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CASA

DETTA DF CASTORE E POLLUCE

Ilei gennaio del 1828 cominciossi a dissotterrare questa casa che è fra le più sontuose di quante
adornano la elegante Pompei. L'architetto Niccola d'Apuzzo in quel torno preposto a dirigere le opere
dello scavo imbattendosi nel prospetto maggiore del nostro edilìzio, e traendo argomento dalle decorazioni
architettoniche della facciata congetturò, nella sua giornaliera relazione inviata alle superiori autorità,
che questo edifizio destinato fosse a qualche comunanza di cittadini, soggiungendo che dietro il muro
del prospetto forse stava una specie di Collegium Mercatorum, per le molte immagini di Mercurio
quivi presso rappresentate. Ma tale prima divinazione, annunziata con le parole che testualmente abbiamo
riportate dal d' Apuzzo, ebbe presto ad essere smentita dal suo stesso autore ; il quale, non appena
con T andar dello scavo s'introdusse in questo luogo, convenne seco stesso della erroneità del suo
proposito, soggiungendo, pochi dì appresso nel suo giornale, che salva una sola immagine di Mercurio,
sotto le sembianze del dio dei ladri, come egli scriveva, ripetuta nella faccia meridionale di un pilastro
in un nobile atrio nell'interno dell'edifizio, nuli'altro rinveniva che la prima idea confortasse. Rifiutata
questa prima idea l'altra vera e indubitata prevalse nel riconoscere in questa la casa di un privato;
soggiungendo, poco dopo il d'Apuzzo, che certamente esser doveva ad un tempo la dimora del più
nobile e dovizioso cittadino di Pompei. Sia come vuoisi di questa gratuita ipotesi, fu allora che
sgombrando le materie vulcaniche dall'adito segnato col n.° 3. nella nostra pianta della tav. I, e quivi
rinvenute due immagini bellissime dei gemelli di Leda, null'altro che in grazia di tali rappresentanze,
senza accurate indagini, senza critici argomenti che al vero si accostassero intorno all'antico signore
dell'antica casa, così, alla buona, come fu ognora deplorabile costume dai primi istanti degl'intrapresi
scavi fin oggi, per tali rappresentanze e non altro, venne a questa dimora con improprietà e leggerezza
imposto il nome di Castore e Polluce, come se agli eroici Dioscuri fosse stata stanza l'antica nostra
Pompei. Non pertanto questa mal propria denominazione volgarmente prevalse, ad onta che disseppellito
poscia ogni adito della domestica dimora pure altri col nome di Casa del Questore la denominasse.
Fu meno assurdo se vuoisi il novello titolo, ma la congettura che cotal titolo impose crediamo non
sia più felice ne verosimile del nome istesso. Così fatta congettura fu pubblicata dal Bechi, e da vari
altri poscia accettata, talché molti oggi pur chiamano Casa del Questore quella che i più denominano
Casa di Castore e Polluce. 11 Bechi rammentando che le moltiplici tasse di cui consisteva l'erario
romano, specialmente nei tempi dell'impero, richiedevano senza alcun dubbio una quantità di ufficiali
sopra ciò ordinati che avessero sede ed ufficio nelle varie città, e segnatamente in quelle marittime
come Pompei, ove col commercio correvano da ogni dove le merci, soggiunge che questi ufficiali,
in quei luoghi ove i questori non risiedevano, doveano tenere le loro veci sì per esigere le tasse
come anche per pagare quelle somme che per gli approvisionamenti delle armate e per tutti gli altri
bisogni dell'annona e del governare occorrevano. 1 E prosegue in oltre che non sembragli da assicurare,
quantunque non sia fuori dalla probabilità, che in Pompei risiedesse il Questore, ma che certamente
vi esercitava funzioni uno degli ufficiali primari del Tesoro, ed importanti e gravi, e continue faccende
doveano a questi incombere sì del pagare come dell' esigere, considerando e il traffico e la situazione,

1 Real Museo Borbonico Voi. V relazione degli scavi di Pompei da aprile 1828 fino a maggio 1820. pag. 1. e nel 1829 pubblicata dal Bechi.
 
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