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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 12.1909

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Fasc. 2
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Corrieri
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https://doi.org/10.11588/diglit.24137#0198

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CORRIERI

Da Sant’ Antonio, scendendo giù per il paese che
segue il corso come di una interminabile scala, s’in-
contra la modestissima chiesetta di Santa Croce, il
cui altare è decorato di alcune sculture quattrocen-
tesche, e la chiesa di Santa Margherita dove si os-
serva una tavoletta pur essa del '400, di carattere si-

Paternò, Chiesa del Carmine
Madonna col Bambino

ciliano, rappresentante San Filippo, ed attribuita er-
roneamente ad Antonello da Messina.

Fra le opere d’arte sono, inoltre, notevoli due co-
dici pergamenacei del '4 e '500, posseduti dalla pic-
cola biblioteca civica, cioè un psalterio della B. Ver-
gine con annotazioni in francese, avente tre sole mi-
niature superstiti: il giudizio di Salomone, l’Annun-
ciazione, e il Crocifisso; ed un esemplare dell’opera

dello storico Giustino con bella miniatura nel fronte-
spizio.

Ma la chiesa principale di Agira, cui cedon tutte
le altre, è quella di San Filippo, il celebre tauma-
turgo, attorno a cui si son tessute tante leggende.

È una grande fabbrica, rimodernata nel '700, che
si pregia di un ricco coro dello stesso tempo, nel
quale ogni stallo è decorato a bassorilievo di una
scena riferentesi alla vita di San Filippo, opera di Ni-
colò Bagnasco di Giovanni da Palermo ; di tre tavole
facenti parte di un polittico del quattrocento con le
rappresentanze della Vergine col Bambino, di Sant’Eu-
sebio e di San Luca (queste due ultime collocate
oggi disgraziatamente in un’edicola moderna tutta
inargentata che guasta l’effetto dell’opera d’arte), e
di qualche buona tela del tardo cinquecento, come
quella della cappella del Rosario rappresentante l’A-
dorazione dei Magi.

Ma un capolavoro di scultura è nascosto nella sot-
tostante cripta, dove finora è stata ritenuta quale opera
gaginesca una statua funebre in marmo lucido raffi-
gurante il Santo Titolare che ha carattere, invece, del
tutto seicentesco. E tale capolavoro, ch’io notai con
indicibile sorpresa, è nascosto da un rozzo altare.

In una bella edicola, decorata all’intorno di teste
di angeli, sorge la figura di San Filippo a bassori-
lievo, in sembianze giovanili bellissime con nascente
barbetta, in atto di sorreggere con la sinistra un vo-
lume. Nella lastra, in alto, è inciso il nome: S. PHV.

Trattasi di un lavoro molto elegante e fine dei
primi del cinquecento, assolutamente sconosciuto, la-
voro appartenente a quel primo periodo antonellesco
che è il più geniale e suggestivo. Il Di Marzo, che di
certo non vide mai Agira, si limita a notare un do-
cumento che adesso per me è di un valore prezioso,
dal quale risulta che Antonello, con contratto del i°
febbraio 1512, si obbligò ad eseguire per Agira una
imagine in marmo.1 E l’imagine, secondo me, è ap-
punto questa di San Filippo, tenuta nel più deplo-
revole abbandono, e della quale intendo occuparmi
distesamente, affinché gli studiosi possano ancora una
volta conoscere a quale altezza, per opera di Anto-
nello Gagini, salì la scultura siciliana nell’aureo Ri-
nascimento.

E. Mauceri.

1 Cf. I Gagini. — Voi. I, pag. 266.
 
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