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Archivio storico dell'arte — 2.Ser. 2.1896

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Fasc. V
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Miscellanea
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https://doi.org/10.11588/diglit.19208#0512

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476

Angiovini nel 1318 e 1325, fu devastata, enei 1329,
da Federigo II d'Aragona, ceduta all'ordine teuto-
nico. Con questo cambiamento di possessore mutò
anche destinazione: d'ora in poi, essendo stata tra-
mutata all'uopo, servì di baluardo contro le ripe-
tute incursioni dei nemici e decadde poco a poco
sempre più, finche le sue rovine furono utilizzate
nel secolo presente da una nuova generazione pei
suoi bisogni.

L'ultimo contributo del presente volume, dovuto
al prof. Ricc. Foerster, tratta della Favola di Amore
e Psiche nella letteratura ed arte anteriori a lìaf-
faello. Finora si credeva che prima di questi e del
Firenzuola (traduttore delle Metamorfosi di Apulejo)
essa fosse stata poco o punto conosciuta. Indagini
recenti, invece, hanno stabilito che — in quanto
riguarda la sua utilizzazione letteraria — molti
erano, fra cui Tertulliano, Marciano Cappella e il
vescovo Zeno di Verona, che la conoscevano già
nei primi secoli cristiani, e che nella letteratura
inglese e francese del medioevo se ne trovano pa-
recchie redazioni. In Italia, il Boccaccio aveva in-
corporato nella sua Genealogia Deorum una tradu-
zione quasi letterale della favola di Apulejo, e
Matteo Bojardo poi tradusse le Metamorfosi per
intiero. E così, anche prima di Raffaello, il Gior-
gione, in un ciclo di dodici tavole, aveva raffigu-
rato la favola in discorso. Esse sono perite, e non
si conoscono se non dalla descrizione del Ridolfi.
Dalla quale si vede che il pittore si era molto più
strettamente attenuto al testo di Apulejo — giac-
che, come il nostro autore rende probabile, fu que-
sta, e non la traduzione del Bojardo, che gli servì
di guida per le sue composizioni — che non fecero
dopo lui Raffaello e Giulio Romano, legati a ri-
guardi per lo spazio in cui dipingevano i loro af-
freschi. Nulla indica l'aver Raffaello avuto cogni-
zione del ciclo di Giorgione. Ma già, prima di
questi, a Firenze si era fatto l'esperimento di una
rappresentazione pittorica della favola, e cioè in
due tavole di cassoni, che apparvero per primo in
pubblico all'esposizione della New Gallery di Lon-
dra nel 1894, e furono dai conoscitori aggiudicati a
due maestri anonimi, di cui l'uno si tradisce in-
fluenzato dal Rosselli e Botticelli, l'altro invece da
Filippino Lippi. Le due tavole, in quanto al conte-
nuto, sono identiche, meno una sola scena delle
quindici in cui il soggetto fu dipartito dai suoi au-
tori. Dalla descrizione, corredata della fototipia di
una delle due tavole, che ne dà il Foerster, si ri-
conosce come fonte esclusiva e unica di ambedue

le raffigurazioni la redazione data dal Boccaccio al
testo di Apulejo. Tutte le altre illustrazioni figu-
rative della nostra favola sono posteriori a Raf-
faello. Attenendosi ai limiti prefissi pel presente
suo studio, il nostro autore non entra a trattarne
in particolare. Si contenta per ora di enumerarle
soltanto, e sono i trentadue disegni di Michele di
Coxcyen, intagliati in rame dal maestro del dado e
da Agost. Veneziano (furono essi nel 1545 utiliz-
zati, con cambiamenti e aumenti, nei quaranta-
cinque disegni che il Rosso fornì a Bernardo Pa-
lissy per vetri colorati); le rispettive incisioni in
legno, undici in numero, che trattano soggetti della
nostra favola, nell' edizione veneziana dell ''Asino
d'oro di Matteo Bojardo, stampata nel 152G dal
Zoppino; i diciassette intagli in legno del Schei-
felin per l'edizione tedesca di Apulejo, pubblicata
nel 1538 da Giov. Sieder a Augsburgo, e final-
mente le cinque incisioni in legno nella traduzione
francese del Louveau, stampata nel 1579 a Lione.

*

* *

Suppliamo ad una nostra omissione, accennando
a parecchi studi sull'arte italiana, che furono pub-
blicati nelle ultime quattro annate della Zeitschrift
fur christliche Kunst (Rivista d'arte cristiana), che,
sotto la redazione del canonico Aless Schnutgen
di Colonia, si stampa a Dusseldorf, ed è ormai
giunta all'ottavo suo volume. Nell'annata 1892
(voi. 5) il prof. C. Justi, in un articolo intitolato :
Die hit. Maria Magdalena und Agnes von Ribera
und Giordano, rivela in un quadro di possesso pri-
vato a Bonn una riproduzione con parecchie alte-
razioni della celebre « Estasi della Santa Madda-
lena » del Ribera nell'Accademia di San Fernando
a Madrid, e ne riconosce come autore Luca Gior-
dano « fa presto ». Viene poi a discorrere, in ge-
nerale, dell' influenza che il Ribera esercitò su
Giordano, e in fine rettifica un errore di denomi-
nazione incorso nella rinomata tavola del Ribera
nel Museo di Dresda. Mentre la Santa effigiatavi
si riteneva essere Santa Maria Egiziaca, il Justi
dimostra ch'essa rappresenti Sant'Agnese, e segna-
tamente quella scena della sua leggenda, quando,
condannata a essere tutta nuda rinchiusa in un
lupanare, la Santa da angeli viene vestita di una
stola candidissima. Il P. Stefano Beissel, in un
articolo dal titolo: Die Erzthiire und die Fa gode
von S. Zeno zie Verona (La porta di bronzo e la
facciata di San Zeno a Verona), dà un'apprezza-
zione dal punto di vista iconografico ed estetico dei
 
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