SCULTORI DELLA VERSILIA
277
è una forma a palline riunite in filza, che si ritrova costantemente, con gli altri caratteri
accennati nelle opere di Lucca e di Pietrasanta. I due maestri Gino e Valerio abbandonarono
questi leggiadri motivi di decorazione, disegnarono un grosso intreccio di forme geometriche
e lo ripeterono uniformemente, a stampa.
Ma il maggior numero dei frammenti superstiti di questi altari del Duomo fino ad oggi
ignorati dagli studiosi, è conservato nel Camposanto. Questi frammenti, in gran parte can-
delabre che dovevano negli altari di struttura quattrocentesca incorniciare i piani lisci o
sostenere a mo’ di pilastri i fregi più alti, appartengono nel maggior numero ad uno stesso
monumento, tutti ad un solo ciclo di monumenti e quello che più interessa alla stessa bot-
tega, quella di Matteo Civitali. Questi frammenti marmorei sono :
Dodici candelabre (nn. 1, 2 m. 1.58 X 0.24; nn. 3, 4, 5, 6 m. 1,26 X 0.28; nn. io, lobis
m. 0.90 X 0.20; nn. 175, 176 m. 1.80 X 0.34; nn- 108, 109 m. 1.40 X 0.24).
Un frammento di balaustra (n. 169, altezza 0.65).
Un frammento forse di cornice (lato nord, R. R., m. 1.14 X 0.18).
L’uguaglianza di alcune dimensioni e di alcuni motivi di decorazione, come p. es. le
piccole conchiglie nelle estremità e le testine nel mezzo delle scanalature scavate nello spes-
sore del marmo, ci dimostrano l’unità organica di queste membra, oggi sparse, e che do-
vevano, riunite fra di loro nella struttura architettonica, costituire le varie parti dell’altare :
sono i pilastri delle inquadrature, intorno alle colonne, alle basi di esse, nei vari piani al
di sopra ed al disotto delle cornici divisorie.
La maggior varietà di forme è in questi frammenti, tutti eseguiti con una bella e fine
pazienza di lavoro: teste di putti (1, 2, 3, 4, 108, 109, balaustra), frutta (1, 2, io, 108, 109,
175, 176, balaustra), scudi (1, 2, 3, 4), delfini (3, 4, 5), uccelli (4, 6),
cornucopie (3, 4, 5), fauni (5, 6), lucertole (4), mascheroni (5, 6);
questi ultimi simili nel disegno e nel modellato e quello del
fregio nella sagrestia del Duomo. Qui si ritrovano dunque le
stesse forme già osservate nelle opere eseguite dal Civitali e
dai suoi aiuti a Lucca ed in quelle lavorate esclusivamente da
Lorenzo Stagi a Pietrasanta.
Per l’esame diligente dell’insieme, per l’osservazione accu-
rata di ogni singolo elemento, per la comparazione delle misure
che ho rilevate nelle varie candelabre posso affermare che si
tratta generalmente per tutti questi lavori di forme ricavate
meccanicamente da uno stesso modello, talvolta un poco diffe-
renti nella lavorazione a causa della varia abilità degli scalpellini.
Queste forme furono prima largamente messe in opera a Lucca
ed a Pisa da Matteo e dai suoi garzoni di bottega, per lo più
ripetute dallo stesso calco, ora lavorate grossolanamente da mani
meno abili, ora curate con pazienza da artefici più degni. Poi
Lorenzo Stagi, che fu per molti anni impiegato dal Civitali nelle
opere di Lucca e negli altari di Pisa, assumendo per suo conto
lavori a Pietrasanta ripetè le stesse forme, trattandole sempre
con particolare fine eleganza.
Io credo, per concludere, che gli altari del Duomo di Pisa, assunti in lavoro dal Civi-
tali siano stati in parte eseguiti nella sua bottega, lavorando per essi quell’abile ed elegante
garzone nel quale ho tentato di riconoscere lo Stagi. Così alcune opere, le più leggiadre,
attribuite a Matteo, altre fino ad oggi ignorate uscite dalla sua bottega, che hanno servito
o potrebbero servire ad aggiungere fama al maestro lucchese, ci debbono invece dimo-
strare l’abilità ed il valore del modesto decoratore pietrasantino. Lorenzo Stagi, come ab-
biamo veduto, detta testamento ai 23 d’aprile del 1506; ai 28 dello stesso mese era già
Lorenzo Stagi (?) :
Frammento di balaustra.
