SCULTORI DELLA VERSILIA
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di marmi in pessi XL VII II di diverse sorte fatti venire da Charara per fare l'altare di
San Biagio ». Certo l’opera non era finita entro il termine fissato dal contratto (un anno
dal settembre 1523). Da altre memorie conservate nell’Archivio dell’opera si rileva invece
che l’altare fu murato solo verso il principio del 1527 dopo la morte del maestro. Infatti
a’ 24 gennaio di quest’anno furono pagate otto lire allo scalpellino Domenico da Pontesano
per aver lavorato « in duomo a rompere il muro per mettere la chappella di San Biagio » ;
ed ancora a’ 23 di febbraio si pagavano quattordici lire allo scultore Simone da Pietrasanta
che «servì per ritagliare le pietre quando si murò la chappella di San Biagio in Duomo».
Pandolfo Fancelli e Stagio Stagi : Altare di San Biagio. Pisa, Duomo.
(Fotografia Brogi)
Il Fancelli morì pochi mesi prima che si collocasse il suo altare, forse nel luglio del
1526 poiché ai 12 di questo mese essendo in periculo pestis e stando nella sua casa in via
della Macciarella dettò testamento al notaio Domenico del Mancino.
L'Arte. XII, 36.
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di marmi in pessi XL VII II di diverse sorte fatti venire da Charara per fare l'altare di
San Biagio ». Certo l’opera non era finita entro il termine fissato dal contratto (un anno
dal settembre 1523). Da altre memorie conservate nell’Archivio dell’opera si rileva invece
che l’altare fu murato solo verso il principio del 1527 dopo la morte del maestro. Infatti
a’ 24 gennaio di quest’anno furono pagate otto lire allo scalpellino Domenico da Pontesano
per aver lavorato « in duomo a rompere il muro per mettere la chappella di San Biagio » ;
ed ancora a’ 23 di febbraio si pagavano quattordici lire allo scultore Simone da Pietrasanta
che «servì per ritagliare le pietre quando si murò la chappella di San Biagio in Duomo».
Pandolfo Fancelli e Stagio Stagi : Altare di San Biagio. Pisa, Duomo.
(Fotografia Brogi)
Il Fancelli morì pochi mesi prima che si collocasse il suo altare, forse nel luglio del
1526 poiché ai 12 di questo mese essendo in periculo pestis e stando nella sua casa in via
della Macciarella dettò testamento al notaio Domenico del Mancino.
L'Arte. XII, 36.