RIVISTA DI TOPOGRAFIA ED ARTE NAPOLETANA
L’ Alagno riferì:
Che trovandosi esso testimonio, insieme col Duca di An-
dria (i), nella Chiesa di Sancto Dominico, dopo che lo dicto can-
taro fu posto in lo dicto loco, dove al presente sta, e guardando
ad quello sepulcro esso testimonio disse a lo dicto Signor Duca:
questo cantaro me pare che sia multo pizulo, stricto et misero,
et lo dicto Duca respose: forse è facto per evitare la spesa.
Il maestro Novello De Papato aggiunse ancora:
Che tale cantaro, vista la capacità del luogo, poteva venire
più lungo anco un palmo, poco più o meno, e largo anco un
mezzo palmo, poco più o meno, e che credeva che, pe lo dicto
prezzo, l’artista ne avesse potuto fare uno migliore.
Il Sacro Consiglio, essendo relatore in tale giudizio Gio-
van Battista de Bentivoglio, detto de Sassoferrato, il 19
Agosto 1473 VI Indizione sentenziò a favore dello scul-
tore; il quale tuttavia non godette della vittoria ottenuta
poiché, nell’ anno seguente, venne a morte. Onde furono
i suoi figli ed eredi che, il 3 settembre 1474 VII Indi-
zione, richiesero, nel medesimo Tribunale, alla Pignatelli
la rivalsa delle spese pel vinto giudizio.
Eustachio Rogadeo di Torrequadra.
VITA DEI MONASTERI NAPOLETANI
(da una commedia inedita DEL SEC. xvni)
La Napoli nobilissima si è occupata più volte dei con-
venti e dei monasteri di Napoli, e dovrà ancora occupar-
sene in sèguito. Appunto in uno degli ultimi numeri, il
D’Ayala raccontava lo strano caso del monaco sepolto vivo
del convento di S. Maria della Verità (a. VII, fase. 4).
Certo, chi vorrà trattare per minuto il tema troverà nelle
cronache, nelle novelle, nelle carte dell’ Archivio di Stato,
curiosi documenti di costumanze ed aneddoti, che gli
sembreranno straordinarii. Ma noi vogliamo questa volta
trarre alcune pagine da un’inedita commedia del sec. XVIII,
le quali ci metteranno sott’ occhio la vita ordinaria, con-
sueta, giornaliera, che si agitava dentro quegli edifizii dalle
grosse e cieche muraglie, mutati ora per gran parte in sta-
bilimenti educativi ed amministrativi. Niente tragedie, niente
romanzi passionali: ma semplice quadro di costumi.
La commedia s’intitola: Le Religiose alla Moda Burletta
per monache Fatta dal signor D. G. D. nell’anno 1768; e
ne conosciamo due manoscritti: il primo, del secolo pas-
sato, si trova nella Biblioteca della Società di Storia Pa-
tria; 1’ altro, ch’è una copia di bel carattere di questo se-
colo, fu da noi comprata, alcuni anni sono, sopra una
bancarella.
Confessiamo di non poter penetrare chi sia questo signor
D. G. D. Si potrebbe congetturare che il primo D. fosse
un Don, e leggere, sotto il G. D. « Gennaro Davino o D’A-
vino » (o anche il pseudonimo di lui « Giovanni D’Arno »),
l’autore della bellissima commedia dialettale Annella taver-
nara di Porta Capuana, pubblicata appunto l’anno prima,
1767 (D. Il D’Avino nel 1759 recitava al Teatro dei Fio-
rentini; ed è noto che anche nei monasteri e conventi si
solevano fare delle recite, e spesso vi andavano le com-
pagnie dei pubblici teatri, a portarvi la comedia (2). Ma sa-
rebbe, in verità, una congettura senza nessun serio prin-
cipio di prova. Si deve poi notare che questa burletta non
ha nessuna forma di commedia, non un intrigo, nè un’ azio-
ne qualsiasi, nè uno scioglimento; ma è composta di una
serie di scene slegate, e giustificherebbe il titolo moderno
di semplici Scene, che si suol dare ad alcuni lavori dram-
matici che non si sa come altrimenti chiamare.
