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Napoli nobilissima: rivista d' arte e di topografia napoletana — 7.1898

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Napoli nobilissima. Rivista di topografie ed arte napoletana. Fasc. IV
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D'Ayala, Michelangelo: Il convento di Santa Maria della Carità e un monaco sepolto vivo
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https://doi.org/10.11588/diglit.70010#0070

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NAPOLI NOBILISSIMA

in breve a sfondare la parete esterna della tomba traen-
done il prigioniero dal buco fatto e depositandolo avanti
la porterìa del vicino convento dei Teresiani Scalzi. Qui
pietose persone lo portatori via e gli diedero asilo e cure,
per le quali si riebbe alquanto dopo due mesi. Ma, appena
in grado di muoversi, il P. Leopoldo volle avviarsi a piedi
a Roma per rivelare al pontefice quel che si faceva nei
conventi di Napoli. Saputo ciò, i suoi persecutori gli

del sotterraneo affinchè da ogni parte fosse privo di ap-
poggio. Accanto poi vien fabbricata un’altra carcere, sul
medesimo tipo, dove, avvertiva il P. Ignazio, sarebbe stato
rinchiuso chiunque si muovesse a pietà di fra Leopoldo.
Il terrore impietriva tutti. Due soli frati del sinedrio, per
altre ragioni, non si mostrarono docili ai voleri del P. Igna-
zio, e questi subito li cacciò dall’officio di diffinitore. Di
qui guerra intestina da cui venne la salvezza a P. Leopoldo.


Spaccato e pianta della fossa
(dal disegno annesso alla Memoria del Peccheneda, ridotto dall’ing. G. Costa).
A. Giardino. B. Pilastri degli archi sotto l'infermeria. C. Muri di chiusura. D. I nuovi letti. E. Vecchio
letto. F. Cateratta per la scala. G. Cesso. FI. Scompartimento abitato dal P. Leopoldo. 1. Scompartimento vi-
cino. K. Stanza superiore. L. Scala. M. Piccola finestra. N. Contrafforti. O. Cateratta dello scompartimento I.

sguinzagliarono dietro cursori e birri, poiché il provinciale
aveva denunziata al governo la fuga di un monaco « apo-
stata ed assassino »; e a S. Gennaro, il 14 aprile 1762, ei
fu raggiunto e riconsegnato in Napoli nelle mani del P.
Ignazio della Croce O. Ed ecco una terza sentenza, dell’n
agosto 1762, che aggiunge altri due anni di carcere ai sei
della precedente; e per rendere impossibile una nuova li-
berazione si costruisce un contrafforte al muro esterno
della tomba e si pone ai piedi del prigioniero una catena
pesantissima. Poi, per accrescergli i tormenti, si impiccolisce
il letto di fabbrica e si muta di posto, collocandolo in mezzo

(1) Eppure codesto P. Ignazio non era uomo volgare. Nato in Ca-
stellaneta, fu professore di teologia nell’università; versatissimo nelle
lingue dotte, fondò la Colonia Alethina, a cui appartennero Mazzocchi,
Muratori e Metastasio, ed ebbe fama di poeta e di oratore sacro fa-
condo. Di forme atletiche, come si rileva anche dal ritratto nella sa-
grestia della chiesa, una grandissima pietra sepolcrale accanto all’al-
tar maggiore ne ricopre gli avanzi, con questa iscrizione:
IGNATII A CRUCE
DISCALCEATUM DIVI AUGUSTINI SACERDOTIS
PIETATE DOCTRINA MODESTIA AD MIRACULUM
INTER SUOS ORNATISSIMI
ELOQUENTIA VERO ET SACRUM LIBERARUM
SCIENTIA
CUM PAUCIS AETATIS SUAE COMPARANDI
EAQUE GRATIA INTER SUMMOS CONCIONATORES
ET REGII NEAPOLIT. LYCEI PRIMARIOS PROFESSORES RETATI
EHEU CINERIS HEIC
IOANNES IOSEPH A CRUCE EIUSDEM ORDINI SACERDOS
GERMANUS FRATER MINOR
INCONSOLABILIS CONDÌ VOLUIT
ANNO AERAE CHRISTIANAE MDCCLXXXIIII.

I due frati deposti ricorsero a Roma denunziando le
violazioni delle leggi canoniche; altri compagni presero ar-
dire e si spiegarono a favore di quelli. I tredici conventi
agostiniani della provincia si divisero in due campi. Piov-
vero denunzie e reclami al governo. I conventuali di Re-
sina pregavano il re di « custodire le nostre leggi disprez-
zate e gittate a terra il dispotico e tirannico governo di
quei superiori che da più anni ad altro non badavano che
al proprio loro comodo ed alla oppressione di tutti i re-
ligiosi da bene ». Trentotto frati sottoscrissero una sup-
plica a Ferdinando IV per la liberazione del P. Leopoldo.
II ministro de Marco con lettera del 2 giugno 1763 inca-
ricò il marchese Angelo Cavalcanti, luogotenente della R.
Camera, di fare una inchiesta, dalla quale vennero fuori
le barbariche torture e la falsità delle accuse, levandosi
anche la pianta della prigione dall’ingegnere Nicola Can-
nateli! « con l’intervento del cancelliere della Reai giu-
risdizione » (0.
II 5 ottobre 1763 il Cavalcanti si recò al convento di
S. Maria della Verità. Aperta la botola, « tale si fu l’in-
sopportabile fetore ch’esalava dalla orrendissima fossa che
non è da immaginare ». E ne venne tirato fuori un es-
sere che di umano aveva ben poco, come dice anche la
cronaca manoscritta del convento: « mostruose unghie »,
barba lunghissima, coi ferri ai piedi, « con le gambe strop-
pio e gonfie ed illividite a color di polmone », destando

(1) La pianta è allegata alla Memoria già citata di Peccheneda.
 
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