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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 12.1909

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https://doi.org/10.11588/diglit.24137#0122

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BIBLIOGRAFIA

ciò una sua «teorica»1; quando in figure completa-
mente insignificanti di Jacobello del Fiore (pag. 414)
giunge a credere tanto differente il «sentimento delle
figure : nevrotico nel San Michele e nel San Gabriele
di Jacobello; calmo e tranquillo nel San Grisogono»;
quando a pag. 337 sostiene che colui che può aver
sbagliato il numero degli angeli in un quadro, e in-
vece di 5 ne cita 4, dimostra di non aver imparato a
vedere le opere d’arte; quando dinanzi alla Madonna
di Lorenzo Veneziano, che si trova nella cappella di
San Tarasio a Venezia, non s’accorge che è stata ri-
dipinta da Antonio Vivarini o Giov. d’Alemania alla
metà del 400, allorché fu inclusa nella loro ancona,
ma anzi afferma (pag. 337) che il rilievo della figura
è tanto forte da uguagliare quello di Niccolò di Pietro,
già artisticamente quattrocentista, senza nemmeno darsi
la pena di osservare che tutte le altre figure di Lo-
renzo non accennano nemmeno a un simile metodo
di rilievo, e confonde così il modo di colorire della
metà circa del Trecento con quello della metà del
Quattrocento ; quando tutto ciò si unisca al ricordo
di quanto è stato sinora citato, allora il dubbio sulla
preparazione a parlare di pittura assume un valore
impressionante.

E ci si presenta naturale la domanda: E la pre-
parazione del conoscitore l’ha fatta mai? Lia viag-
giato? Egli dichiara di aver visitato gallerie straniere;
nell’® Arena » di Verona (14-15 febbraio 1909); egli
parla di aver cercato e studiato « minutamente i quadri
della scuola di Colonia sparsi a Monaco, Colonia, Ber-
lino » (pag. 354).2 Ma è vero?

A Stuttgart il T. non è andato mai. Vi si conserva
una tavola di Paolo da Venezia le cui iscrizioni egli
riporta in modo curioso: le ha copiate dal mio libro;

1 Quanto creda egli stesso alla sua teorica è dimostrato dalla
pag. 472 in cui si parla dell’influenza del Mantegna su Raffaello.

2 Conosce egli davvero la Mad. n. 13 Mei Museo di Colonia?
Oh ! se la conosce come non s’è accorto che corrisponde perfetta-
mente alla mia descrizione? Come invece egli scrive «nel Museo
di Colonia non esiste una Madonna di maestro Guglielmo»? E an-
cora : «Noi invitiamo formalmente il signor V. a dirci sotto qual
numero del museo di Colonia si trovi la Madonna da lui citata »?
Oh che c’entra l’invito formale, se il T. conosce la Madonna?
Perchè ora la si attribuisce non più a Guglielmo ma alla sua scuola?
Or sappia il signor T. che nella Geschichte dei■■ Kohier Maler-
schule (100 Lichtdrucktafeln mit erklarendem Text, herausge-
geben von Ludwig Schreibler und Cari Aldenhoven, Erste Liefe-
rung, Liibeck 1894) la Madonna n. 13 è ancora citata come di
Guglielmo; e sappia anche che l’Aldenhoven, il quale poi mutò
parere e l’attribui a uno scolaro molto vicino al maestro detto
« der Meister des Claren-Altars », attribuisce il tondo che il Testi
pubblica come di Guglielmo a pag. 359 a un, tardo seguace di lui.
(Cfr. C. Aldenhoven, Geschichte der Kolner Malerschule, Liibeck,
1902, pag. 71 e 148). E perchè non si creda che «il molto vicino
al maestro» sia una mia aggiunta, citerò questo passo dell’Alden-
hoven: «Da liegt es nahe, den Namen mit dem Ivunstwerk zu
verbinden und man wird auch fernerhin den Maler des Claren-
Altares «Meister Wilhelm» nennen diirfen». (pag. 61).

poi perchè la riproduzione che egli ha avuto sott’occhi
non è chiara, ha messo fra parentesi quadre, come se
fossero integrazioni, le parole che non riusciva à ve-
dere nella riproduzione, ma che invece esistono come
le altre ; non solo, ma nota che una delle scritte ha
(pag. 199) « parole che forse danno origine alla figu-
razione del Padre Eterno a braccia aperte... quan-
tunque la Leggenda aurea non faccia parola del Padre
Eterno, ma della Trinità ». La cattiva riproduzione
infatti nasconde nell’orlo del cerchio, la colomba; il
che non toglie però che la colomba ci sia nel quadro,
e vi si vegga chiaramente. Fin qui non ci sarebbe
gran male: io non sono senza peccato. Il male co-
mincia quando, perchè il Cavalcasene aveva creduta
falsa la firma e io invece l’ho ritenuta autentica, il T.
sentenzia: «A noi l’iscrizione sembra dubbia paleo-
graficamente». Ah no! l’iscrizione della firma è tanto
poco visibile che solo l’esame del quadro può indi-
carla. Dunque, signor Testi, niente « a noi » ! Ella che
non ha potuto vedere nè la colomba nè alcune parole
dei passi della leggenda, non è stata a Stuttgart mai.
E perciò... silenzio sulla firma! Riporti le opinioni
degli altri e basta.

A chi in tal modo inganna il pubblico torna in
sorte naturale di non esser creduto più.

* * *

Come poteva dunque il T. fare un libro sulla
pittura primitiva veneziana, senza preparazione storica
nè artistica; e tuttavia tentare di attrarre l’attenzione
del pubblico?

Confrontando le parole di coloro che scrissero sullo
stesso soggetto, egli ha trovato facilmente delle con-
tradizioni. Ognuna di esse è ingrossata, coltivata, ri-
petuta per pagine e pagine ; e su questa base, con
l’aggiunta di qualche notizia trascurata e di molti er-
rori imprevedibili, il T. ha scritto un volume di 554
pagine. Anche per far ciò occorre fatica, e sarebbe
sopportabile, e non ingannerebbe il pubblico, se egli
avesse avuto la prudenza d’intitolare il lavoro : « Spul-
ciamento delle opere stampate sulla pittura veneziana
primitiva ».

Ma sarebbe necessario che lo spulciamento, fosse
condotto sempre in buona fede : se sia tale esami-
niamo ora.

Perchè ho scritto un libro sullo stesso soggetto e
ho partecipato allo stesso concorso, io sono il natu-
rale bersaglio del Testi. Quante volte mi cita? Sem-
pre, a tutte le pagine, talora due o tre volte nella
stessa pagina. Niente paura, lettore ! Non rispondo a
tutti gli attacchi. Perchè lo farei ? Perchè mi leggesse
solo il Testi? E poi, egli ha impiegato, sì, due anni
per tentare di demolirmi (1907-1909); ma io voglio
occuparmi di lui colo per una settimana.
 
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