Pisa, Camposanto
277
è una forma a palline riunite in filza, che si ritrova costantemente, con gli altri caratteri
accennati nelle opere di Lucca e di Pietrasanta. I due maestri Gino e Valerio abbandonarono
questi leggiadri motivi di decorazione, disegnarono un grosso intreccio di forme geometriche
e lo ripeterono uniformemente, a stampa.
Ma il maggior numero dei frammenti superstiti di questi altari del Duomo fino ad oggi
ignorati dagli studiosi, è conservato nel Camposanto. Questi frammenti, in gran parte can-
delabre che dovevano negli altari di struttura quattrocentesca incorniciare i piani lisci o
sostenere a mo’ di pilastri i fregi più alti, appartengono nel maggior numero ad uno stesso
monumento, tutti ad un solo ciclo di monumenti e quello che più interessa alla stessa bot-
tega, quella di Matteo Civitali. Questi frammenti marmorei sono :
Dodici candelabre (nn. 1, 2 m. 1.58 X 0.24; nn. 3, 4, 5, 6 m. 1,26 X 0.28; nn. io, lobis
m. 0.90 X 0.20; nn. 175, 176 m. 1.80 X 0.34; nn- 108, 109 m. 1.40 X 0.24).
Un frammento di balaustra (n. 169, altezza 0.65).
Un frammento forse di cornice (lato nord, R. R., m. 1.14 X 0.18).
L’uguaglianza di alcune dimensioni e di alcuni motivi di decorazione, come p. es. le
piccole conchiglie nelle estremità e le testine nel mezzo delle scanalature scavate nello spes-
sore del marmo, ci dimostrano l’unità organica di queste membra, oggi sparse, e che do-
vevano, riunite fra di loro nella struttura architettonica, costituire le varie parti dell’altare :
sono i pilastri delle inquadrature, intorno alle colonne, alle basi di esse, nei vari piani al
di sopra ed al disotto delle cornici divisorie.
La maggior varietà di forme è in questi frammenti, tutti eseguiti con una bella e fine
pazienza di lavoro: teste di putti (1, 2, 3, 4, 108, 109, balaustra), frutta (1, 2, io, 108, 109,
175, 176, balaustra), scudi (1, 2, 3, 4), delfini (3, 4, 5), uccelli (4, 6),
cornucopie (3, 4, 5), fauni (5, 6), lucertole (4), mascheroni (5, 6);
questi ultimi simili nel disegno e nel modellato e quello del
fregio nella sagrestia del Duomo. Qui si ritrovano dunque le
stesse forme già osservate nelle opere eseguite dal Civitali e
dai suoi aiuti a Lucca ed in quelle lavorate esclusivamente da
Lorenzo Stagi a Pietrasanta.
Per l’esame diligente dell’insieme, per l’osservazione accu-
rata di ogni singolo elemento, per la comparazione delle misure
che ho rilevate nelle varie candelabre posso affermare che si
tratta generalmente per tutti questi lavori di forme ricavate
meccanicamente da uno stesso modello, talvolta un poco diffe-
renti nella lavorazione a causa della varia abilità degli scalpellini.
Queste forme furono prima largamente messe in opera a Lucca
ed a Pisa da Matteo e dai suoi garzoni di bottega, per lo più
ripetute dallo stesso calco, ora lavorate grossolanamente da mani
meno abili, ora curate con pazienza da artefici più degni. Poi
Lorenzo Stagi, che fu per molti anni impiegato dal Civitali nelle
opere di Lucca e negli altari di Pisa, assumendo per suo conto
lavori a Pietrasanta ripetè le stesse forme, trattandole sempre
con particolare fine eleganza.
Io credo, per concludere, che gli altari del Duomo di Pisa, assunti in lavoro dal Civi-
tali siano stati in parte eseguiti nella sua bottega, lavorando per essi quell’abile ed elegante
garzone nel quale ho tentato di riconoscere lo Stagi. Così alcune opere, le più leggiadre,
attribuite a Matteo, altre fino ad oggi ignorate uscite dalla sua bottega, che hanno servito
o potrebbero servire ad aggiungere fama al maestro lucchese, ci debbono invece dimo-
strare l’abilità ed il valore del modesto decoratore pietrasantino. Lorenzo Stagi, come ab-
biamo veduto, detta testamento ai 23 d’aprile del 1506; ai 28 dello stesso mese era già
Lorenzo Stagi (?) :
Frammento di balaustra.
Pisa, Camposanto