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DEC TIMO QUINTO.
lxii.
Rideva insieme, e in sieni e ella arrossia :
Ed era nel rossor più bello il riso,
E nel riso il rossor che le copria
Insino al mento il delicato viso.
Mosse la voce poi sì dolce e pia,
Che fora ciascun altro indi con qui so :
O fortunati peregrin, cui lice
Giungere in questa sede alma e felice !
lxiii.
Questo è il porto del mondo , e qui il ristoro
Delle sue noje, e quel piacer si sente,
Che già sentì ne' secoli dell' oro
L'antica e senza fren libera gente.
L'arme che fin a qui d'uopo vi foro,
Potete ornai depor sicuramente,
E sacrarle in quest' ombra alla quiete :
Che guerrier qui solo d' Amor sarete.
lxiv.
E dolce campo di battaglia il letto
Fiavi, e l'erbetta morbida de' prati.
Noi menerenvi anzi il regale aspetto
Di lei, che qui fa i servi suoi beati :
Che v' accorrà nel bel numero eletto
Di quei eh' alle sue gioje ha desinati.
Ma pria la polve in q li e si e acque deporre
Vi piaccia, e'1 cibo a quella mensa torre.
lxv.
L' una disse così : 1' altra concorde
L'invito accompagnò d'atti, e di sguardi :
Siccome al suori delle canore corde
S'accompagnano i palli or presti, or tardi.
Ma i cavalieri hanno indurate e sorde
L'alme a que' vezzi perfidi e bugiardi :
E'1 lusinghiero aspetto, e'1 parlar dolce
Di fuor s'aggira, e solo i sensi molce.
 
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