11
DELL’ ISTORIA DI VERONA
popolo, e d’altro corpo, e rimasero però nel
primiero slato ,e sòlamente dugent’ anni do-
po assalite furono, e conquislate. Or come
dunque saranno arrivati fino a Verona i Ceno-
mani, mentre nè pure nelle contigue, e ssori-
de Valli, e in tutto il disiretto, ch’ora è
Bresciano, si stesero ? e come può essere
lib.ti. che tenessero Verona, ed altre Città, men-
Brixìanc- tre Galli Brefeiani gli chiama Livio ? Ac-
" corda Plinio perfettamente, ove par , che
/.a.c 19. faccia intendere quel de’Cenomani non es-
ter già slato un Imperio, come ora c’è chi
*&>■«. lo chiama , ma un territorio.
Strano parrà tutto quello a chi dell’am-
pio dominio , e delle molte Città de’Ceno-
mani per tanti libri va impressò : ma per
férmo tengali , tutti coloro che così hanno
scritto, o creduto, sopra le espedizioni di
que’tempi, e sopra la più remota antichi-
tà poca considerazione aver fatta. Quanti
gran nomi si risletterò già in poco sito ! Per
W. 1. testimonio dell’AlicarnasfeoEnea, e i Troia-
ni in un colle ottenuto dagli Aborigini si
allogarono per quaranta sladii di terreno all’
intorno : fu un tratto di tettecento iugeri,
cioè campi, per autorità di Catone citato
da Servio. Inquanto spazio erano Marsi,
Vestini , Marrucini , Peligni, Equi, Sa-
bini, Gabii, Aurunci, Osci, Volsci,qua-
li tutti nell’ Istoria rinomati per guerre ? li
più di quelli o ebbero una sola Città, o
veramente ninna , essendo Comunanze da
più terre, o borghi composte. De’ Roma-
ni quanto parlano leStorie ne’primi tre se-
coli ? e pure correa già il quarto, eh’ aspra
guerra aveano ancora co’Vej, la cui Città
era a. venti miglia da Roma, come pres-
5. 1° Livio rimproverava Appio Claudio. Ma
parliam de’ Galli. Otto genti Galliche an-
novera Polibio, allogate nell’istessò tempo
in quel piano, ch’ora è Lombardia, e par-
te di Piemonte ; e pure n’ era occupata una
porzione da Liguri , e dichiara lo Storico,
come quelle otto erano le principali, onde
più altre minori ve n’erano : veggasi da ciò
se niuna di esse occupar potea gran paese.
P«i- ?p.e- Osferviamo la maggior di tutte , cioè gl’
Insuòri. Como appare, che non fu di elsi,
polche Marcello degl’ Insubri, e de" Co-
mafehi trionfò come di due «enti ; Berga-
mo insegna Plinio , che fu degli Orobii ;
Novarra fu da Catone detta de’Liguri, da
Plinio de’Vertacomari ; Ticino da genti
Ligusliche fu edificato secondo Plinio , e
Liv.l. 5* che da esse fosse tenuto,conferma Livio;
Hip.i.4- la Storia Miscella l’attribuisce a’Boj: ecco
però com’altra Città non ebbero gl’Insubri
che Milano da loro edificato . Or come
dunque i soli Cenomani dovean distinguer-
si talmente da tutti gli altri Galli con oc-
| cupar più Città , e tanto paese, quando
ad essi appunto ciò competea molto meno,
perchè non vennero in molta turba , non
esfendo pasfuto in Italia il popol tutto, ma
conservato sempre il nome, e la nazion lo-
ro oltra l’Alpi ; venne una partita , come Liv.l.5.
da Tito Livio s’impara , cui sorti d’anni-
darli col favore di Belloveso , e degl’ In- manus v
subri. Nè bisogna immaginarli, che venis-
sero quelle genti allora a cercar dominio,
ma pane, che lor mancava per la molti-
tudine ne’ lor paesi , cioè terreno da colti-
var per nodrirsi, contente però, quando
n’aveano a sufficienza occupato. Insegna
Strabene, li tre più considerabili tra popo-
li Gallici cisalpini essere flati Insuòri, Boj,
e Senoni: a tempo suo le genti considerabili
in tutta quella parte d’Italia erano Veneti ,
Insuòri, e Liguri. De’Cenomani in fatti,
come di piccolpopolo, dopo il dominio Ro-
mano si Aperte, e si smarrì anche il nome.