Che Le Religiose alla moda fossero composte per essere
recitare in un monastero, risulta non solo dal titolo [bur-
letta per monache), ma anche dalle parole di chiusa: « De
chello eh’ è accaduto ccà stamatina, se ne po fa na com-
medea pe monache ». L’ autore doveva essere persona pia:
del manoscritto mise le iniziali: J. M. J. (Jesus, Maria,
Joseph). Il pubblico cui erano destinate, e la pia disposi-
zione dell’ autore, ci danno come una garanzia della inge-
nuità e della veracità di quella serie di scene.
Le quali somigliano davvero una raccoltina d’istantanee
fotografiche, tanto è vivace il loro realismo. Pochi perso-
naggi: due monache, una serva o conversa, una educanda
nipote di una delle due monache, il padre confessore, il
medico delle monache, il salassatore o sagnatore-, sette in
tutto. Gelosie di monache, che gareggiano tra loro per
guadagnarsi la predilezione del padre confessore; maldi-
cenze e ire reciproche; fisime di malattie o di scrupoli;
impertinenze di serve; diavolerie di educande; pazienza
estrema di tutti quelli che entrano in relazione con le
suore, medico, confessore, salassatore: questi gli elementi
di cui è intessuta la burletta.
Anche un’ altra ragione ci spinge a pubblicare questi
estratti: la speranza d’invogliare qualcuno a studiar di pro-
posito la commedia dialettale napoletana in prosa del se-
colo passato, come lo Scherillo si occupò già dei libretti
dell’ opera buffa. Le commedie dialettali di quel tempo
sono notevoli così dal lato dell’ arte come dal lato del do-
cumento storico, per essere in buona parte ispirate diret-
tamente alla realtà (3).
(1) Francesco del Balzo, Duca di Anùria.
(1) Croce, I teatri di Napoli, Napoli, Pierre, 1891, pp. 464-5.
(2) Croce, o. c., pp. 391-6, 784-5.
(3) Il solo che dia intorno ad esse parecchie notizie è il Croce, o. c.
L’ Alagno riferì:
Che trovandosi esso testimonio, insieme col Duca di An-
dria (i), nella Chiesa di Sancto Dominico, dopo che lo dicto can-
taro fu posto in lo dicto loco, dove al presente sta, e guardando
ad quello sepulcro esso testimonio disse a lo dicto Signor Duca:
questo cantaro me pare che sia multo pizulo, stricto et misero,
et lo dicto Duca respose: forse è facto per evitare la spesa.
Il maestro Novello De Papato aggiunse ancora:
Che tale cantaro, vista la capacità del luogo, poteva venire
più lungo anco un palmo, poco più o meno, e largo anco un
mezzo palmo, poco più o meno, e che credeva che, pe lo dicto
prezzo, l’artista ne avesse potuto fare uno migliore.
Il Sacro Consiglio, essendo relatore in tale giudizio Gio-
van Battista de Bentivoglio, detto de Sassoferrato, il 19
Agosto 1473 VI Indizione sentenziò a favore dello scul-
tore; il quale tuttavia non godette della vittoria ottenuta
poiché, nell’ anno seguente, venne a morte. Onde furono
i suoi figli ed eredi che, il 3 settembre 1474 VII Indi-
zione, richiesero, nel medesimo Tribunale, alla Pignatelli
la rivalsa delle spese pel vinto giudizio.
Eustachio Rogadeo di Torrequadra.
VITA DEI MONASTERI NAPOLETANI
(da una commedia inedita DEL SEC. xvni)
La Napoli nobilissima si è occupata più volte dei con-
venti e dei monasteri di Napoli, e dovrà ancora occupar-
sene in sèguito. Appunto in uno degli ultimi numeri, il
D’Ayala raccontava lo strano caso del monaco sepolto vivo
del convento di S. Maria della Verità (a. VII, fase. 4).
