RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
75
mezzo dei Quipu! E la Lettera apologetica conclude ap-
punto col dire come sarebbe bene introdurre nell’uso co-
mune i Quipu, secondo i facili alfabeti dall’autore com-
posti.
Ma un lavoro così geniale e così gustato da chi ne capì
lo spirito suscitò vive le ire di chi, non capendolo, volle
in esso vedere chi sa quali tenebrosi intendimenti. Dopo
alcune osservazioni amichevoli che l’autore ebbe dal car-
dinale Spinelli I1), ed un violento attacco inedito di un
prete calabrese, uscì alle stampe nel luglio del 1751 una
« Lettera dell’accademico tra gli incogniti il Ponderante, al
signor** * contenente alcune riflessioni sulla Lettera apologetica
dell’Accademico Esercitato ». L’ignoto autore, fissatosi sulla
parola gergo, ricorsa una sola volta nell’opera del principe
di Sansevero (2 3), volea dimostrarla tutta scritta in un gergo
maligno, la dichiarava opera contraria alla Santa Chiesa,
e unendo dei pezzi staccati a modo suo faceva spesso dire
all’autore della Lettera Apologetica il contrario di quello
che aveva voluto. Raimondo di Sangro, per mettere le
cose in chiaro, stava già preparando la sua risposta, quando
nell’ottobre seguente fu pubblicata con nuove accuse, ol-
tre quelle del Ponderante, una « Lettera di Monsignor ***
da Roma a Monsignor *** da Napoli ». In breve furon
tante le arti degli avversari che la Lettera Apologetica fu
messa all’indice: nè questa misura soddisfece ancora certo
Innocenzo Molinari, prete di Salerno, il quale nel 1752
tornò alla carica con uno scritto anonimo, intitolato « Pa-
rere intorno alla vera Idea contenuta nella Lettera Apologetica
del signor Accademico Esercitato per rispetto alla supposizione
dei Quipu, etc. dall’Abate*** inviato ad un suo amico in Na-
poli ». In questo libro, scritto col più grande malanimo,
si giudicava « per una continuata cabala e per una sen-
tina di tutte l’eresie ed empietà del mondo » l’opera del
Principe di Sansevero. Fu così grande al nuovo attacco
lo sdegno di questi, che se ne lamentò vivamente col Re,
ottenendo da lui che si rivedesse attentamente il « Pa-
rere ». Lo scritto del Molinari fu allora giustamente di-
chiarato libello calunnioso contro la ragguardevolissima
persona del cavaliere Raimondo di Sangro: ne furono rac-
colte quante copie fu possibile per bruciarle, ordinandosi
dalla R. Camera di S. Chiara di non conceder più al Mo-
linari alcun regio exequatur (3). Così Carlo III fece giusti-
fi) G. G. Origlia, Op. cit., Il, 369.
(2) Raim. di Sangro sulla fine della sua Lettera apologetica, acco-
miatandosi dalla Duchessa di S***, aveva detto : « io ho terminata la
mia lettera. scritta, come sapete, con tanta fretta che o niuno affatto
o pochissime cose buone han potuto caderci. Se non che mi fa lieto
solamente il pensare, che non potrete ad altri comunicarla; giacché
la maggior parte delle cose ci si trova in tal gergo conceputa, che ap-
pena può essere a Voi intelligibile, cui i miei sentimenti sono stati
sempre aperti ». Cfr. Lett. Apoi., pag. 318.
