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Bullettino della Commissione Archeologica Comunale di Roma — 5.1877

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Bruzza, Luigi Maria: Tavole lusorie del Castro Pretorio
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https://doi.org/10.11588/diglit.10818#0085

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ARCHEOLOGICA COMUNALE

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più spesso sono piccoli circoli, talora piccole linee verticali, foglie,
lettere, monogrammi, croci decussate, semicerchi secondo che
piaceva all'arbitrio di chi gli graffiva. Molte però di esse, e
sono più di sessanta, invece di questi segni - hanno, nelle tre
linee, parole le cui lettere fanno l'ufficio di segni, e contengono
una sentenza disposta in modo che ogni linea non ha nè più
nè meno di dodici lettere, e la sentenza è piena e compiuta
col numero di trentasei. Queste sentenze alludono alla fortuna
e alle vicende del giuoco, all'arte e alla destrezza del giuoca-
tore, al favore rumoroso dei circostanti; ora invitano al giuoco
ed ora ammoniscono dei danni che ne conseguono; qualche volta
scherniscono gli inetti ed i vinti o deridono i vanti dei vinci-
tori, e spesso contengono auguri di vittoria e di guadagno. Non
di rado le epigrafi sono composte di sei parole di sei lettere
ciascuna, e tutte insieme formano un verso esametro. Ogni let-
tera, facendo l'ufficio di segno, serviva per notare e tener conto
dei punti che si facevano, e siccome due erano i giuocatori, le tre
linee sono divise in due parti, perchè la prima serviva a segnare
quelli del primo che traeva i dadi, e la seconda quelli del se-
condo. Confermasi quanto ho detto con un luogo di Isidoro che,
descrivendo queste tavole, afferma che vi si giuocava con tre
dadi (tribus tesseris), eh' erano formate di tre linee (viae, cì$oi)
perchè su di esse scorrevano i calculi), e che queste (accennando
soltanto alla parte che serviva a ciascuno dei giuocatori) erano
divise in sei luogi distinti : sed et ipsas vias senariis locis clis-

tinctas ..... ternariis lineis ..... Inde et tabulam ternis descri-

ptam dicunt lineis (Etymol. XVIII. 64). L'Hyde e il Salmasio,
non conoscendo alcuna di queste tavole, credettero che parlasse
del giuoco elei dodici scrittori, ma il Ficoroni che ne conobbe
quattro e le pubblicò (/ Tali p. 121. 122. 125; Ada S. Victorini
p. 140) giustamente riferì la descrizione di Isidoro alle nostre.
Essendo pertanto che in esse si giuocava con tre dadi e che
il maggior numero di ciascun dado era il senione, perciò le
 
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