Certo, chi vorrà trattare per minuto il tema troverà nelle
cronache, nelle novelle, nelle carte dell’ Archivio di Stato,
curiosi documenti di costumanze ed aneddoti, che gli
sembreranno straordinarii. Ma noi vogliamo questa volta
trarre alcune pagine da un’inedita commedia del sec. XVIII,
le quali ci metteranno sott’ occhio la vita ordinaria, con-
sueta, giornaliera, che si agitava dentro quegli edifizii dalle
grosse e cieche muraglie, mutati ora per gran parte in sta-
bilimenti educativi ed amministrativi. Niente tragedie, niente
romanzi passionali: ma semplice quadro di costumi.
La commedia s’intitola: Le Religiose alla Moda Burletta
per monache Fatta dal signor D. G. D. nell’anno 1768; e
ne conosciamo due manoscritti: il primo, del secolo pas-
sato, si trova nella Biblioteca della Società di Storia Pa-
tria; 1’ altro, ch’è una copia di bel carattere di questo se-
colo, fu da noi comprata, alcuni anni sono, sopra una
bancarella.
Confessiamo di non poter penetrare chi sia questo signor
D. G. D. Si potrebbe congetturare che il primo D. fosse
un Don, e leggere, sotto il G. D. « Gennaro Davino o D’A-
vino » (o anche il pseudonimo di lui « Giovanni D’Arno »),
l’autore della bellissima commedia dialettale Annella taver-
nara di Porta Capuana, pubblicata appunto l’anno prima,
1767 (D. Il D’Avino nel 1759 recitava al Teatro dei Fio-
rentini; ed è noto che anche nei monasteri e conventi si
solevano fare delle recite, e spesso vi andavano le com-
pagnie dei pubblici teatri, a portarvi la comedia (2). Ma sa-
rebbe, in verità, una congettura senza nessun serio prin-
cipio di prova. Si deve poi notare che questa burletta non
ha nessuna forma di commedia, non un intrigo, nè un’ azio-
ne qualsiasi, nè uno scioglimento; ma è composta di una
serie di scene slegate, e giustificherebbe il titolo moderno
di semplici Scene, che si suol dare ad alcuni lavori dram-
matici che non si sa come altrimenti chiamare.
Che Le Religiose alla moda fossero composte per essere
recitare in un monastero, risulta non solo dal titolo [bur-
letta per monache), ma anche dalle parole di chiusa: « De
chello eh’ è accaduto ccà stamatina, se ne po fa na com-
medea pe monache ». L’ autore doveva essere persona pia:
del manoscritto mise le iniziali: J. M. J. (Jesus, Maria,
Joseph). Il pubblico cui erano destinate, e la pia disposi-
zione dell’ autore, ci danno come una garanzia della inge-
nuità e della veracità di quella serie di scene.
Le quali somigliano davvero una raccoltina d’istantanee
fotografiche, tanto è vivace il loro realismo. Pochi perso-
naggi: due monache, una serva o conversa, una educanda
nipote di una delle due monache, il padre confessore, il
medico delle monache, il salassatore o sagnatore-, sette in
tutto. Gelosie di monache, che gareggiano tra loro per
guadagnarsi la predilezione del padre confessore; maldi-
cenze e ire reciproche; fisime di malattie o di scrupoli;
impertinenze di serve; diavolerie di educande; pazienza
estrema di tutti quelli che entrano in relazione con le
suore, medico, confessore, salassatore: questi gli elementi
di cui è intessuta la burletta.
Anche un’ altra ragione ci spinge a pubblicare questi
estratti: la speranza d’invogliare qualcuno a studiar di pro-
posito la commedia dialettale napoletana in prosa del se-
colo passato, come lo Scherillo si occupò già dei libretti
dell’ opera buffa. Le commedie dialettali di quel tempo
sono notevoli così dal lato dell’ arte come dal lato del do-
cumento storico, per essere in buona parte ispirate diret-
tamente alla realtà (3).
(1) Francesco del Balzo, Duca di Anùria.
(1) Croce, I teatri di Napoli, Napoli, Pierre, 1891, pp. 464-5.
(2) Croce, o. c., pp. 391-6, 784-5.
(3) Il solo che dia intorno ad esse parecchie notizie è il Croce, o. c.