Universitätsbibliothek HeidelbergUniversitätsbibliothek Heidelberg
Metadaten

Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 4.1895

DOI Artikel:
Colombo, Antonio: La strada di Toledo, [4]
DOI Seite / Zitierlink:
https://doi.org/10.11588/diglit.62001#0121

DWork-Logo
Überblick
Faksimile
0.5
1 cm
facsimile
Vollansicht
OCR-Volltext
RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

105

LA STRADA DI TOLEDO
IV.
I PALAZZI SIGNORILI.
Lo spagnuolo Egidio Tappia, giudice della Vicaria cri-
minale, il 12 aprile 1566 pattuiva coi maestri di muro
Cesare d’Angelo e Matteo Quintavalle di Cava la costru-
zione di una casa in via Toledo, all’angolo della strada
del Baglivo Uries (’). Quell’edificio sorgeva su di un suolo
di palmi 72 in fronte, parte di un terreno appartenente a
Nicola d’Alessandro, che costui gli aveva ceduto mercè
il pagamento annuo di due. 54 e grana 3. I Certosini,
però, avevano chiesto si desistesse dalla fabbrica, quando
sorto litigio coi d’Alessandro, si disputava a chi di loro
dovesse appartenere il suolo delle abbattute mura arago-
nesi; ma il Tappia che aveva chiamato il d’Alessandro in
autore, seguitò l’opera sua. Così sappiamo che nell’aprile
del 1567 un Baldassarre Grimaldo obbligavasi fornirgli
tutte le pietre, ed un Antonio d’Anfara i piperai lavorati,
a norma dei disegni di Giov. Francesco d’Anfara, alias
Marmando, per la costruzione del palazzo (1 2 3 4 5), pel quale,
con decreto del 21 maggio di quell’anno, fu dichiarato
non fosse altrimenti turbato, purché dal d’Alessandro si
prestasse debita cauzione de demoliendo (3).
Lo spazio delle vecchie mura aragonesi, come è detto,
con decreti del 4 luglio 1571 e 18 giugno 1572 era stato
dichiarato di proprietà dei monaci; cosicché Egidio Tappia
fu tenuto pagare alla Certosa di S. Martino due. 13 e
gr. 12 Vi l’anno « per quella porzione di suolo delle an-
« tiche mura occupate dal suo nuovo edificio ». Di ciò
egli assunse l’obbligo con istrumento de facie ad faciem,
che fu stipulato dal notaio Ant. Tamasio il 2 aprile 1575.
Frattanto il Tappia, divenuto allora presidente della re-
gia Camera, nel 25 ottobre 1574, aveva fatto acquisto di
un vacuo contiguo alla cennata casa. Ed inoltre perveniva
poco appresso in suo potere la casa di proprietà di An-
drea Genoino, ed anche quella di Felice Mola, che, dopo
strepitoso litigio, era stato costretto cedergliela (4). Ivi il
Tappia fabbricò il suo gran palazzo; e perchè una via
trasversale lo divideva dalla casa piccola, edificò pure un
ponte, che congiunse l’uno e l’altro edificio, al quale resta
tuttora il nome di ponte di Tappia (5).
Dalle carte del tempo si ritrae che, il io ottobre 1576,
i maestri di muro Niccolò Calizzo ed Antonio Speranza

(1) Filangieri, Doc. cit., voi. V, pag. 115, e voi. VI, pag. 327.
(2) Filangieri, op. cit., voi. V, pag. 18 e 340.
(3) Monasteri soppressi. Certosa di S. Martino, voi. 2057 bis.
(4) Cit. voi. 2057 bis.
(5) Ri-

avevano convenuto la fabbrica del palazzo con botteghe e
formale. Nello stesso mese e nel susseguente novembre An-
gelo de Giordano obbligavasi ancora levare alcuni appar-
tamenti in quel terreno, che dal d’Alessandro era stato
ceduto al Tappia (0; e trovo, del pari, che, intorno a
quel tempo, il legnaiuolo Fabio Marotta pattuiva eseguire
alcuni lavori in legno nel nuovo giardino, in prossimità
di quell’edificio (2).
Con istrumento del 19 marzo 1577, la reai Certosa di
S. Martino assentiva, in favore del Tappia, alle indicate
cessioni fattegli; il quale alla sua volta obbligavasi pagare
ai frati « quella rata di censo che fosse stata dichiarata
« dal S. R. C., poiché in dette concessioni vi era com-
« presa buona parte del suolo delle diroccate mura al... .
« monastero aggiudicate ». I. S. R. C. mercè decreto del
27 novembre di quell’anno, fissò la somma in annui du-
cati 125 e gr. 6 2/3 ; censo che veniva a gravare sul pa-
lazzo grande, il quale, assieme all’altra casa, perveniva
poscia, alla morte di Egidio, in potere del suo figliuolo
Carlo, marchese di Belmonte (3).
Costui fu un uomo famoso: celebre giureconsulto del
tempo, lasciò anche dopo morto onorevoli ricordi. Egli
procreò una figliuola a nome Marianna, la quale, morto
il padre, ereditava i cennati edificii. L’alluvione del 1656,
però, non risparmiò quei palazzi, che, rimasti gravemente
danneggiati, richiedevano pronti ed importanti restauri.
Tuttavia D.° Marianna che s’era mostrata non curante ad
eseguire i lavori, vi fu astretta dal S. R. C., presso al quale
avevano reclamato i Certosini, che poscia, con istrumento
del 28 agosto 1658, le mutuarono due. 1800, importo
delle opere a compiersi, a norma della relazione fatta dal
tavolario Onofrio Tango (4).
Scrisse un cronista che il 9 marzo 1679 D.a Marianna
« finì di vivere nelli 53 anni di sua età, dopo pochi giorni
« di febbre », e chiamata a succederle « la casa e chiesa
« di S. Maria di Loreto, seu delle Grazie dei PP. Tea-
« tini a Toledo » (5), surse litigio fra i monaci e Carlo
Calò duca di Diano, che aveva preteso a lui spettasse
quella eredità. Ma dopo alcun tempo composte le cose,
con istrumento del 31 dicembre 1682, per notar Nicola
Pangrazio, i palazzi restarono in potere del duca di Diano,
dal quale pervennero, in seguito, ai signori Ulloa, che ne
furono i successori. Nell’anno 1743 per convenzione pas-
sata cogli eredi di Adriano Ulloa, quegli edificii furono

(1) Filangieri, op. cit., voi. V, pag. 131, e voi. VI, pag. 292.
(2) Ivi, voi. VI, pag. 377.
(3) Cit. voi. 2057 bis.
(4) Ivi.
(5) Bulifon, Cronicamerone, 1670-1706. Della chiesa della Madon-
na delle Grazie parlerò in seguito.
 
Annotationen