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2 CASA DETTA DI CASTORE E POLLUCE

e la ricchezza di questa celebre città della Campania.2 Premesso ciò sembra al Bechi che l'aver trovato
in questa sì cospicua casa di parte più late, più molte , e più ricche consistente, due casse per
denaro nel più evidente e più frequentato luogo di essa, cioè vicino all'ala del cortile corintio che
subito dopo l'ingresso della casa è situato, e 1' essere queste casse per forza, per magnificenza, per
capacità di costruzione al di là del traffico di un privato, ad altro non poteano essere destinate che
al bisogno del pubblico erario, non essendo da dubitare che qui un ufficiale del Questore, o il Questore
istesso avesse residenza, ed ufficio. 3 Senza scendere a discutere intorno a quanto il Bechi argomenta
su i diversi ufficiali deputati nei tempi dell'impero alla riscossione dei dazi, sulla presenza in Pompei
di un Questore, o di altri che quivi Io rappresentasse, sulle casse in questo edifizio rinvenute, e che,
egli congettura per la forza e magnificenza loro destinate al bisogno del pubblico erario, diremo solo
che nella nostra Pompei sta appunto la confutazione della congettura pubblicata del Bechi. Il quale,
nel distendere nel 1829 la descrizione della dimora da esso creduta del Questore pompeiano, non
appena tale dimora venne scoverta sotto gli occhi suoi, pensò nuovo ed unico il ritrovamento delle
casse quivi disotterrate. Ma tale ritrovamento non era né nuovo ne unico in quel tempo. Già innanzi
i giornali degli scavi accennarono la scoverta eli altre simili casse , in altre domestiche dimore
dell'antica città, impiantate come quelle delle quali ora facciamo parola, e che per la fragilità della
materia che le formavano, al contatto dell'aria si disfecero perdendosene così ogni traccia materiale,
come avvenne pure di queste due delle quali pochi ornamenti di bronzo poteronsi appena serbare.
Negli scavi attuati dopo quello di questa casa, creduta di un Questore, altre non poche somiglianti a
quelle quivi rinvenute tornarono alla luce in altre domestiche mura della rediviva Pompei, ed una
per sontuosità, fra le altre bellissima, che il rimpianto Avellino con l'usata dottrina del suo chiaro
ingegno illustrava. Or dopo i moltiplici esempì rinvenuti in Pompei, e simili fra loro, non è più a
credere che per la presenza delle due casse di cui è parola possa essere stata perciò la dimora che
le conteneva quella di un Questore, o di un pubblico ufficiale che lo rappresentasse. Troppi Questori
sariano stali in Pompei, nemmeno Roma ne enumerò certo cotanti. Tali casse, come oggi è manifesta
cosa, non ad altro che all'uso privato dei ricchi cittadini erano destinate, onde contenervi quanto di
più prezioso possedevano, e non certamente a serbare il denaro dei tributi del popolo. La opinione
del Bechi adunque, abbenchè da taluni seguita, sembra non pertanto da rifiutarsi di certo. Tale
opinione però non fu l'ultima emessa a questo proposito. L'alemanno architetto Zahn nella splendida
sua opera che volge più specialmente su gli ornamenti e le pitture di Pompei, di Ercolano, e di
Stabia, 4 discorrendo di volo intorno a questo argomento e rifiutando anch'esso la opinione del Bechi,
si compiace congetturare che potesse essere stata questa casa una casa di commercio, così si esprime
lo Zahn , appartenente a due fratelli soci fra loro. I figli di Leda effigiati sul limitare della porta
maggiore, le stelle che sulle loro fronti rifulgono, così dipinti i gemelli in sembianza di guide degli
antichi navigatori, accennerebbero a parer suo a tal simbolico senso, aggiungendo, in conforto della
propria opinione, che non a caso sul muro esterno di questo domestico edifizio un Mercurio ed una
Fortuna furon fatti effigiare dai pompeiani fratelli. Ma queste immagini di diversi numi sono nelle
vie di Pompei comunissime, segnatamente in quella ove la nostra casa risiede, che appunto strada di
Mercurio venne chiamata per le ripetute effigie di tal nume quivi dipinte. Né quel Castore e Polluce,
figurati nell'adito di entrata, allusione diretta aveano di certo co'possessori della casa stessa; perocché
è ormai noto come sul limitare delle loro dimore i pompeiani solcano effigiare i loro dei penati, e
come tali perciò i Dioscuri quivi dipinti sono da reputarsi. Se dunque è assurdo, e lo è di certo, il
primo titolo imposto a questa casa chiamandola di Castore e Polluce, se non può stimarsi verisimile
di molto la opinione del Bechi che la disse di un Questore, se quella dello Zahn or ora accennata, ci
si permetta la espressione, più come romanzesca e poetica che come possibile e storica è da ritenersi,
conviene, per rinvenire possibilmente chi fosse l'antico signore della nostra dimora, fondare la congettura
su qualche argomento di fatto che più al vero si accosti. E tale argomento, per felice avventura,
crediamo non sia mancalo al proposito. Quivi fra lo ammasso delle terre che ricuoprivano l'atrio
segnato nella nostra pianta col numero 7. tornò alla luce un suggello di bronzo così iscrizionato,
e che ora nel Museo Reale si serba: CN ec™ Cnaei Caetroni Eutychl 5 Tale suppellettile con
assai fondata ragione, dee farci congetturare che il nome dell'antico padrone di questa sontuosa
dimora improntasse: perocché non di altri quivi potea serbarsi il rinvenuto suggello, il quale è da

2 Real Museo Borbonico Voi. V relazione cit. pag. 2. 4 Les plus heaux ornements et les tableaux les plus remarcables de Pompei,

3 Real Museo Borbonico Voi. V relazione cit. pag. 2. Ad onta delle osservazioni d'Herculanum, et de Stabiae. Par Guillaume Zahn Volume II. IX Cahier. 90.
del Bechi notiamo, che dei Questori pompeiani si ha notizia dalle antiche lapide 5 Mommsen, Inscripliones Regni Neapolitani latinae. Pag. 359, n.6310 (48) il
osche, e da quella epigrafe latina di Vibio Pogridio che rifece i portici della quale trae la iscrizione dal giornale privatodi Amicone, che la riferisce sotto il giorno
Basilica, rinvenuta a' 24 marzo 1814. 20 marzo 1828, e dal Guarini Suggelli app. p.4. che malamente scrisse—e"™™™-
 
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