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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 12.1909

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Fasc. 3
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Corrieri
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236

CORRIERI

nieri ed anche ad una certa maggior decenza — que-
st’anno potremmo chiamarlo quasi lusso! — nell’ad-
dobbo e nella ricerca di un effetto d'insieme armonioso
ed organico.

Tuttavia in questa ultima Esposizione io sento ali-
tare un certo tanfo di chiuso, di freddo e, se non
erro, il fatto non nuovo nelle sorti delle Esposizioni
italiane, è dovuto, da una parte, ad unilateralità di
vedute dei membri della Giuria troppo simpatizzanti
fra loro, se non con la grande massa degli artisti, e
d’altro canto, alla xenoflia eccessiva che è la virtù
che infesta così spesso noi poveri Italiani.

Il grande pericolo degli inviti troppo estesi e troppo
leggermente estesi, mai come quest’anno è apparso
in tutta la sua deleteria influenza. E sarà gran bene
che le Giurìe di tutte le Esposizioni si persuadano,
una buona volta, che non col troppo comodo sistema
degli inviti, gli artisti stranieri od italiani anche, sa"
ranno allettati a partecipare a questa o a quella Mostra ;
ma soltanto quando essi trovino garanzìe serie di ec-
cletismo largo ed imparziale e simpatia intellettuale
nell’ambiente in cui le mostre hanno luogo.

Tuttavia fra le tantissime tele — oh ! perchè la
Giurìa che, a quel che dicesi, è stata tanto severa,
non ha negato l’accesso ancora ad un buon terzo
delle opere esposte?... — qualcheduna è veramente
notevole, ed io ripenso con entusiasmo al magnifico
« Monte Circeo » del Sartorio.

Ecco un quadro, che pur non avendo il pregio del-
Vinedito, interessa e conquide ognora di più, Intorno
a quel Monte Circeo fatto di cobalto, che s’erge
dalla immota, stagnante superficie de «l’arcano e
amaro oceano », e si profila nettamente nel cielo
grigio, plumbeo quasi, e pur così luminoso, dove le
nubi orlate di fulgori nascosti, sono appiattite come
le linee della campagna che ne circonda, e sembrano
senza spessore in loro leggerezza, intorno a quel monte
saturo di mistero che s’aderge come un mostro blin-
dato, io sento veramente aleggiare la leggenda pau-
rosa della « adorabile e rea fascinatrice » Circe, e quel
carattere eroico che quasi mai è reso dai pittori della
campagna romana, pur essendo tanto diffuso dai monti
Sabini al mare, dovunque, in questa cosi inesauribile
terra di poesia !

E poi questo grande quadro, che è di una evidenza
e di una verità così fotografiche, non sembra quasi
dipinto dal vero, ma sembra piuttosto una creazione,
una fantasia su un motivo, su uno studio improntato
alla realtà. Gli è che questa grande tela non è l’im-
provvisazione superficiale e leggera, ma è la sintesi,
il risultato di studi e di ricerche continue, incessanti,
che hanno reso il Sartorio il più profondo, il più in-
timo conoscitore e il più vigoroso rievocatore della
campagna romana.

Altro temperamento meraviglioso d’ artista, per
quanto assai meno complesso del Sartorio, è Gia-

como Balla. Non tutte le quattro parti del polittico
intitolato Dei Viventi, con quella astruseria involuta
che è propria del simpatico artista piemontese, sem-
branmi ugualmente intèressanti e simpatiche. Anzi,
La pazza, proiettata sulla larga distesa assolata di cam-
pagna, è di una violenza paurosa d’effetto poco piace-
vole e i due poveri psicopatici sottoposti alle cure elet-
triche di uno specialista, sono di una tetra verità troppo
lontana dall’interesse estetico che un’opera d’arte deve
sempre suscitare. Invece il vecchio ortolano, che an-
naffia i fiorenti cavoli turchini, è così vero e così simpa-
ticamente reso nell’atmosfera luminosa che lo circonda,
che io credo impossibile dipingere l’aria e la luce e
le mille iridescenze del pulvisco sospeso, con mag-
gior treschezza, con maggior verità. Altrettanto bella,
per la grande armonia della figura con l’ambiente, e
per l’equilibrio dei mezzi, è la quarta parte del po-
littico, che rappresenta la informe figura di un vecchio
cliente di sacrestia addormentato sul banco ospitale.
In questa tela tutto sembra vecchio, e incolore e in-
forme e morto !... Eppure quanta evidenza coloristica
e quanta luce su quel cranio calvo che sonnecchia !...

Ma più meraviglioso ancora, per virtù tecniche, ed
anche per verità psicologica e per sentimento, è il
ritratto della contessa Vittoria Castelnovo De Luca,
così vigorosamente illuminato e così sapientemente
modellato !... Quando su questa superba tela il tempo
avrà stesa, lieve, la sua patina d’oro, io credo che essa
sarà una pietra miliare nel cammino non inglorioso
della nostra arte contemporanea.

Qua e là vedo ancora qualche opera di pittura degna
di attenzione e mi soffermo volentieri sulla bella Spiaggia
di Biarritz del De Maria Bergler, che ha saputo ef-
ficacemente rendere l’impressione fugace di un dorato
tramonto, ed ammiro quel senso di decorazione dif-
fuso nelle tele dello Zanetti Zilla dalla tecnica così
personale, e la bravura spontanea del Graziosi e il
simpatico verismo di fiammingo, nei Vecchi Bretoni
del Zaragoza e le buone, evidenti qualità pittoriche
dell’Ortiz Echagùe anch’esso spagnuolo.

Bella la Notte d’inverno del Maggi; belli lo Studio
di ragazza del Coffet e l’altro del Fontana ; così, coni
interessante senza dubbio, per certo carattere deco
rativo è il ritratto della signora Vannutelli Clementi
del Noci.

Belli, come sempre — ma non come alcuni dav-
vero insuperabili! — i due ritratti del Mancini, che
è gloria autentica della pittura italiana ; e di una ef-
ficacia, direi manciniana, la Vecchia alla fonte del
Lebrecht.

Degne di nota son pure alcune tele della Besso,
del Caputo, del Blommers ; bella la fantasia cromatica
dal titolo I pirati del Nomellini e i paesaggi del Ca-
rozzi e quelli del Ricci così poetici, quelli dell’Oli-
vero, del Ferretti, le Vecchie barche del Moretti Foggia,
la calda e vibrante Campagna romana del Foliini. No-
 
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