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L' arte: rivista di storia dell'arte medievale e moderna — 12.1909

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Fasc. 6
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Papini, Roberto: Marmorari Romanici in Toscana
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https://doi.org/10.11588/diglit.24137#0467

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ROBERTO PAPI NT

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ad oggi, gli si attribuirono soltanto e vagamente quei frammenti di pergamo che esistono
tuttavia nel Campo Santo pisano.

Furono pisani questi maestri o furono piuttosto chiamati a Pisa per adornarvi le chiese
che la pietà dei cittadini e la gratitudine per le vittorie ottenute vi andavano edificando ?

Niuno ha potuto precisare donde questi scultori venissero, e l’unica ipotesi di una loro
origine settentrionale, seguendo le correnti d’arte che scaturivano dalla regione dei laghi
lombardi, può essere offerta, se mai, dal nome di alcuni di essi, come quelli a nome Guglielmo
già ricordati, e quel Roberto che scolpì il fonte battesimale di San Frediano a Lucca. Solo
per due maestri, Guido e Guidetto da Como, del primo dei quali avremo speciale occasione
di parlare, abbiamo notizie di poco maggiori ; ma altre e più chiare deduzioni si potranno
ricavare dall’esame stilistico delle opere, tali cioè da permetterci una classificazione suffi-
cientemente precisa.

Le sculture di cui ci occuperemo sono quelle onde i marmorari romanici adornarono
le transenne destinate a chiudere il presbiterio nelle chiese a tre navi, e l’ambone che ge-
neralmente sporgeva da queste transenne. Il motivo
onde si servirono in queste decorazioni può dirsi unico,
poiché si fonda sopra la connessione più o meno varia
per mezzo di cornici o di pilastri di grandi quadri mar-
morei con cornici rientranti, aventi nella loro parte cen-
trale o la figurazione d’un fatto della Scrittura o più
spesso e con maggiore caratteristica un rosone rac-
chiuso entro formelle quadrate o rombiche o poligo-
nali, aprentesi in bella abbondanza di foglie ben rile-
vate e dischiuse.

Quest’ultima forma di decorazione fu forse anteriore
all’altra con la rappresentazione figurata. Osservando
infatti le numerose formelle di cui si occupa il nostro
studio è facile notare come esse derivino in linea diretta
da quei lacunari che adornarono i soffitti delle basi-
liche romane o le volte a botte degli archi di trionfo.
In ognuno di questi un listello liscio di marmo contorna
tutto il lacunare servendo di raccordo fra l’uno e l’altro
di essi, e, di più, le cornici rientranti si coprono di fo-
gliami mentre dallo specchio marmoreo inquadrato nel
fondo del lacunare sboccia e si spande il rosone di foglie
d’acanto così come nelle formelle che andiamo studiando, quantunque esse siano trasformate
secondo il rude stile romanico nato dall’imperizia degli artefici d’allora. Non è quindi audace
formulare l’ipotesi che anteriormente al Mille, allorché le chiese s’edificavano, disfacendosi
basiliche e monumenti romani, gli Architetti si servissero, oltre che delle colonne, dei capitelli,
degli architravi e delle cornici, anche dei frammenti di soffitti e dei lacunari per costruire tran-
senne e munire di parapetti gli amboni. Quando poi nei primi secoli dopo il Mille un fermento
innovatore parve agitare le menti dei fedeli d’Italia ed i modelli classici furono imitati vo-
lentieri tanto nella struttura architettonica quanto nella decorazione delle chiese che s’anda-
vano rimaneggiando, si continuarono a far transenne ed amboni sullo stesso stile, compo-
nendoli cioè di formelle in cui cornici, foglie e rosoni furono assai rozzamente imitati dai
modelli romani ancora esistenti. Forse questo genere di decorazione fu anteriore a quello con
rappresentazioni figurate come può provarlo anche il fatto che nelle formelle contenenti scene
della scrittura o simboli d’evangeli si ritrovano le stesse forme di cornici intagliate e adorne di
foglie a contornare il piano del fondo, quasi che al posto del rosone si fosse sostituito in questo
piano la scena scolpita, allorché una forma d’arte più evoluta od una maggior perizia di tecnica
ebbero permesso all’artefice di avventurarsi nei campi della scultura rappresentativa.

Signa. Pieve di San Lorenzo.
Pulpito.
 
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