CORRIERI
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domandare, dov’è andata a finire la tela ricordata
dal Lanzi? S’intende già che alla mia domanda nes-
suno penserà di rispondere.
Quella da me diligentemente esaminata nel palazzo
arcivescovile e proveniente dalla chiesa della Torre,
checché possan dire in contrario gli interessati, ha
tutta la freschezza di un’opera originale. O io m’in-
ganno, quindi, dicendo ch’essa appartiene in gran
parte, oltre che per la composizione, al pennello del
caposcuola, che volentieri ai quadri dell’allievo « facea
ritocchi », o è questa la più bella, la più perfetta
copia che imitatore del Barocci abbia mai eseguita.
Supera la splendida pittura, sensa eccezione di sorta,
ogni altra copia baroccesca condotta dallo stesso Vi-
tali diligentissimo, o dal Viviani, che fu indubbia-
mente il più ardito, il più valoroso discepolo di Fe-
derico Barocci. Urbino non può vantare, fra le tele
baroccesche che possiede, altro lavoro che possa com-
petere con questa genialissima opera salvatasi per
miracolo dalla tempesta napoleonica e che gli amici
delle cose belle dovrebbero augurarsi di vedere tra-
sportata nella galleria cittadina — tanto più che la
tela proviene dalla Torre, che è proprietà comunale —
fra le più care e nobili produzioni della scuola urbi-
nate della prima metà del seicento.
Il campanile di S. Francesco in Ripatransone.—
La chiesa di S. Maria Magna o di S. Francesco, la cui
costruzione si fa risalire al 1246, era senza dubbio il
più cospicuo monumento dell 'Arce del Piceno. Ma,
Ripatransone.
L’ex convento e la torre di S. Francesco
avvenuta la soppressione, il bel tempio venne abban-
donato a sé stesso e, poiché il tetto minacciava ro-
vina, d’ordine di mons. Monacelli, nel 1825 fu sco-
perchiato e trascurato come cosa inutile, vergogno-
samente. Donde il felice epigramma, come riferisce
il Grigioni (Guida artistica di Ripatransone, ivi, 1906I :
Ouod fecenmt Monaci, defecit Monacelli.
Rimaneva del grandioso edificio il Campanile, che
fu cominciato a costruire nel 1471 da tal M. Barto-
lomeo Rosso. Ma anche questo, che da qualche anno
ha perduta la cuspide, minaccia di cadere. Intanto
circola in paese una fiera protesta, che va coprendosi
di firme, contro la decisione presa dalla locale Con-
gregazione di carità, proprietaria della torre, che, col
pretesto che l’elegantissimo campanile sia pericolante,
mentre ciò non è conforme al vero — così affermano
i ripani protestanti — ne ha ordinata la demolizione.
Con l’augurio che le autorità competenti riescano,
se è possibile, a salvare dalla minacciata distruzione
la bella e ardita costruzione quattrocentesca, chiudo
il presente corriere, che avrei desiderato apportatore
di più liete notizie. Mentre sto per impostare, mi si
assicura che della torre si demolirà soltanto la cella
campanaria.
Ascoli Piceno, 12 aprile 1909.
E. Calzini.
Notizie Romane.
Il riordinamento della Pinacoteca Vaticana. —
Tra i più notevoli avvenimenti della vita artistica ro-
mana di quest’anno è da porsi l’inaugurazione della
Pinacoteca Vaticana, completamente rinnovata ed ar-
ricchita. Roma e l’Italia vantano una nuova bellezza,
perchè infatti l’opera compiuta per volere di papa
Pio X è molto più che non un semplice rimaneggia-
mento di una vecchia galleria, ma è veramente la
creazione di una cosa nuova e bella.
Le opere d’arte, anche le più nobili, hanno neces-
sità di essere collocate in modo degno per potersi
presentare all’ammirazione del pubblico con tutto il
loro valore, e non si può averne la comprensione
completa se non là dove chi ammira non è disturbato
da disarmonie di forme e di colori.
La visione dei quadri ora riordinati, richiedeva prima
in chi li andava ricercando nelle traballanti sale dove
stavan raccolti in Vaticano, entro le vetrine buie del
Museo cristiano o nei gelidi e squallidi cameroni del
Laterano, qualità veramente eccezionali di astrazione
e di concentrazione. Chi non riusciva ad isolarsi, a
difendersi dalle sgradevoli disarmonie era preso come
da un amaro senso di delusione e di sconforto.
Creare un ambiente armonico, dove poter collocare
opere diverse fra di loro è che, per il numero non
consentivano veri e propri raggruppamenti organici,
era il problema più difficile che si presentava ai rior-
dinatori, ed essi hanno saputo quasi in tutto risol-
verlo.
Se una critica deve muoversi alla galleria vaticana,
questa può trarsi dal luogo scelto per collocare i quadri
dell’antica Pinacoteca, del Museo cristiano e del La-
terano, e dal numero dei locali.
Quella fila di sale e salette, tagliate a mezzo da
un’anticamera, non é certamente simpatica, ed io credo
che negli immensi Palazzi Apostolici si sarebbero po-
L’Arte, XII, 30.