Tacito, che tanto parla del lor paese nel-
la guerra di Vi telilo, tal nome non usò mai.
Non così quel degl’ Insuòri , che continuò
sempre, nominando la region loro Appiano
in tempo de’Triumviri, Tacito in tempo di
Claudio, e dell’avo di Didio Giuliano di-
cendoSparziano, ch’era Insubro Milanese. AwJ.n.
Che Brescia , e Verona da nazioni di-
verte tenute già fodero , e quella da Galli
quella da Veneti, altra grandissima pruo-
va ne dà tuttora il linguaggio dell’una e
l’altra, e lasomma diversità di pronunzia,
e di troncamenti, e la contrarietà d’accenti,
e di suoni, e il ritenere i Bresciani ancora
non so qual Gallicismo, uniformandoli co”
dialetti di Bergamo, e d’ altri Lombardi,
dove i Verone!! hanno la favella , ed il
suono istessò di Vicenza, e di Padova, che
n’ è sì alieno. Quello per verità è un testi-
monio sensìbile , e ancor pretente ; certa
cosa esfendo , che i nostri odierni dialetti
non altronde si formarono, che dal diverte
modo di pronunziare negli antichi tempi,
e di parlar popolarmente il Latino ; la qual
diversità non altronde naseeva, che dal ge-
nio delle varie lingue , che avanti la Lati-
na correvano, vestigio delle quali restò pur
sempre, ed è quali indelebile. Però dille
Livio, cheMarsiglia colonia de’Focesi ne Liv.i.yj.
riteneva ancora dopo tanti secoli l’accento
nella favella, e che i Reti Alpini, trasfor-
mati a suo tempo interamente per l’or-
ridezza de i luoghi, ne ritenevano però an- i^„equid
cora nella lingua il suono . Osservò anche sxantiquo
Platone , come le colonie son gente uni-
lingue : come potrebbe dunque edere avve- guae etc,
nuto, chete fosse Verona colonia de’Gal- piat.de
li, niun vestigio ritenessè de’dialetti, e de’
suoni a’discendenti da Galli rimali, j UH qwvqv *
alla
DELL’ ISTORIA DI VERONA
popolo, e d’altro corpo, e rimasero però nel
primiero slato ,e sòlamente dugent’ anni do-
po assalite furono, e conquislate. Or come
dunque saranno arrivati fino a Verona i Ceno-
mani, mentre nè pure nelle contigue, e ssori-
de Valli, e in tutto il disiretto, ch’ora è
Bresciano, si stesero ? e come può essere
lib.ti. che tenessero Verona, ed altre Città, men-
Brixìanc- tre Galli Brefeiani gli chiama Livio ? Ac-
" corda Plinio perfettamente, ove par , che
/.a.c 19. faccia intendere quel de’Cenomani non es-
ter già slato un Imperio, come ora c’è chi
*&>■«. lo chiama , ma un territorio.
Strano parrà tutto quello a chi dell’am-
pio dominio , e delle molte Città de’Ceno-
mani per tanti libri va impressò : ma per
férmo tengali , tutti coloro che così hanno
scritto, o creduto, sopra le espedizioni di
que’tempi, e sopra la più remota antichi-
tà poca considerazione aver fatta. Quanti
gran nomi si risletterò già in poco sito ! Per
W. 1. testimonio dell’AlicarnasfeoEnea, e i Troia-
ni in un colle ottenuto dagli Aborigini si
allogarono per quaranta sladii di terreno all’
intorno : fu un tratto di tettecento iugeri,
cioè campi, per autorità di Catone citato
da Servio. Inquanto spazio erano Marsi,
Vestini , Marrucini , Peligni, Equi, Sa-
bini, Gabii, Aurunci, Osci, Volsci,qua-
li tutti nell’ Istoria rinomati per guerre ? li
più di quelli o ebbero una sola Città, o
veramente ninna , essendo Comunanze da
più terre, o borghi composte. De’ Roma-
ni quanto parlano leStorie ne’primi tre se-
coli ? e pure correa già il quarto, eh’ aspra
guerra aveano ancora co’Vej, la cui Città
era a. venti miglia da Roma, come pres-
5. 1° Livio rimproverava Appio Claudio. Ma
parliam de’ Galli. Otto genti Galliche an-
novera Polibio, allogate nell’istessò tempo
in quel piano, ch’ora è Lombardia, e par-
te di Piemonte ; e pure n’ era occupata una
porzione da Liguri , e dichiara lo Storico,
come quelle otto erano le principali, onde
più altre minori ve n’erano : veggasi da ciò
se niuna di esse occupar potea gran paese.
