firmian, questo Cavaliere profondamente versato in ogni genere d’erudi-
zione, e dotato di gran discernimento e d’alto intelletto senza la minima lega d’affettazione, mi
andava additando il Libro de Legatione ad Cajum Caesarem s. de Virtutibus dell’istesso Filone.
Io rimasi su questa notizia non trovata mai allegata, e poco mancava ehe la parola di questo
gran Letterato non mi servisse in questa relazione a fondarmici sopra. Intanto mi son preso la
briga di leggere questo Trattato, ma vi ho trovato netto e tondo il contrario, v. Phil. Opp. T. II.
p. 599 lin. 16. edit. Mangey. parlando della stanza dove furono presentati gli Ambasciatori
Ebrei d’Alessandria all’Imp. Cajo. JtQOOcxTTEg Tag ev xfixXo) ÖUQiöag dvaXr|(|)6flvai xoig uaXcp
 
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