(3) G. G. Origlia, Op. cit., Il, 371.
zia: e il Principe di Sansevero per conto suo scrisse e
dette alle stampe sulla fine del 1753 una lettera intitolata:
« Supplica | di | Raimondo di Sangro | Principe di Sansevero
| umiliata | alla santità di | Benedetto XIV | pontefice ottimo
massimo | in difesa e rischiaramento | della sua lettera apo-
logetica sul proposito | de’ Quipu de’ Peruani. | In Napoli
MDCCLIII — per Salzano e Castaldo — con licenza de’
superiori. »
Questo scritto moderatissimo, nel quale l’autore si
giustificava non contro i suoi calunniatori, ma verso la
Congregazione dell’indice e il capo della Chiesa, è un vo-
lume in quarto grande di pag. 224 in cui Raimondo di
Sangro, dopo aver fatta la storia della sua Lettera apolo-
getica e dichiarata la sua natura satirica, per esserne « il
subbietto. uno appunto di que’ capi di robe antiche, i
quali sì di leggieri vagliono di motivo a’ nostri letterati
antiquari per isfoderare tante belle loro dissertazioni » I1),
esaminando punto per punto la sua Lettera, confutava una
ad una le accuse fattegli, per concludere che tanto il testo
della sua opera, quanto le note inseritevi non erano state
scritte « con altro intendimento, se non con quello che
serbar doveva un vero ortodosso figliolo di nostra Santa
Cattolica Romana Chiesa » (2).
Il papa lesse la supplica: e sia che fosse convinto di
quella difesa, sia che fosse stato benevolmente disposto dai
nuovi tratti di spirito del Principe di Sansevero, il fatto
sta che la lettera fu tolta dall’indice: caso raro, e che ci
dimostra anche quanta dovesse essere la considerazione
speciale che si aveva non solo in Napoli, ma anche fuori,
per l’illustre personaggio.
continua
Fabio Colonna di Stigliano.
LE SCULTURE
DI MICHELANGELO NACCHERINO
IN NAPOLI
Fra i molti artisti che hanno lavorato in Napoli, è
utile ricordare in queste pagine lo scultore fiorentino Mi-
chelangelo Naccherino, il quale per mezzo secolo circa
esercitò l’arte sua tra le nostre mura.
Questo scultore verso la fine del XVI ed il principio
del XVII secolo portò a termine in Napoli lavori impor-
tantissimi, tanto che si può considerarlo uno tra i migliori
(1) Supplica di Raimondo di Sangro a Benedetto XIV, p. 53.
(2) Supplica di Raimondo di Sangro a Benedetto XIV, p. 222.
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mezzo dei Quipu! E la Lettera apologetica conclude ap-
punto col dire come sarebbe bene introdurre nell’uso co-
mune i Quipu, secondo i facili alfabeti dall’autore com-
posti.
Ma un lavoro così geniale e così gustato da chi ne capì
lo spirito suscitò vive le ire di chi, non capendolo, volle
in esso vedere chi sa quali tenebrosi intendimenti. Dopo
alcune osservazioni amichevoli che l’autore ebbe dal car-
dinale Spinelli I1), ed un violento attacco inedito di un
prete calabrese, uscì alle stampe nel luglio del 1751 una
« Lettera dell’accademico tra gli incogniti il Ponderante, al
signor** * contenente alcune riflessioni sulla Lettera apologetica
dell’Accademico Esercitato ». L’ignoto autore, fissatosi sulla
parola gergo, ricorsa una sola volta nell’opera del principe
di Sansevero (2 3), volea dimostrarla tutta scritta in un gergo
maligno, la dichiarava opera contraria alla Santa Chiesa,
e unendo dei pezzi staccati a modo suo faceva spesso dire
all’autore della Lettera Apologetica il contrario di quello
che aveva voluto. Raimondo di Sangro, per mettere le
cose in chiaro, stava già preparando la sua risposta, quando
nell’ottobre seguente fu pubblicata con nuove accuse, ol-
tre quelle del Ponderante, una « Lettera di Monsignor ***
da Roma a Monsignor *** da Napoli ». In breve furon
tante le arti degli avversari che la Lettera Apologetica fu
messa all’indice: nè questa misura soddisfece ancora certo
Innocenzo Molinari, prete di Salerno, il quale nel 1752
tornò alla carica con uno scritto anonimo, intitolato « Pa-
rere intorno alla vera Idea contenuta nella Lettera Apologetica
del signor Accademico Esercitato per rispetto alla supposizione
dei Quipu, etc. dall’Abate*** inviato ad un suo amico in Na-
poli ». In questo libro, scritto col più grande malanimo,
si giudicava « per una continuata cabala e per una sen-
tina di tutte l’eresie ed empietà del mondo » l’opera del
Principe di Sansevero. Fu così grande al nuovo attacco
lo sdegno di questi, che se ne lamentò vivamente col Re,
ottenendo da lui che si rivedesse attentamente il « Pa-
rere ». Lo scritto del Molinari fu allora giustamente di-
chiarato libello calunnioso contro la ragguardevolissima
persona del cavaliere Raimondo di Sangro: ne furono rac-
colte quante copie fu possibile per bruciarle, ordinandosi
dalla R. Camera di S. Chiara di non conceder più al Mo-
linari alcun regio exequatur (3). Così Carlo III fece giusti-
fi) G. G. Origlia, Op. cit., Il, 369.
