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, xlii.
Ma se la nolìra fe varia ti move
A disprezzar forsè i miei preghi onesli,
La fe c' ho certa in tua pietà , mi giove :
Ne dritto par ch'ella delusa redi.
Testimon è quel Dio eh' a tutti è Giove,
Ch' altrui più giuda aita unqua non detti.
Ma perchè il tutto appieno intenda, or odi
Le mie sventure insieme, e le altrui frodi.
xli1i.
Figlia i' son d'Arbilan, che '1 regno tenne
Del bel Damasco , e in minor sorte nacque:
Ma la bella Cariclia in sposa ottenne,
Cui sarlo erede del suo imperio piacque.
Cortei col suo morir quasi prevenne
Il naseer mio ; che in tempo eiìinta giacque,
Ch' io fuori useia dell' alvo : e fu il fatale
Giorno eh' a lei die morte, a me natale.
xliv.
Ma il primo lustro appena era varcato
Dal dì ch'ella spogliossi il mortai velo5
Quando il mio genitor, cedendo ai fato,
Forsè con lei si ricongiLinse in Cielo :
Di me cura laisando, e dello slato
Al fratel eh' egli amò con tanto zelo,
Che se in petto mortai pietà risiede,
Esser certo dovea della sua fede.
xlv.
Preso dunque di me quelli il governo,
Vago d'ogni mio ben si morirò tanto,
Che d'incorrotta fe, d' amor paterno,
E d'immensa pietade ottenne il vanto.
O che '1 maligno suo pensiero interno
CelalTe allor sotto contrario manto 5
O che sincere avesse ancor le voglie,
Perch'ai figliuol mi deslinava in moglie.
 
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