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domandare, dov’è andata a finire la tela ricordata
dal Lanzi? S’intende già che alla mia domanda nes-
suno penserà di rispondere.
Quella da me diligentemente esaminata nel palazzo
arcivescovile e proveniente dalla chiesa della Torre,
checché possan dire in contrario gli interessati, ha
tutta la freschezza di un’opera originale. O io m’in-
ganno, quindi, dicendo ch’essa appartiene in gran
parte, oltre che per la composizione, al pennello del
caposcuola, che volentieri ai quadri dell’allievo « facea
ritocchi », o è questa la più bella, la più perfetta
copia che imitatore del Barocci abbia mai eseguita.
Supera la splendida pittura, sensa eccezione di sorta,
ogni altra copia baroccesca condotta dallo stesso Vi-
tali diligentissimo, o dal Viviani, che fu indubbia-
mente il più ardito, il più valoroso discepolo di Fe-
derico Barocci. Urbino non può vantare, fra le tele
baroccesche che possiede, altro lavoro che possa com-
petere con questa genialissima opera salvatasi per
miracolo dalla tempesta napoleonica e che gli amici
delle cose belle dovrebbero augurarsi di vedere tra-
sportata nella galleria cittadina — tanto più che la
tela proviene dalla Torre, che è proprietà comunale —
fra le più care e nobili produzioni della scuola urbi-
nate della prima metà del seicento.
Il campanile di S. Francesco in Ripatransone.—
La chiesa di S. Maria Magna o di S. Francesco, la cui
costruzione si fa risalire al 1246, era senza dubbio il
più cospicuo monumento dell 'Arce del Piceno. Ma,
Ripatransone.
L’ex convento e la torre di S. Francesco
avvenuta la soppressione, il bel tempio venne abban-
donato a sé stesso e, poiché il tetto minacciava ro-
vina, d’ordine di mons. Monacelli, nel 1825 fu sco-
perchiato e trascurato come cosa inutile, vergogno-
samente. Donde il felice epigramma, come riferisce
il Grigioni (Guida artistica di Ripatransone, ivi, 1906I :
Ouod fecenmt Monaci, defecit Monacelli.
Rimaneva del grandioso edificio il Campanile, che
fu cominciato a costruire nel 1471 da tal M. Barto-
lomeo Rosso. Ma anche questo, che da qualche anno
ha perduta la cuspide, minaccia di cadere. Intanto
circola in paese una fiera protesta, che va coprendosi
di firme, contro la decisione presa dalla locale Con-
gregazione di carità, proprietaria della torre, che, col
pretesto che l’elegantissimo campanile sia pericolante,
mentre ciò non è conforme al vero — così affermano
i ripani protestanti — ne ha ordinata la demolizione.
Con l’augurio che le autorità competenti riescano,
se è possibile, a salvare dalla minacciata distruzione
la bella e ardita costruzione quattrocentesca, chiudo
il presente corriere, che avrei desiderato apportatore
di più liete notizie. Mentre sto per impostare, mi si
assicura che della torre si demolirà soltanto la cella
campanaria.
Ascoli Piceno, 12 aprile 1909.
E. Calzini.
Notizie Romane.
Il riordinamento della Pinacoteca Vaticana. —
Tra i più notevoli avvenimenti della vita artistica ro-
mana di quest’anno è da porsi l’inaugurazione della
Pinacoteca Vaticana, completamente rinnovata ed ar-
ricchita. Roma e l’Italia vantano una nuova bellezza,
perchè infatti l’opera compiuta per volere di papa
Pio X è molto più che non un semplice rimaneggia-
mento di una vecchia galleria, ma è veramente la
creazione di una cosa nuova e bella.
Le opere d’arte, anche le più nobili, hanno neces-
sità di essere collocate in modo degno per potersi
presentare all’ammirazione del pubblico con tutto il
loro valore, e non si può averne la comprensione
completa se non là dove chi ammira non è disturbato
da disarmonie di forme e di colori.
La visione dei quadri ora riordinati, richiedeva prima
in chi li andava ricercando nelle traballanti sale dove
stavan raccolti in Vaticano, entro le vetrine buie del
Museo cristiano o nei gelidi e squallidi cameroni del
Laterano, qualità veramente eccezionali di astrazione
e di concentrazione. Chi non riusciva ad isolarsi, a
difendersi dalle sgradevoli disarmonie era preso come
da un amaro senso di delusione e di sconforto.
Creare un ambiente armonico, dove poter collocare
opere diverse fra di loro è che, per il numero non
consentivano veri e propri raggruppamenti organici,
era il problema più difficile che si presentava ai rior-
dinatori, ed essi hanno saputo quasi in tutto risol-
verlo.
Se una critica deve muoversi alla galleria vaticana,
questa può trarsi dal luogo scelto per collocare i quadri
dell’antica Pinacoteca, del Museo cristiano e del La-
terano, e dal numero dei locali.
Quella fila di sale e salette, tagliate a mezzo da
un’anticamera, non é certamente simpatica, ed io credo
che negli immensi Palazzi Apostolici si sarebbero po-
L’Arte, XII, 30.