(2) Raim. di Sangro sulla fine della sua Lettera apologetica, acco-
miatandosi dalla Duchessa di S***, aveva detto : « io ho terminata la
mia lettera. scritta, come sapete, con tanta fretta che o niuno affatto
o pochissime cose buone han potuto caderci. Se non che mi fa lieto
solamente il pensare, che non potrete ad altri comunicarla; giacché
la maggior parte delle cose ci si trova in tal gergo conceputa, che ap-
pena può essere a Voi intelligibile, cui i miei sentimenti sono stati
sempre aperti ». Cfr. Lett. Apoi., pag. 318.
(3) G. G. Origlia, Op. cit., Il, 371.
zia: e il Principe di Sansevero per conto suo scrisse e
dette alle stampe sulla fine del 1753 una lettera intitolata:
« Supplica | di | Raimondo di Sangro | Principe di Sansevero
| umiliata | alla santità di | Benedetto XIV | pontefice ottimo
massimo | in difesa e rischiaramento | della sua lettera apo-
logetica sul proposito | de’ Quipu de’ Peruani. | In Napoli
MDCCLIII — per Salzano e Castaldo — con licenza de’
superiori. »
Questo scritto moderatissimo, nel quale l’autore si
giustificava non contro i suoi calunniatori, ma verso la
Congregazione dell’indice e il capo della Chiesa, è un vo-
lume in quarto grande di pag. 224 in cui Raimondo di
Sangro, dopo aver fatta la storia della sua Lettera apolo-
getica e dichiarata la sua natura satirica, per esserne « il
subbietto. uno appunto di que’ capi di robe antiche, i
quali sì di leggieri vagliono di motivo a’ nostri letterati
antiquari per isfoderare tante belle loro dissertazioni » I1),
esaminando punto per punto la sua Lettera, confutava una
ad una le accuse fattegli, per concludere che tanto il testo
della sua opera, quanto le note inseritevi non erano state
scritte « con altro intendimento, se non con quello che
serbar doveva un vero ortodosso figliolo di nostra Santa
Cattolica Romana Chiesa » (2).
Il papa lesse la supplica: e sia che fosse convinto di
quella difesa, sia che fosse stato benevolmente disposto dai
nuovi tratti di spirito del Principe di Sansevero, il fatto
sta che la lettera fu tolta dall’indice: caso raro, e che ci
dimostra anche quanta dovesse essere la considerazione
speciale che si aveva non solo in Napoli, ma anche fuori,
per l’illustre personaggio.
continua
Fabio Colonna di Stigliano.
LE SCULTURE
DI MICHELANGELO NACCHERINO
IN NAPOLI
Fra i molti artisti che hanno lavorato in Napoli, è
utile ricordare in queste pagine lo scultore fiorentino Mi-
chelangelo Naccherino, il quale per mezzo secolo circa
esercitò l’arte sua tra le nostre mura.
Questo scultore verso la fine del XVI ed il principio
del XVII secolo portò a termine in Napoli lavori impor-
tantissimi, tanto che si può considerarlo uno tra i migliori
(1) Supplica di Raimondo di Sangro a Benedetto XIV, p. 53.
(2) Supplica di Raimondo di Sangro a Benedetto XIV, p. 222.