GUGLIELMO PACCHIONI
fatto largo uso e l’Angelico, adottandolo per la sua predicazione di Santo Stefano non seppe
nè vivificarlo nè adottarlo bene ai personaggi. Santo Stefano non deve nè disputare nè teo-
logizzare davanti al suo popolare uditorio ma deve avvincere i cuori con la eloquenza calda
della fervente passione di neofita; nè d’altra parte le ascoltatrici sembrano intente alla ri-
velazione di misteri della fede ma mostrano piuttosto (ad esempio nella figura che incrocia
le mani sul petto e leva il viso in atto di estatica adorazione e nell’ altra che stringe le
mani giunte e si protende lievemente con una mossa piena di fervore) una commozione
piena di abbandono. Dietro il gruppo delle donne è un gruppo di ascoltatori : due giovani
fissano il santo intensamente, un altro, più a sinistra, commenta le sue parole volgendosi
a un vecchio maestoso e barbuto.
L’architettura del fondo che in questa lunetta invade e compenetra anche il riquadro
destro non è meno fantastica delle precedenti ; nei palazzi, nella tetra fortezza del mezzo, nelle
pesanti torri merlate è stranamente mischiato un non so che di slanciato e di massiccio, di
seve ro e di posticcio al tempo stesso :
caratteri tutti che bene si spiegano avendo
seguito il trasformarsi lento de’ paesaggi
che l’Angelico amava dar come fondo ai
suoi quadri.
Nella scena in cui vediamo Santo Ste-
fano davanti al Consiglio degli Anziani
la composizione si fa quasi giottesca :
nella sala dal pavimento marmoreo le fi-
gure stanno come entro una gabbia, i
piani non sfondano se non scarsamente
e la prospettiva è, in buona parte, sba-
gliata. Il giudice dalla lunga barba nera
è in atto maestoso ma eccessivamente
eratico e freddo ; il Santo con l’indice
destro alzato verso il cielo sembra invo-
care sulle sue parole la testimonianza di-
vina o profferire minacciose profezie : è
senza dubbio la più efficace figura della
scena. Nel gruppo che gli sta dietro sono
alcune teste piene di vigorosa energia
quali l’Angelico sapeva alle volte creare per i suoi patriarchi e i suoi santi; il pittore sa
questa volta approfittar bene delle risorse tecniche riuscendo ad ingannar l’occhio dell’os-
servatore in modo da dare con quattro sole teste (e una neppure intera) la illusione di una
folla di persone.
Stereotipata e vuota è al contrario la movenza delle due rigide figure a sinistra che al-
zano entrambe il braccio in quasi identica maniera come se l’una non fosse che l’ombra
dell’altra.
Nella terza lunetta sull’elemento rappresentativo prevale l’elemento narrativo e le due
storie che la occupano anziché costituire due episodi staccati, si continuano l’una nell’altra
al modo che usarono spesso Giotto e i Giotteschi. Se non che nel nostro pittore la facoltà
narrativa era assai meno spontanea e assai meno esercitata e in questa sua prova più che
ad esporci una scena nel suo svolgersi è riuscito a sdoppiare in due uno stesso episodio.
A sinistra S. Stefano è cacciato fuor dalle mura della citta (fig. 3) dalla turba iraconda dei
suoi accusatori: l’uno, un uomo dalla lunga e folta barba che già sta per uscir dalla porta, lo
trascina per le braccia e per le spalle mentre un altro col braccio teso lo sospinge ; dietro,
a sinistra, altre tre figure minaccianti di cui soltanto la prima, un vecchio canuto e torvo che
si stringe al petto il mantello per esser più pronto alla offesa, vedesi interamente. Il Santo
fatto largo uso e l’Angelico, adottandolo per la sua predicazione di Santo Stefano non seppe
nè vivificarlo nè adottarlo bene ai personaggi. Santo Stefano non deve nè disputare nè teo-
logizzare davanti al suo popolare uditorio ma deve avvincere i cuori con la eloquenza calda
della fervente passione di neofita; nè d’altra parte le ascoltatrici sembrano intente alla ri-
velazione di misteri della fede ma mostrano piuttosto (ad esempio nella figura che incrocia
le mani sul petto e leva il viso in atto di estatica adorazione e nell’ altra che stringe le
mani giunte e si protende lievemente con una mossa piena di fervore) una commozione
piena di abbandono. Dietro il gruppo delle donne è un gruppo di ascoltatori : due giovani
fissano il santo intensamente, un altro, più a sinistra, commenta le sue parole volgendosi
a un vecchio maestoso e barbuto.
L’architettura del fondo che in questa lunetta invade e compenetra anche il riquadro
destro non è meno fantastica delle precedenti ; nei palazzi, nella tetra fortezza del mezzo, nelle
pesanti torri merlate è stranamente mischiato un non so che di slanciato e di massiccio, di
seve ro e di posticcio al tempo stesso :
caratteri tutti che bene si spiegano avendo
seguito il trasformarsi lento de’ paesaggi
che l’Angelico amava dar come fondo ai
suoi quadri.
Nella scena in cui vediamo Santo Ste-
fano davanti al Consiglio degli Anziani
la composizione si fa quasi giottesca :
nella sala dal pavimento marmoreo le fi-
gure stanno come entro una gabbia, i
piani non sfondano se non scarsamente
e la prospettiva è, in buona parte, sba-
gliata. Il giudice dalla lunga barba nera
è in atto maestoso ma eccessivamente
eratico e freddo ; il Santo con l’indice
destro alzato verso il cielo sembra invo-
care sulle sue parole la testimonianza di-
vina o profferire minacciose profezie : è
senza dubbio la più efficace figura della
scena. Nel gruppo che gli sta dietro sono
alcune teste piene di vigorosa energia
quali l’Angelico sapeva alle volte creare per i suoi patriarchi e i suoi santi; il pittore sa
questa volta approfittar bene delle risorse tecniche riuscendo ad ingannar l’occhio dell’os-
servatore in modo da dare con quattro sole teste (e una neppure intera) la illusione di una
folla di persone.
Stereotipata e vuota è al contrario la movenza delle due rigide figure a sinistra che al-
zano entrambe il braccio in quasi identica maniera come se l’una non fosse che l’ombra
dell’altra.
Nella terza lunetta sull’elemento rappresentativo prevale l’elemento narrativo e le due
storie che la occupano anziché costituire due episodi staccati, si continuano l’una nell’altra
al modo che usarono spesso Giotto e i Giotteschi. Se non che nel nostro pittore la facoltà
narrativa era assai meno spontanea e assai meno esercitata e in questa sua prova più che
ad esporci una scena nel suo svolgersi è riuscito a sdoppiare in due uno stesso episodio.
A sinistra S. Stefano è cacciato fuor dalle mura della citta (fig. 3) dalla turba iraconda dei
suoi accusatori: l’uno, un uomo dalla lunga e folta barba che già sta per uscir dalla porta, lo
trascina per le braccia e per le spalle mentre un altro col braccio teso lo sospinge ; dietro,
a sinistra, altre tre figure minaccianti di cui soltanto la prima, un vecchio canuto e torvo che
si stringe al petto il mantello per esser più pronto alla offesa, vedesi interamente. Il Santo