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244

Note bibliografiche

De senatorum romanorum patria sive] de romani cultus in
provinciis incremento scripsit Georgius Lully, Romae, Ma-
glione e Strini, 1918, pp. xn-271.

L'autore, già alunno della nostra Università, in questo suo
lavoro, dedicato, con gratitudine di discepolo, all'eminente collega
Ettore de Ruggiero, cerca di stabilire la patria dei senatori
romani nei primi tre secoli dell'impero, ossia dalla fine della
repubblica sino al regno di Severo Alessandro.

I senatori, dei quali il L. è riuscito a stabilire la patria
durante l'indicato periodo, ammontano a 1488 e di questi 1221
sono italici gli altri delle Provincie: quelli d'Oriente sono 87,
fra i quali ricorderemo il filosofo Flavio Amano di Nicomedià ;
Avidio Cassio della Siria ; Cassio Dione di Nicea; Giulio Avito,
avo materno di Elagabalo e di Severo Alessandro, e Tullio Me-
nofilo che appartenne alla commissione dei vigintiviri istituiti
dal senato nel 238 per difendere l'Italia contro l'imperatore
Massimino. Il minor numero di senatori è dato dalla Sicilia
e dalla Dalmazia che ne ebbero due per ciascuna e da Creta
che ne ebbe uno al tempo di Marco Aurelio.

A proposito di Tullio Menofìlo, che probabilmente si chia-
mava Giulio Menofìlo, perchè il gentilizio Tullio scompare nel-
l'onomastica del terzo secolo ('), osserverei che il L. avrebbe
dovuto annoverare fra i senatori di quel tempo anche Crispinus
(il gentilizio è incerto), collega di Menofìlo nella difesa di Aqui-
leia contro le armi di Massimino ed altri dei vigintiviri ex
s. c. reipublicae eurandae, mentre ricorda, oltre Menofìlo, sol-
tanto L. Caesonius Lucillus Macer Bufinianus.

II libro corredato di un index nominum assai utile, dimo-
stra nell'autore vera attitudine per siffatte ricerche, buon metodo,
esatta cognizione delle fonti, e molta cura e diligenza nell'or-
dinare il vasto materiale epigrafico. I tempi, pur troppo, non
sono propizi per questi studi, ma speriamo che gli studiosi vor-
ranno fare lieta accoglienza al lavoro del L. incoraggiandolo a

(') Cfr. i miei Studt Romani e Bitantini, pag. 271.
 
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