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ALBERTO GALI E TI
ciata, e su i lobi di questa è dipinta un’annunciazione. A sinistra dell’osservatore si vede
l’arcangelo Gabriele ginocchioni, riconoscibile solo nella parte superiore della figura per
essere l’intonaco molto rovinato; a destra, da un’invetriata policroma a disegno geometrico,
si stacca la figura della Vergine anch’essa inginocchiata. Sugli assi laterali la cornice appa-
risce dipinta di colonnine a tortiglioni. La figura centrale di m. 0.90 di altezza, fiancheg-
giata superiormente da due angeli ceroferari
(alti m. 0.25), raccolti in vesti purpuree, con
svolazzo corto, rappresenta il Salvatore seduto,
e riporta il tipo bizantino di qualche musaico
o pittura anteriore al sec. XV, cui appartiene
certamente la pittura. Il viso dall’aspetto tetro
ed allungato, l’onor del mento è appena accen-
nato e i baffi spioventi. Nel nimbo in oro si
legge l’apocalittico : (£(£>© SllNÌ (£C ©,
in bei caratteri gotici, leggenda, che in nero,
si ripete sul libro, sorretto dalla mano sinistra.
La destra è alzata in atto di benedire alla ma-
niera greca. La veste purpurea appare trapunta
di stelle d’oro ; il manto bleu è listato di meandri
d’oro, come pure un fermaglio cesellato in oro
gli risplende sul petto. Soddisfa in genere lo
stato di conservazione, ma non si può fare a
meno di biasimare i deturpevoli ritocchi pur-
troppo manifesti in più punti.
Nel 1675 la chiesa collegiata subì un re-
stauro, a causa credo, di un incendio, come
fanno sospettare le tracce di fuoco manifeste
nei due frammenti di cornicione, restato sulla
parete occidentale della chiesa, sebbene man-
chino in proposito testimonianze scritte.1
Questa volta ne sostenne le spese il duca
Filippo Cesarmi, marchese di Civita Lavinia,
che ne lasciò il ricordo sulla facciata con la
seguente iscrizione ; Philifipus dux Cesarmus
anno Iubilei \ MDCLXXV. Si valse dell’opera
del cav. Carlo Fontana, lo stesso che riattivò
Fig. 5 — Il Salvatore. - (Fot. F. Frediani) l’acquedotto e costruì di nuovo le fontane nel-
l’interno del paese non esclusa quella monu-
mentale detta degli scogli, arbitrariamente da molti reputata opera del Bernini.2 II Fontana
lasciò inalterata la navata centrale, abbassò di m. 1.25 quelle laterali, e aggiunse di nuovo
1 Come può dedursi dall’ « Obituario II » della par-
rocchia, i lavori di restauro, cominciati nell’aprile del
1674 finirono nello stesso mese del 1677. Ma la con-
sacrazione della chiesa rimessa a nuovo fu tenuta con
gran pompa il 25 luglio 1764.
