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nocchiate, dalle mani legate dietro la schiena, che portano un'intravatura
(atlanti), è diviso in tanti riquadri (metope), ne'quali si vede alternativa-
mente una testa di Medusa ed un rosone. Questo ha riquadri più larghi,
divisi l'uno dall'altro da pilastrini scannellati (triglifi), e riempiti di vari
pezzi di armatura (si riconoscono, da s. : uno scudo, un elmo dalla punta
ripiegata insieme con uno scudo bislungo, due gambali incrociati).

$b. Museo di Volterra 508; 1. 0,36; tufo. Replica del lato d. de'nn.
precedenti, limitata cioè alla sola quadriga di Anliarao (rivolta verso
sin.), mentre è tralasciata quella del persecutore. Volendo esprimere che
i cavalli entrano nella voragine, l'artefice non seppe far meglio che rap-
presentarli inginocchiati. Anche il concetto del giovane clamidato che li
conduce a basso è mal riuscito; egli procede verso sin. rivolgendo la testa
a'cavalli; nella d. regge una spada sguainata con la punta in su. Amfìarao
sta solo nel carro, in tutto conforme al n. 2, però imberbe. Al suo fianco
(a d.) si vede un uomo imberbe, vestito della tunica etrusca, delle ma-
niche staccate e della clamide, che ripiegando il corpo e guardando verso
s. con la d. alzata tocca lo scudo di Anfiarao e nella sin. abbassata regge
una spada nel fodero. Il concetto di questa figura ricorda molto quello
del Datone nel rilievo chiusino tav. XXIV, 8, e benché essa stia chiara-
mente fuori del carro, né all'auriga convenga la spada, pure il suo signi-
ficato originario è senza dubbio lo stesso; ma l'incapace artefice del nostro
rilievo ha mal compreso il suo modello. All'angolo d. del rilievo si vede
uno de'soliti cippi sepolcrali, cioè un pilastro sormontato da una specie
di pigna. A sin. di Anfiarao ricorre la Furia de'nn. precedenti con la face
accesa, essa però ha la faccia rivolta verso Anfiarao. Appresso alla Furia
finalmente ed in parte coperta dal giovane che guida i cavalli evvi una
figura nuova. Un uomo imberbe cioè, in piedi, vestito di lunga tunica
cinta all'etrusca, che lascia scoperto l'omero d., il quale guarda verso d.
e nelle mani abbassate regge certi tondi attortigliati. Una figura simile
con lo stesso attributo ricorre ne' rilievi riferibili al mito di Pelope ed
Enomao (vd. tav. XLT, 3; XLIII, 6; L, h; LI. LII) : senza dubbio egli è
uno de'demoni infernali de'quali abbondava la mitologia etrusca.

Mancano affatto nelle urne etrusche rappresentanze spettanti alla
stessa guerra degli Epigoni. Il matricidio di Alcmeone, che noi crediamo
 
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