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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 4.1895

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Amalfi, Gaetano: La Madonna dell'Arco
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https://doi.org/10.11588/diglit.62001#0147

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RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA

crepiti e ammalati cronici. Nel 1835, istituito l’ospedale
di Santa Maria di Loreto, il nostro ospizio si sgombrò
de’ tignosi e de’ cronici, e destinato, invece, per asilo de’
vecchi cadenti e de’ giovanetti poveri, che già facevano
parte di quelli raccolti nel r. Albergo (0. Dopo il 1860, vi
si è stabilito un manicomio provinciale.
Giambattista Basile, l’autore del Pentamerone, compose
Per la gloriosissima Madonna dell’Arco, il seguente epi-
gramma:
Dissi : « L’Iride mia,
Arco divin, tu sei,
Mentre i miei di rischiari, ombrosi e rei ».
Or, che da te s’invia
Strali di grazie al core,
L’arco dirò, che sei del vero amore.
Nel 1621, i Domenicani, vedendo affluire offerte da ogni
parte vollero restaurar l’imagine lasciata sulla vecchia pa-
rete, nel mezzo della nuova chiesa. La circondarono di
svelte colonnine di marmo, che sostengono un padiglione
ornato di eleganti sculture.
L’architetto Bartolomeo Picchetti, incaricato del lavoro,
ignaro del processo adoperato per distaccare un affresco,
voleva assottigliare il muro primitivo, su cui si trovava
dipinta l’imagine.
Era quasi al termine, quando si avvide che una grossa
pietra e dura, internandosi con le sue punte nell’intonaco,
giungeva fino al volto dell’immagine, il quale irremissi-
bilmente si sarebbe distrutto. Non si riuscì a segarla con
lo smeriglio, ned a scarnarla a punta di scalpello. Il po-
vero uomo si vedeva a mal partito! Finalmente, più pio
che abile, fermati i lavoratori, invoca la Madonna, invi-
tandola a fare un nuovo miracolo. E non fu indarno! Il
masso si stacca da se stesso; e un pezzo di sessantanove
libbre e mezzo cade nelle mani del Picchetti. Solo un
piccolo frammento resta al suo posto, a sostegno dell’in-
tonaco.
La grossa pietra si vede tuttavia sospesa al pilastro, a
dritta della cappella. Solo è molto scemata di volume e
di peso. E si è dovuto collocarla in guisa, che i pellegrini
non possano più staccarne delle reliquie.
Tanti miracoli accrebbero la riputazione del santuario.
E quantunque oggigiorno non troppo frequenti, pure, in
altri tempi, bastava, durante la notte, lasciar esposti, in-
nanzi alla sacra imagine, de’ fanciulli orbi o storpi, per
trovarli guariti la dimane. Basta far capolino nella chiesa
per convincersene!

(1) Cossovich, La festa della M. dell’Ar., nel de Bourcard, Usi e
costumi, II, 280, (che, per le notizie storiche, attinge, copiosamente,
dall’Orzg. cit.), p. 283.

I3I
Le mura, dal pavimento alla vòlta, sono tapezzate da
migliaia di voti: grucce di zoppi guariti, apparecchi or-
topedici, cinture erniarie inutilizzate, chiome offerte da
donne, fucili e pistole scattate senza ferire coloro che se
ne servivano, bare consacrate da moribondi, di cui si erano
già disposti i funerali, e che, all’ultimo istante, un voto
opportuno, benché tardivo, li ha richiamati alla vita. Altri
hanno offerto scarpe, rotte da un urto o da un proiettile,
se la lesione si è guarita e il piede conservato. Accanto
alla gabbia di ferro, dove si disseccarono le estremità
mummificate della colpevole Aurelia, si veggono delle
collezioni di pugnali, offerti da persone scampate ad un
tentativo di assassinio, e de’ battelli, tutti attrezzati, com-
memorativi di qualche naufragio, donde uscirono illesi.
Da ambo i Iati della navata si elevano sulle mensole
due statue di galeotti, dagli abiti gialli, i ferri a’ piedi, alle
mani e alla cintura, la testa e il collo cerchiati d’una spe-
cie di collare di ferro, in forma di caschetto, permettendo
a mala pena l’introduzione degli alimenti. Questi fantocci
rappresentano Leonardo Marsicano, napolitano, e uno de’
suoi compagni, oriundo della Corsica, che, nel 1688, ca-
duti nelle mani d’un pirata algerino, furono ridotti nella
più dura schiavitù. Stanchi di soffrire, fecero un voto alla
Madonna. Subito caddero loro i ferri, si spalancarono le
porte della segreta, guadagnarono la riva, donde un padron
di barca compiacente li rimenò in Napoli. Vi ha chi pre-
tende, che, più prosaicamente, il Marsicano e il suo com-
pagno furono riscattati dai Padri della Mercede.
Gli Italiani captivi negli stati barbareschi, a furia di ce-
lebrar questa Madonna, finirono per convincere i loro ra-
pitori e i loro signori della onnipotenza di lei. Per esem-
pio, nella chiesa si veggono due grossi ceri offerti da un
gran signore turco, riconoscente della grazia ottenuta.
Ritornando agli ex-voto, i più antichi dipinti su legno
rimontano al principio del secolo XVI. Vi ha una scena
di naufragio con la data del 1505. I più recenti sono su
tela. In media, di venti o trenta centimetri. Sventurata-
mente un gran numero di questi quadri, vecchi di tre se-
coli, sono quasi cancellati dal tempo, o quasi esclusi dalla
vista, a venti metri di altezza. Rappresentano tutti gli ac-
cidenti ai quali è esposta la specie umana, e a qual pro-
posito genti religiose o superstiziose possono sollecitare
un intervento soprannaturale.
Ogni devoto della Madonna, che si è creduto preser-
vato da lei, ha esposto, per farle onore, la riproduzione
sempre ingenua e spesso grottesca del pericolo scampato.
Si veggono moribondi a letto, circondati dalla loro fami-
glia, che rovesciano sangue in un catino, o si fanno ope-
rare; cavalieri gittati di sella, muratori precipitati da un
tetto, contadini caduti da un albero, donne o fanciulli
 
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