1687
MCCCCC1, MARZO.
1588
a dì 22, una malina vene 3 galie nostre ben in bor-
dine a la bocha di la Valona, tochando la Irombeta
di bataia, et messe dentro di la bocha di la barza,
con valenti homeni dentro, e tolse 2 gripi ragusei,
uno di pegola, l’altro di meio ; e a le galie da la lore
del canal fo trato una bombarda, 0 fece. E non tre
dì avanti, levono di la bocha tre bombarde, et le
doveano tornar ; per la qual presa, tuta la terra an-
dava solo sopra ; dubitavano, per altra via, nostri
havesse posto zenle in terra. E1 sanzacho, volando,
mandò a la Porla per aver libertà di armar li legni
di la Valona, e presto ara risposta ; et per recuperar
(112 la vergogna di do gripi pigliati, la segonda note
armò uno bregantin, che andasse a veder quel feva
le galie la note ; c mandò eliam un zopolo grande,
con 25 janizari valenti, i qual slava dentro destesi;
pareva solum do vogasene, e per terra a marina
era zente a cavalo, siete fora do note, e ritornò
senza haver lato 0. E la più parte di le zente che
vien, vano a la Vajussa, e fanno gran guardia, dubi-
tando di foco ; e le XI galie è a la Valona, le hanno
tirate a presso a l’armada vechia, tanto dentro che
più non poteano andar: e le tiravano a forza de ho-
meni; e à visto 2000 homeni a tirar dentro ima
galia ; è stati do dì e mezo fuora, e quando le vorano
cazar, tarano pezo. Dicevano, per conforto di la
plebe, che Camalli era assito ; ma l’ambasador di-
ceva, non era il vero. Ilem, el dì dii suo partir, ar-
meno una bela fusta, patronizata per uno spagnolo,
per mandarla fuora la note; et doveva armarne
un’ altra, e son armade senza bordine dii signor,
per esser dii sanzacho proprie ; è di banchi 22.
Da Troni, di 12. Scrive zercha i biscoti; deli-
bera proveder. Ilem, il zeneral li scrive mandi in
Antivari tormento stera 500, e cussi slalim sarà con
sier Antonio da Pexaro, et li manderà ; e de lì non
vien navilij, si non a posta, per certo datio che se
chiama la parnaticha, che certi zenlhilomeni de li li
scuode, adeo tuli li marinari lo fuzino eie. ditto porto.
A dì, 22 marzo. In collegio non fo alcuni orator.
Fo ballota molti mandati e crediti, me auctore. Et
li savij poi si reduseno a consultar ; e li consieri re-
stono a dar audientia. Eliam fono leto li conti di le
setimane, el altro non fo fato.
lD, Ravena, di 17. Come dii ducha non ha alcu-
na nova; et avisa, di la dona rapta, à per uno venuto
da Forlì, qual nomina, dice haver visto la dita dona
in rocha, la qual è distata, nè è più da veder. Ilem,
a li castelli novamente presi si preparava scale, per
l’impresa di Faenza. Ilem, scrive non aver danari
di soldi 5 eie. I
Da Crema, dii podestà el capetanio. Come è stato
a Pandino, per le discordie erano tra il signor Al-
merigo di San Severino e li homeni dii loco; adeo
fo haveano sì astreto, che si serò in castello. Or,
andato lì, ditto podestà adatò il tutto, e pacifichò le
parte eie. Dà la colpa più tosto a li homeni eh’ al
signor. E nota, madona Fina, fo moglie dii conte
Hugo di San Severino, padre dii conte Almerigo,
vene in colegio ; la qual sta qui, e pertende haver
ditto castello.
In questa matina, per il nostro ordine fo aldito
li patroni di Fiandra vanno, et quelli sono stati, per
causa di le lane, et per la parte ozi si ha ad meter.
El ila, dico, el est verissimum, Jo li acordai ; adeo
luti do rimaseno conienti di la parte.
Noto, in questa terra è molti amallati venuti con
le galie grosse, per febre cative, piate a la Zefalonia.
