X
VITA
quanto che passava una Fretta amicitia fra di loro, e che Lionar-
do per le sue belle maniere, e costumi, gli parse degno delle sue
cure. Egli nella scuola d’Andrea, che non solo s’applicava alla
pittura, ma ancora fu scultore, architetto, intagliatore, & orefice,
imparò non solo 1’ arte del dipingere, ma di più tutte quelle altre
dove il disegno interveniva. E fu tale il progresso eh’ egli vi fece,
eh* in poco tempo si lasciò addietro il proprio maestro. Del qua-
le si legge che dipingendo in una tavola, per i frati di Valumbro-
sa, che sono in St Salvi fuor di Fiorenza, Y historia di S. Giovan-
ni quando battezza Christo, volse che Lionardo 1’ aiutasìe, e gli
diede a colorire un angelo, che nelle mani teneva alcune vedi.
Eseguì egli con tanta maestria quanto da Andrea gli fu commesso,
che di gran lunga trapassò il restante dell’ opera, e giudicò chiara-
mente ogn’ uno che le altre parti del quadro erano molto in bel-
lezza aT angelo inferiori. Arrolsì il Verrocchip, e vedendosi supe-
rato da un giovanetto suo allievo, sdegnato contra i suoi pennel-
li , mai più volse adoprar colori, e dille per sempre addio alla
pittura <
Uicito dalla scuola Lionardo * & elsendo già in età da poter
governare se stesso, fece in Fiorenza quelle opere che dal Vasàri
vengono accennate, cioè per il rè di Portogallo il cartone di Ada-
mo e d’ Èva -quando peccarono nel paradiso terrestre, nel quale,
oltre le due figure, vi dipinse di chiaro oseuro con incredibile pa-
tienza e diligenza gli alberi e le herbettc de’prati. Fece ancora ad
istanza di Piero suo padre * per un suo contadino da Viaci, sopra
una rotella di fico, una tal compositione dì diversi e Frani anima-
lucci, come serpi, lacertole, ramarri, grilli e locuste, che di tut-
ti insieme sene formava uno, tanto spaventevole &: hornbile, eh’ a
guisà della testa di Medula rendeva immobile da stupore chiunque
lo riguardava. Ma giudicando il padre che quefìa non era opera
da mettere in mani di villano, vendutala a certi mercadanti fu
poi comprata per 300. ducati dal duca di Milano. Fece in un qua-
dro una Madonna rarissima, e fra le altre cose vi contrafece una
caraffa piena d’acqua con alcuni fiori dentro, sopra la quale con
admirabile artificio haveva imitato la rugiada dell’ acqua: il qual
quadro hebbe poi Papa Clemente settimo. Fà ancora mentione il
\ alari d* un disegno fatto sopra un foglio per Antonio Segni suo a-
micissimo, nel quale con rara inventione, e con la su a ordinaria
accuratezza figurò un Netunno in mezzo al mare turbato, col suo
carro tirato da cavalli marini, accompagnato di orche, tritoni, &:
altre cose fantastiche che gli parsero a proposito per un tal soggetto.
In quefìo luogo osservaremo che benché il Vinci sapesse a tal
segno in che cosa consistesse quella divina proportione eh’ è madre
della
VITA
quanto che passava una Fretta amicitia fra di loro, e che Lionar-
do per le sue belle maniere, e costumi, gli parse degno delle sue
cure. Egli nella scuola d’Andrea, che non solo s’applicava alla
pittura, ma ancora fu scultore, architetto, intagliatore, & orefice,
imparò non solo 1’ arte del dipingere, ma di più tutte quelle altre
dove il disegno interveniva. E fu tale il progresso eh’ egli vi fece,
eh* in poco tempo si lasciò addietro il proprio maestro. Del qua-
le si legge che dipingendo in una tavola, per i frati di Valumbro-
sa, che sono in St Salvi fuor di Fiorenza, Y historia di S. Giovan-
ni quando battezza Christo, volse che Lionardo 1’ aiutasìe, e gli
diede a colorire un angelo, che nelle mani teneva alcune vedi.
Eseguì egli con tanta maestria quanto da Andrea gli fu commesso,
che di gran lunga trapassò il restante dell’ opera, e giudicò chiara-
mente ogn’ uno che le altre parti del quadro erano molto in bel-
lezza aT angelo inferiori. Arrolsì il Verrocchip, e vedendosi supe-
rato da un giovanetto suo allievo, sdegnato contra i suoi pennel-
li , mai più volse adoprar colori, e dille per sempre addio alla
pittura <
Uicito dalla scuola Lionardo * & elsendo già in età da poter
governare se stesso, fece in Fiorenza quelle opere che dal Vasàri
vengono accennate, cioè per il rè di Portogallo il cartone di Ada-
mo e d’ Èva -quando peccarono nel paradiso terrestre, nel quale,
oltre le due figure, vi dipinse di chiaro oseuro con incredibile pa-
tienza e diligenza gli alberi e le herbettc de’prati. Fece ancora ad
istanza di Piero suo padre * per un suo contadino da Viaci, sopra
una rotella di fico, una tal compositione dì diversi e Frani anima-
lucci, come serpi, lacertole, ramarri, grilli e locuste, che di tut-
ti insieme sene formava uno, tanto spaventevole &: hornbile, eh’ a
guisà della testa di Medula rendeva immobile da stupore chiunque
lo riguardava. Ma giudicando il padre che quefìa non era opera
da mettere in mani di villano, vendutala a certi mercadanti fu
poi comprata per 300. ducati dal duca di Milano. Fece in un qua-
dro una Madonna rarissima, e fra le altre cose vi contrafece una
caraffa piena d’acqua con alcuni fiori dentro, sopra la quale con
admirabile artificio haveva imitato la rugiada dell’ acqua: il qual
quadro hebbe poi Papa Clemente settimo. Fà ancora mentione il
\ alari d* un disegno fatto sopra un foglio per Antonio Segni suo a-
micissimo, nel quale con rara inventione, e con la su a ordinaria
accuratezza figurò un Netunno in mezzo al mare turbato, col suo
carro tirato da cavalli marini, accompagnato di orche, tritoni, &:
altre cose fantastiche che gli parsero a proposito per un tal soggetto.
In quefìo luogo osservaremo che benché il Vinci sapesse a tal
segno in che cosa consistesse quella divina proportione eh’ è madre
della