696 Palazzi e Gallerie
mossa colla Melpomene del sacro fago, spettante al Mu-
seo Towinley. Dove fosse rinvenuta non è noto: lo sti-
le è buono, ma 1’ esecuzione risente d’ una certa fred-
dezza propria degli artisti che imitano e non creano :
le pieghe troppo secche , e i seni soverchio profondi
fanno ascriver l’opera al primo periodo del secolo se-
condo dell’era volgare ; queste ragioni e il marmo di
Luni in cui è sculta provano che venne eseguita in Ita-
lia, e la nobil composizione la fa riconoscere come co-
pia d’un perfetto originale greco. Statua semicolossale
in marmo pentelico rinvenuta circa il 1750. sull’Aven-
tino, mancante però delle braccia e de.ll’inferior parte,
rifatte poscia d’ordine di Pio VI. La sublimità dell’in-
venzione ci fa riconoscere per greco questo monumen-
to, ma la soverchia diligenza degenerante in freddezza
che si ravvisa nella esecuzione ne lo indica per opera
de’romani , ma però de’tempi migliori: i capelli sono
trattati con estrema finezza e il panneggiamento con pie-
ghe schiacciate e morbide, quantunque nella parte an-
tica sia nobile e ondulato : il carattere della statua è
ideale, grande, maestoso; il nome di Clemenza con cui
comunemente si conosce il simulacro fin dal 1750. è
privo di fondamento, e trovasi in aperta contraddizione
colla rappresentanza di questa divinità de’romani, con-
forme si vede sulle medaglie coniate ai tempi di Cesare
da L. Emilio Buca colla iscrizione, cz£M£2vrr^ , e su
quella di Vitellio e Vespasiano , la cui impronta può
vedersi nel tesoro Morelliano (Gens Aemilia, To. Ili,
num. 24., Titellius, To. II. num. 44. Vespasianus,
To. H. num. 5. ). In tali medaglie la dea ha per at-
tributo permanente la mitella o diadema che le cinge
il corpo, attributo che affatto manca alla statua di cui
si ragiona, la quale ha nelle mani la patera e 1’ asta ,
cose datele a capriccio da chi rifecele le braccia. Un
mossa colla Melpomene del sacro fago, spettante al Mu-
seo Towinley. Dove fosse rinvenuta non è noto: lo sti-
le è buono, ma 1’ esecuzione risente d’ una certa fred-
dezza propria degli artisti che imitano e non creano :
le pieghe troppo secche , e i seni soverchio profondi
fanno ascriver l’opera al primo periodo del secolo se-
condo dell’era volgare ; queste ragioni e il marmo di
Luni in cui è sculta provano che venne eseguita in Ita-
lia, e la nobil composizione la fa riconoscere come co-
pia d’un perfetto originale greco. Statua semicolossale
in marmo pentelico rinvenuta circa il 1750. sull’Aven-
tino, mancante però delle braccia e de.ll’inferior parte,
rifatte poscia d’ordine di Pio VI. La sublimità dell’in-
venzione ci fa riconoscere per greco questo monumen-
to, ma la soverchia diligenza degenerante in freddezza
che si ravvisa nella esecuzione ne lo indica per opera
de’romani , ma però de’tempi migliori: i capelli sono
trattati con estrema finezza e il panneggiamento con pie-
ghe schiacciate e morbide, quantunque nella parte an-
tica sia nobile e ondulato : il carattere della statua è
ideale, grande, maestoso; il nome di Clemenza con cui
comunemente si conosce il simulacro fin dal 1750. è
privo di fondamento, e trovasi in aperta contraddizione
colla rappresentanza di questa divinità de’romani, con-
forme si vede sulle medaglie coniate ai tempi di Cesare
da L. Emilio Buca colla iscrizione, cz£M£2vrr^ , e su
quella di Vitellio e Vespasiano , la cui impronta può
vedersi nel tesoro Morelliano (Gens Aemilia, To. Ili,
num. 24., Titellius, To. II. num. 44. Vespasianus,
To. H. num. 5. ). In tali medaglie la dea ha per at-
tributo permanente la mitella o diadema che le cinge
il corpo, attributo che affatto manca alla statua di cui
si ragiona, la quale ha nelle mani la patera e 1’ asta ,
cose datele a capriccio da chi rifecele le braccia. Un