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2 CASA DETTA DEL FAUNO

» bronzo che ci abbiano conservati gli scavi Pompeiani, e di una tale conservazione da impreziosirne
» viepiù la sua rara bellezza. In essa è rimarchevole una perfetta corrispondenza di parti così rara a
» trovarsi nelle figure dell' arte, e quasi impossibile ad incontrare nel vero. Poiché al torso sono
» corrispondenti di un istessissimo carattere di forme e le braccia, e le gambe e le parti tutte del corpo
» di questo Fauno, in cui i muscoli sono espressi così acconciamente, e sì d'accordo con i movimenti
» delle sue membra che l'arte non può far meglio. E si ravvisa eziandio sulla epidermide o superficie
» del metallo (di cui è fatto) un non so che di morbido e di pastoso che non è certamente l'opera
» del più diligente cesello, nò della più esperta lima, ma bensì il tatto molle, morbido, e discorrevole
» delle più esperte dita sopra docile materia : il che ci convince che l'arte fusoria degli antichi sapeva
» trasportare in metallo tutte le squisitezze di esecuzione dei modelli di cera, o di creta, senza lasciare
» al cesellatore nò bave da levar via nò asprezze da lisciar col cesello. La qual cosa non ci recherà
» meraviglia ogni qual volta si pensi, che la piccola cucinetta di un pover' uomo di Pompei dava più
» da fare all' arte fusoria degli antichi, che non dà alla nostra fusione una intera casa dei tempi
» nostri. Le arti del bello nei tempi di allora s'intromettevano a tutti i bisogni del viver civile,
» penetravan da per tutto, non vi era porta che loro fosse chiusa. Non solo le superfluità, ma anche
» i bisogni della vita loro andavan soggetti. Tutti i mestieri, tutte le industrie, tutte le condizioni
» ad esse pagavano il loro tributo. Eran regolatrici del lusso e delle fogge, ministri delle religioni,
» compagni inseparabili di tutti gli usi, di tutti gli affari, di tutti i piaceri. Il soldato portava loro le
» armi con cui guerreggiava, il gladiatore quelle con cui combatteva ; dal boccale fìttile delle taverne
» alla coppa d'oro dell'opulento, su tutto imprimevano le tracce del loro dominio. A questo tributo
» volontario che l'antichità pagava alle arti del disegno è da attribuirsi la perfezione a cui eran salite ;
» altezza a cui indarno aspirano di poter giungere le nostre arti, che disusate troppo restano a mezza
» via. Ecco perchè così varie, abbondanti e considerate nelle invenzioni, così perfette nelle esecuzioni
» ci sembrano le fusioni degli antichi, che dovevano aver mezzi più facili e spediti di noi, che venivan
» loro suggerite dalla continuità dell'esercizio, che è agli accorgimenti delle arti il primo e più
» potente incitamento, e sorgente delle utili invenzioni per perfezionare le cose ». Il carattere del nostro
Fauno abbenchè robusto e risentito non rammenta nò quello dell'Ercole, nò quello del Gladiatore, ma
svela un tipo tutto suo proprio che tiene il mezzo fra questi due. Il dotto Lanzi citava come l'ideale
di un Fauno quello detto della Villa Adriana, e che si ammira nel Museo Pio dementino. Ora però
se al chiarissimo scrittore fosse dato vederlo, non potrebbe davvero torre il vanto al Faunetto Pompeiano
d'essere questo il tipo artistico di quella antica divinità. Quelle braccia sollevate, e tutta la movenza
della persona nuda ed in atto di danza ebrifestante, è tale che bene a ragione unico, e non singoiar
monumento, ò da tenersi questa vera gemma dell'antica Pompei *', la quale abbenchè non sia forse
di grande importanza all'occhio investigatore dell'archeologo, torna nondimeno d'imitabile esempio
per le arti del bello.

Come sopra accennammo, il pronto ritrovamento del descritto bellissimo Faunetto intitolò questa
casa. Non facile però sarebbe stato rinvenire chi ne fosse l'antico suo possessore, o la sua condizione
per poterla con proprietà maggiore denominare, pur quando la critica dall' entusiasmo vinta non fosse
stata. Ed in vero le opinioni accennate di poi intorno a tale argomento non sono da contentare di
molto, abbenchè ingegnosa ci sembri quella espressa dal citato chiarissimo Bechi. La infinita quantità
di anfore di tutte le forme, e di tutte le grandezze che ne'luoghi più cospicui di questa abitazione
si sono rinvenute, fecero dire a taluni che quivi una fabbrica fosse di coteste anfore. Ma il Bechi
combattendo tale leggiera opinione ben osservava che il non essersi rinvenuta la fornace, e poi il
paragone di sì ricca casa e sì povera fattura, come quella di rozzi vasi di creta, sembran cose da
non potersi insieme associare, né stare nei confini del verisimile. Egli opina in vece che appartenere
dovesse ad un ricco mercatante di vini per quelle anfore rinvenute, e per molti ornamenti e molti
mosaici quivi scoverti, tutti al culto di Bacco dedicati. A conforto di questa sua opinione aggiunge il
Bechi, che tutte le anfore ritrovate negli atri, e nei peristili potevano essere per momentanee circostanze
situate (giacché declinando l'autunno fu ricoperta Pompei), e che finite le occorrenze della vendemmia,
e riposti i vini nelle anfore si potevano o serbare o spedire secondo che bisognava : né il contrasto
che offre la sontuosità della casa col commercio di quella industria recar deve meraviglia, perocché
anche ai dì nostri, egli aggiunge, di questo contrasto ci fan fede i più be' palagi di Venezia di Genova
e Firenze, i quali furono edificati da' cittadini nella mercatura arricchiti, e che possessori di case
piuttosto regie che private, non discontinuavano per questo dal mercatare.

1 Vedi intorno al vero tipo artistico di questa divinità le dotte opinioni del Creuzer nel suo lavoro sulle religioni dell'antichità v. Ili, p. I, p. 137. ed. Guigii.
 
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