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VASI ARCAICI DELLE PUGLIE

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è decorato con un gusto totalmente simile a quello
del grosso askos /.

Con le grandi pance sferoidali, con la plura-
lità delle bocche, con le forme complicate e gemine
molti vasi appuli arcaici ricordano la ceramica ci-
priota. La coppa ad alto piede (£) ricorda, salvo la
disposizione dei manichi, quelle di Ialysos (ha però
maggior affinità con le beotiche-geometricho). L'Orsi
ha già espresso l'avviso che l'askos, forma ignota
agi' « Italici » ed ai Siculi, sia una derivazione della
« Biigelkanne » (false necked amphora) micenea (*);
idea che non solo fo mia, ma credo poter confermare

Fig. 34.

segnalando come tipo di passaggio gli askoi messapici
a due colli, che non sono ancora il vero askos greco.
Ma la derivazione più caratteristica da una forma tutta
egea è quella dell'orcio appulo, che invano si tenterebbe
di riconoscere o di derivare da altra qualsiasi cera-
mica di qualsiasi regione d'Italia. Esso non è infatti
che la continuazione di un orcio egeo {Myk. Vasen
f. 32, tav. I, 6, 6a (Ialysos); Vili, 45 (id.); IX, 52
(id.); XVIII, 129 (Attica, Aliki); XX, 147 (Tebe);
XXI, 152,153 senza indicazione di provenienza), che
presenta due varietà a forma di pyxis, una bassa (Myk.
Vasen f. 33, 26 g, 36 d, 44 g, tav. IX, 55, Ialysos) e
l'altra alta {Myk. Vasen f. 34, 26 f, 36 a, 65 d e,
tav. XI, 67 (Ialysos); XVI, 107 (Atene); cfr. p. 35).
Riproduciamo qui due di tali orci del tipo globare,
l'uno più schiacciato, l'altro meno (fìg. 34 e 35).
L'orcio appulo presenta alcune modificazioni perfet-
tamente spiegabili e non prive di analogie. Mentre
l'orcio egeo e le sue varietà hanno più spesso tre,
talvolta due e tal altra un solo manico, l'orcio ap-
pulo ha costantemente due manichi e due prese in

(') Bull, di Paletnologia italiana, 1894, p. 60, nota 25.

corrispondenza rispettiva, con una tendenza alla sim-
metria che parrà naturale in un'arte non più fre-
sca, e che evidentemente non fa che ripetersi per
inveterata consuetudine. Di più l'orcio appulo esagera
grandemente il più proporzionato labbro dell'orcio
egeo genuino; ma tale esagerazione espansiva, anche
limitata alla parte che tectonicamente costituisce il

Fig. 35.

labbro del vaso, non riesco nuova a chi conosce lar-
gamente e profondamente il materiale archeologico
dell'Italia meridionale. Nel salone della raccolta Spi-
nelli (Suessula), a cagion d'esempio, è facile notare
alcune brocche od oinochoai di tipo affatto locale, ri-
vestito d'ingubbiatura bianca, sul cui collo scannellato
s'innesta un grosso e goffo labbro trilobato, così grosso
che dà l'idea di un cappello da prete posato sopra
una colonnina. Nè meno importante, anche per l'ele-
mento locale, è il confronto tra il labbro della bella
anfora attica del V secolo e quello dell'anfora greco-
appula ne che deriva, come risulta dal paragone delle
fig. 2129 e 2159 del Baumeister, nell'articolo Va-
senkunde (von Eohden).

Il prof. Barnabei ebbe la cortesia di mostrarmi,
fra i suoi appunti, degli schizzi di vasi dell' Italia
meridionale. Uno di questi, visto da lui in Acerenza
(Basilicata), aveva la forma dell'orcio egeoide appulo,
ma con labbro assai mono espanso, e si avvicinava
quindi al massimo grado alla pura forma egea. Di
più esso aveva, come gli egei, tre soli manichi, co-
stituendo così proprio un tipo di passaggio. Dal suo
schizzo, il prof. Barnabei mi permise gentilmente di
 
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