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SEGNI DI TEEREMOTI
NEGLI EDIPIZI DI ROMA ANTICA

(Tav. I-II)

Tra i prodigii più spesso ricordati negli annali dei Ponte-
fici [alla quale fonte attinsero più tardi Livio e il cosidetto
Giulio Ossequente] si contano le vibrazioni delle lancio di Marte.
La formula è quasi sempre identica: « hastae Martis motae »
per l'a. 184 a. C. » hastae Martis in Regia motae » per l'a. 119,
100, 97 n hastae Martis in Regia sua sponte motae » per l'a. 104.
Queste lancie, forse dell'epoca neolitica, o dell'epoca del bronzo,
erano venerate in un intimo sacrario della Regia, come reliquie
del mitico progenitore di Romolo. Porse eran due, certamente
più di una, poiché gli scrittori le nominano sempre in plurale.
Non si sa in qual modo fossero sospese al cupolino dell'osser-
vatorio, nè in qual modo le loro oscillazioni potessero essere
avvertite: forse lo erano mediante il suono prodotto dal loro
impulso contro una superficie metallica risuonante, come quella
delle * ancilia «. Aulo Gellio afferma distintamente essere le
vibrazioni indici di terremoto: e il fatto delle molte e varie
espiazioni che si dovevano compiere dopo il triste presagio,
significa che si rimaneva sempre in attesa di nuove scosse.

Non deve fare maraviglia questa, probabile, se non certa
istituzione di un rude osservatorio sismico in una città, come
Roma, che si trovava a breve, e quasi uguale distanza, dai vul-
cani cimino-sabatini a nord, albani a sud, centri e origine, gli
uni e gli altri, di oscillazioni telluriche di primo grado.
 
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