Sono per li hospedali e per le caxe Ihoro, vieneno
sovenuti da li provedadori sopra la sanità ; mandati
medici e danari di Ihor servito, por la Signoria
nostra.
Da poi disnar fo pregadi, et fo leto assa’ letere.
Et queste, zoè :
Da Casal Mazor, di sier Piero Marcello, pro-
vedador. Come quelli fedelissimi, considerando la
gran spesa ha la Signoria nostra conira il turcho,
mossi da si, sono contenti et hanno terminà dar dii
suo proprio ducati 600 a la Signoria nostra, zoè 300
a questa Pasqua, et 300 a l’arcolto. Et per il colegio
li fo scrilo una bona letera a ditto provedador, lau-
dandoli. Et è da saper, essa comunità eliam scrisse
questo suo voler a la Signoria.
Da Ravena, di 20. Come è ritornato soi messi 612
mandò a Forlì ; dice esser stà conduto dal Cesena-
tico tre mortari, uno assa’ grosso, do mezani, et uno
rimasto per strada, roto il caro, e assa’ polvere e
salnitrij, i quatti faceano masenar ; et tutte le ditte
cosse erano stà trate di le roche di Pexaro e Rima-
no. Ilem, in Forlì esser fanti 500 alozati questa in-
vernata lì ; altra preparation non he ; e il ducha es-
ser a Ymola, et che a Granarol e Solarol si feva
assa’ cestoni e graici, per l’impresa di Faenza.
Ilem, ozi terza note, el forzo di le zente dii ducha
fonno a torno le mure di Faenza, dove non ussite
algum, per haver auto comandamento dal so si-
gnor di non ussir di la terra ; ma li salutone con
artilarie, adeo ritornono a li Ihoro alozamenti. Ilem
ha, quelli di Faenza star con aliegro animo, et de
nulla dubitano. Ilem, è voce, Paulo Gessini haver
conduto di Roma in campo ducati 13 milia, e se ne
aspeta per via de Venecia ducali 25 milia, con li
MCCCCC1, MARZO.
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a dì 22, una malina vene 3 galie nostre ben in bor-
dine a la bocha di la Valona, tochando la Irombeta
di bataia, et messe dentro di la bocha di la barza,
con valenti homeni dentro, e tolse 2 gripi ragusei,
uno di pegola, l’altro di meio ; e a le galie da la lore
del canal fo trato una bombarda, 0 fece. E non tre
dì avanti, levono di la bocha tre bombarde, et le
doveano tornar ; per la qual presa, tuta la terra an-
dava solo sopra ; dubitavano, per altra via, nostri
havesse posto zenle in terra. E1 sanzacho, volando,
mandò a la Porla per aver libertà di armar li legni
di la Valona, e presto ara risposta ; et per recuperar
(112 la vergogna di do gripi pigliati, la segonda note
armò uno bregantin, che andasse a veder quel feva
le galie la note ; c mandò eliam un zopolo grande,
con 25 janizari valenti, i qual slava dentro destesi;
pareva solum do vogasene, e per terra a marina
era zente a cavalo, siete fora do note, e ritornò
senza haver lato 0. E la più parte di le zente che
vien, vano a la Vajussa, e fanno gran guardia, dubi-
tando di foco ; e le XI galie è a la Valona, le hanno
tirate a presso a l’armada vechia, tanto dentro che
più non poteano andar: e le tiravano a forza de ho-
meni; e à visto 2000 homeni a tirar dentro ima
galia ; è stati do dì e mezo fuora, e quando le vorano
cazar, tarano pezo. Dicevano, per conforto di la
plebe, che Camalli era assito ; ma l’ambasador di-
ceva, non era il vero. Ilem, el dì dii suo partir, ar-
meno una bela fusta, patronizata per uno spagnolo,
per mandarla fuora la note; et doveva armarne
un’ altra, e son armade senza bordine dii signor,
per esser dii sanzacho proprie ; è di banchi 22.
