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Segni di terremoti negli edifizi di Roma antica

Si tratta dunque di una scossa da N-NE verso S-SO che ha
fatto scorrere qui le pareti divisorie dalla parte dalla quale la
scossa stessa proveniva. Ciò può essere avvenuto nel terremoto
del 443 *.

a. 1878. Nello scavo delle horrea, a sinistra di chi tiene
le spalle rivolte al tempio di Vulcano (quelle che il Vaglieri
p. 97 n. 46 chiama piccolo Mercato) si è trovato uno dei
pilastri laterizi del portico, largo e grosso m. 1,10 spezzato a
due quinti della altezza a questo modo: la parte inferiore, da
terra ai 2/5, non si è mossa di posto : la parte superiore, del
volume di me. 2,80 e del peso di circa sette tonnellate, ha
girato di circa 12°, quasi certamente per iscossa vorticosa.

Potrei aggiungere altri fatti di non minore interesse per la
storia sismica di Ostia, ma credo che i tre sopra riferiti bastino
per provare quanto si possa imparare leggendo, come si possono
leggere, le pagine stratigrafiche dei ruderi della colonia.

Arrivato al termine di queste brevi considerazioni, sopra
un argomento che potrebbe e meriterebbe di essere più copio-
samente sviluppato, io mi astengo dal trarne le conseguenze le
quali per noi, Romani di nascita o di adozione, potrebbero sem-
brare infette da egoismo. A quale modesta misura si riducono
i danni sofferti dalla nostra città se paragonati con quelli che
hanno colpito spietatamente gli Abruzzi, le Calabrie, e la Sicilia!
E di egoismo mi pare tocca l'iscrizione che i Conservatori
del 1703 dedicarono alla Vergine in Campidoglio « quod Urbem
vehementibus terraemotibus concussam a clade pluribus
finitimarum regionum locis inflieta servaverit ». Noi
che abbiamo il beneficio di abitare una Città, nel seno della quale
il Settizonio di Settimio Severo ha potuto mantenersi per secoli
e secoli librato in aria sul fulcro di esili colonne, a metà cal-
cinate dal fuoco, possiamo guardare al passato con profonda
gratitudine, all'avvenire con piena fiducia.

Rodolfo Lanciani.
 
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