2 Questa fontana imita l’ingresso d’un antro a sco-
gliera di peperini, bizzarramente disposta in una sola
facciata, dalla quale si rovesciavano dieci getti di
acqua nella capace tazza semicircolare. Al quarto ed
al penultimo getto a destra bevevano due serpenti,
oggi frammentati : e posteriormente si dilungava il
lavatoio che faceva parte dell’architettura della fon-
tana e ne era la ragione. Ora il lavatoio è stato
ignorantemente abbandonato ; come pure si trova in
un deplorevole stato di abbandono la fontana, mo-
numento d’Italia, dalla cui scogliera fin dal 1907 con-
tinuano a staccarsi i blocchi, senza che alcuno se la
dia per intesa!... Gli autori di guide e di monografie
su i castelli romani, da poco più d’un secolo, l’hanno
costantemente riferita a G. L. Bernini. Invece da ri-
cerche fatte personalmente nell’archivio comunale è
risultato che essa fu costruita nel 1675 per ordine del
ALBERTO GALI E TI
ciata, e su i lobi di questa è dipinta un’annunciazione. A sinistra dell’osservatore si vede
l’arcangelo Gabriele ginocchioni, riconoscibile solo nella parte superiore della figura per
essere l’intonaco molto rovinato; a destra, da un’invetriata policroma a disegno geometrico,
si stacca la figura della Vergine anch’essa inginocchiata. Sugli assi laterali la cornice appa-
risce dipinta di colonnine a tortiglioni. La figura centrale di m. 0.90 di altezza, fiancheg-
giata superiormente da due angeli ceroferari
(alti m. 0.25), raccolti in vesti purpuree, con
svolazzo corto, rappresenta il Salvatore seduto,
e riporta il tipo bizantino di qualche musaico
o pittura anteriore al sec. XV, cui appartiene
certamente la pittura. Il viso dall’aspetto tetro
ed allungato, l’onor del mento è appena accen-
nato e i baffi spioventi. Nel nimbo in oro si
legge l’apocalittico : (£(£>© SllNÌ (£C ©,
in bei caratteri gotici, leggenda, che in nero,
si ripete sul libro, sorretto dalla mano sinistra.
La destra è alzata in atto di benedire alla ma-
niera greca. La veste purpurea appare trapunta
di stelle d’oro ; il manto bleu è listato di meandri
d’oro, come pure un fermaglio cesellato in oro
gli risplende sul petto. Soddisfa in genere lo
stato di conservazione, ma non si può fare a
meno di biasimare i deturpevoli ritocchi pur-
troppo manifesti in più punti.
Nel 1675 la chiesa collegiata subì un re-
stauro, a causa credo, di un incendio, come
fanno sospettare le tracce di fuoco manifeste
nei due frammenti di cornicione, restato sulla
parete occidentale della chiesa, sebbene man-
chino in proposito testimonianze scritte.1
Questa volta ne sostenne le spese il duca
Filippo Cesarmi, marchese di Civita Lavinia,
che ne lasciò il ricordo sulla facciata con la
seguente iscrizione ; Philifipus dux Cesarmus
anno Iubilei \ MDCLXXV. Si valse dell’opera
del cav. Carlo Fontana, lo stesso che riattivò
Fig. 5 — Il Salvatore. - (Fot. F. Frediani) l’acquedotto e costruì di nuovo le fontane nel-
l’interno del paese non esclusa quella monu-
mentale detta degli scogli, arbitrariamente da molti reputata opera del Bernini.2 II Fontana
lasciò inalterata la navata centrale, abbassò di m. 1.25 quelle laterali, e aggiunse di nuovo
1 Come può dedursi dall’ « Obituario II » della par-
rocchia, i lavori di restauro, cominciati nell’aprile del
1674 finirono nello stesso mese del 1677. Ma la con-
sacrazione della chiesa rimessa a nuovo fu tenuta con
gran pompa il 25 luglio 1764.
2 Questa fontana imita l’ingresso d’un antro a sco-
gliera di peperini, bizzarramente disposta in una sola
facciata, dalla quale si rovesciavano dieci getti di
acqua nella capace tazza semicircolare. Al quarto ed
al penultimo getto a destra bevevano due serpenti,
oggi frammentati : e posteriormente si dilungava il
lavatoio che faceva parte dell’architettura della fon-
tana e ne era la ragione. Ora il lavatoio è stato
ignorantemente abbandonato ; come pure si trova in
un deplorevole stato di abbandono la fontana, mo-
numento d’Italia, dalla cui scogliera fin dal 1907 con-
tinuano a staccarsi i blocchi, senza che alcuno se la
dia per intesa!... Gli autori di guide e di monografie
su i castelli romani, da poco più d’un secolo, l’hanno
costantemente riferita a G. L. Bernini. Invece da ri-
cerche fatte personalmente nell’archivio comunale è
risultato che essa fu costruita nel 1675 per ordine del