Da Troni, di 12. Scrive zercha i biscoti; deli-
bera proveder. Ilem, il zeneral li scrive mandi in
Antivari tormento stera 500, e cussi slalim sarà con
sier Antonio da Pexaro, et li manderà ; e de lì non
vien navilij, si non a posta, per certo datio che se
chiama la parnaticha, che certi zenlhilomeni de li li
scuode, adeo tuli li marinari lo fuzino eie. ditto porto.
A dì, 22 marzo. In collegio non fo alcuni orator.
Fo ballota molti mandati e crediti, me auctore. Et
li savij poi si reduseno a consultar ; e li consieri re-
stono a dar audientia. Eliam fono leto li conti di le
setimane, el altro non fo fato.
lD, Ravena, di 17. Come dii ducha non ha alcu-
na nova; et avisa, di la dona rapta, à per uno venuto
da Forlì, qual nomina, dice haver visto la dita dona
in rocha, la qual è distata, nè è più da veder. Ilem,
a li castelli novamente presi si preparava scale, per
l’impresa di Faenza. Ilem, scrive non aver danari
di soldi 5 eie. I
Da Crema, dii podestà el capetanio. Come è stato
a Pandino, per le discordie erano tra il signor Al-
merigo di San Severino e li homeni dii loco; adeo
fo haveano sì astreto, che si serò in castello. Or,
andato lì, ditto podestà adatò il tutto, e pacifichò le
parte eie. Dà la colpa più tosto a li homeni eh’ al
signor. E nota, madona Fina, fo moglie dii conte
Hugo di San Severino, padre dii conte Almerigo,
vene in colegio ; la qual sta qui, e pertende haver
ditto castello.
In questa matina, per il nostro ordine fo aldito
li patroni di Fiandra vanno, et quelli sono stati, per
causa di le lane, et per la parte ozi si ha ad meter.
El ila, dico, el est verissimum, Jo li acordai ; adeo
luti do rimaseno conienti di la parte.
Noto, in questa terra è molti amallati venuti con
le galie grosse, per febre cative, piate a la Zefalonia.
Sono per li hospedali e per le caxe Ihoro, vieneno
sovenuti da li provedadori sopra la sanità ; mandati
medici e danari di Ihor servito, por la Signoria
nostra.
Da poi disnar fo pregadi, et fo leto assa’ letere.
Et queste, zoè :
Da Casal Mazor, di sier Piero Marcello, pro-
vedador. Come quelli fedelissimi, considerando la
gran spesa ha la Signoria nostra conira il turcho,
mossi da si, sono contenti et hanno terminà dar dii
suo proprio ducati 600 a la Signoria nostra, zoè 300
a questa Pasqua, et 300 a l’arcolto. Et per il colegio
li fo scrilo una bona letera a ditto provedador, lau-
dandoli. Et è da saper, essa comunità eliam scrisse
questo suo voler a la Signoria.
Da Ravena, di 20. Come è ritornato soi messi 612
mandò a Forlì ; dice esser stà conduto dal Cesena-
tico tre mortari, uno assa’ grosso, do mezani, et uno
rimasto per strada, roto il caro, e assa’ polvere e
salnitrij, i quatti faceano masenar ; et tutte le ditte
cosse erano stà trate di le roche di Pexaro e Rima-
no. Ilem, in Forlì esser fanti 500 alozati questa in-
vernata lì ; altra preparation non he ; e il ducha es-
ser a Ymola, et che a Granarol e Solarol si feva
assa’ cestoni e graici, per l’impresa di Faenza.
Ilem, ozi terza note, el forzo di le zente dii ducha
fonno a torno le mure di Faenza, dove non ussite
algum, per haver auto comandamento dal so si-
gnor di non ussir di la terra ; ma li salutone con
artilarie, adeo ritornono a li Ihoro alozamenti. Ilem
ha, quelli di Faenza star con aliegro animo, et de
nulla dubitano. Ilem, è voce, Paulo Gessini haver
conduto di Roma in campo ducati 13 milia, e se ne
aspeta per via de Venecia ducali 25 milia, con li