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1051

MCCCCC, NOVEMBRE.

1052

e, potendo, esso orator torà licentia, sine autem,
manderà il suo secretano contea il successor per in-
struirlo, e lui più non scriverà. À mandato a solici-
tar si scrivi in Spagna, perchè quelle alteze tengi
1’ armada in Levante ; il Cardinal à ditto farà, et lo
orator yspano à ditto, si ’l roy li scrive, la tegnira-
no. Aricorda esso orator si tengi l’amicitia con
Pranza, perchè à bon voler quella majestà et gran
potentia ; ergo eie.
Dii ditto, di 28. Come fin quel zorno non havia
expedito el corier, il re era tornato lì ; hanno spazà
im Provenza per l’armar di le nave, et che il Car-
dinal à ’uto letere di domino Acursio. Si dice di qui,
Spagna fa fati e Pranza dà parole; e à ditto : Vede-
reti a tempo novo, e non sarà parole. E dii zonzer
lì monsignor di Lignì, el principe di Orangie et mon-
signor di la Trimolia; et in la letera di 25 scrive, di
P intrar quella sera lì el Cardinal di San Severino;
li andò contra el Cardinal Roan e il conte di Gaiazo.
Vene in colegio uno secretano e nontio di mis-
sier Zuam Bentivoy, con letere di credenze, chia-
mato Galeazo Butregaro, bolognese, zovene ; è per-
sona molto discreta, forma ben parole, era venuto a
ringraciar la Signoria nostra, per parte di missier
Zuane, qual non sarà inmemore mai, et è soto la pro-
tettori di la christianissima majestà et di questa illu-
strissima Signoria, certifichando quella voy prome-
ter non farà 0, ma quello fa, fa per difendersi eie.
El principe li usò bone parole eie.
In questa matina, Jo tìzi lezer una letera, traduta
di schiavo, scrita per Jurai Marcovich Cacich, conti
di Ordina e de tuta la Agustinova Chunisca, amico e
servidor di vostra Signoria. La manssion dice: Nobili
el prepotenti domino, domino duci veneto Dominio-
que Venetiarum illustrissimo et potenti; data in Ma-
charsca, nel mexe di octubrio, quinto zorno, 1500.
Avisa, è XV anni domina, e sempre è stato amico ;
dà testimoni] sier Fantin Pizamano, sior Jacomo di
Renier, sier Mario Moro, fonno a Spalalo, sier Al-
vise Barbarigo, fo a Liesna, sier Matio Baffo, è a la
Braza ; si duol di sier Francesco da Molili, conte di
Liesna, al qual à scrito molte cosse, e non à dato
aviso a la Signoria ; e di la venuta di un frate bo-
snese di Schender, passò a Fiorenza, è stato a Ve-
necia XV zorni.
Item, dito conte di Liesna tien do fradelli, Ber-
saicho et Alexa, quali sono scriti col conte Xarco, e
avisa turchi dii lutto eie. Or dilla letera fo data ai
cai.
Vene li cai di X, steteno alquanto, e altro non fu
fato in colegio.

Da poi disnar fo pregadi. Non vene il principe.
Letto assa’ letere, el per Zacharia Davit, quelle di
Brandizo e Molla drizate ai cai di X.
Da Corfù, di sier Francesco Zigogna, si scrive
provedador di la Marea, di 13 octubrio. Come .Ries-
sendo a la Cania, solicitò 1’ armar di doy schierazi,
e aspetando la galia Zena, e poi si partì, per esserli
neccessario conferir col zeneral, e si reduse tra el
Zante e Corphù ; et li à scrito esser neccesso confe-
rir con esso zeneral eie. Dice di 1’ armada yspana,
che se ritrova versso il Zante velie 50, et tre nave
grosse, desiderosi atrovarsi col zeneral, et andar a
10 aquisto de qualche terra turchescha etc.
Di Candia, di sier Bortolo Minio, capelanio e 417*
vice duella, di 28 septembrio. Scrive cosse vechie di
le arrnade, sì la nostra come la turchescha; e a dì 27
11 fo consigliato el capitaniano (sic) da quelli consie-
ri, per vigor di la letera di la Signoria nostra, di 26
avosto ; vederà ridrezar quella camera, eh’ è molto
indebitada ; aspeta risposta di quanto à scripto ; di
biscoti per 1’ armada niente hanno ; si scusa non
esser venuto in conserva con sier Piero Sanudo,
dice la causa, si smarì per fortuna, e romase in Can-
dia, dove era sier Andrea Venier ; si duol dii pre-
fato sier Piero Sanudo, sì la sua nave, patron Marco
Antonio Novelo, come Stephano Schiave, nave carga
di gotoni, e Zorzi da Patras, caravella carga di ce-
nere, di esser stà da lui abandonate ; e sier Bendo
Sanudo dii tutto è vero testimonio.
Del ditto, di 3 octubrio. Come in quella camera
non è stà scosso un solo ducato del terzo del neto,
sì de li salarij come de utilità de alcuno rector, ni
dal podestà di Malvasia. E rectori di quella ixola, Ca-
nia, Rethimo e Sithya dicono non haver auto mai
letera di la Signoria nostra. Aspeta risposta sopra
zio, e si va più olirà la parte, et eliam li oficij e ca-
stellanarie, fate de lì, si sottozaze a la parte ; e a
questi, perchè hanno pocha utilità, aricorda non si
fazi altro. Item, capita per zornata de lì molto mo-
thonei, sì homeni come done, chi fuziti e chi recupe-
rati, in gran miseria, e di boni citadini dimandano
sufragio di qualche casupole, da redursi sotto co-
perto, c qualche pocho di pane, Li dà con li consieri
uno pocho di biscoto, acciò non inorano ; aspeta, di
questo, nostro bordine etc.
Fu posto per tutte tre man di savij, atento la re-
tention di quel orator o messo dii re Fedrico, an-
dava a la Valona, domino Alexandro Manducha, sia
scrito e comandò a li rectori nostri, 1’ hano preso,
sia rilassato con tutte sue robe ; e doman sia fato di
questo, con acomodate parole, relation al’orator di
 
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