P«i- ?p.e- Osferviamo la maggior di tutte , cioè gl’
Insuòri. Como appare, che non fu di elsi,
polche Marcello degl’ Insubri, e de" Co-
mafehi trionfò come di due «enti ; Berga-
mo insegna Plinio , che fu degli Orobii ;
Novarra fu da Catone detta de’Liguri, da
Plinio de’Vertacomari ; Ticino da genti
Ligusliche fu edificato secondo Plinio , e
Liv.l. 5* che da esse fosse tenuto,conferma Livio;
Hip.i.4- la Storia Miscella l’attribuisce a’Boj: ecco
però com’altra Città non ebbero gl’Insubri
che Milano da loro edificato . Or come
dunque i soli Cenomani dovean distinguer-
si talmente da tutti gli altri Galli con oc-
| cupar più Città , e tanto paese, quando
ad essi appunto ciò competea molto meno,
perchè non vennero in molta turba , non
esfendo pasfuto in Italia il popol tutto, ma
conservato sempre il nome, e la nazion lo-
ro oltra l’Alpi ; venne una partita , come Liv.l.5.
da Tito Livio s’impara , cui sorti d’anni-
darli col favore di Belloveso , e degl’ In- manus v
subri. Nè bisogna immaginarli, che venis-
sero quelle genti allora a cercar dominio,
ma pane, che lor mancava per la molti-
tudine ne’ lor paesi , cioè terreno da colti-
var per nodrirsi, contente però, quando
n’aveano a sufficienza occupato. Insegna
Strabene, li tre più considerabili tra popo-
li Gallici cisalpini essere flati Insuòri, Boj,
e Senoni: a tempo suo le genti considerabili
in tutta quella parte d’Italia erano Veneti ,
Insuòri, e Liguri. De’Cenomani in fatti,
come di piccolpopolo, dopo il dominio Ro-
mano si Aperte, e si smarrì anche il nome.
Tacito, che tanto parla del lor paese nel-
la guerra di Vi telilo, tal nome non usò mai.
Non così quel degl’ Insuòri , che continuò
sempre, nominando la region loro Appiano
in tempo de’Triumviri, Tacito in tempo di
Claudio, e dell’avo di Didio Giuliano di-
cendoSparziano, ch’era Insubro Milanese. AwJ.n.
Che Brescia , e Verona da nazioni di-
verte tenute già fodero , e quella da Galli
quella da Veneti, altra grandissima pruo-
va ne dà tuttora il linguaggio dell’una e
l’altra, e lasomma diversità di pronunzia,
e di troncamenti, e la contrarietà d’accenti,
e di suoni, e il ritenere i Bresciani ancora
non so qual Gallicismo, uniformandoli co”
dialetti di Bergamo, e d’ altri Lombardi,
dove i Verone!! hanno la favella , ed il
suono istessò di Vicenza, e di Padova, che
n’ è sì alieno. Quello per verità è un testi-
monio sensìbile , e ancor pretente ; certa
cosa esfendo , che i nostri odierni dialetti
non altronde si formarono, che dal diverte
modo di pronunziare negli antichi tempi,
e di parlar popolarmente il Latino ; la qual
diversità non altronde naseeva, che dal ge-
nio delle varie lingue , che avanti la Lati-
na correvano, vestigio delle quali restò pur
sempre, ed è quali indelebile. Però dille
Livio, cheMarsiglia colonia de’Focesi ne Liv.i.yj.
riteneva ancora dopo tanti secoli l’accento
nella favella, e che i Reti Alpini, trasfor-
mati a suo tempo interamente per l’or-
ridezza de i luoghi, ne ritenevano però an- i^„equid
cora nella lingua il suono . Osservò anche sxantiquo
Platone , come le colonie son gente uni-
lingue : come potrebbe dunque edere avve- guae etc,
nuto, chete fosse Verona colonia de’Gal- piat.de
li, niun vestigio ritenessè de’dialetti, e de’
suoni a’discendenti da Galli rimali, j UH qwvqv *
alla