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C oi N T 0

lxxxii.
Così favella, e seco in chiaro suono
Tutto l'ordine suo concorde freme ;
E chiamando il consiglio utile e buono,
Co' preghi il Capitan circonda e preme.
Cedo, egli disse allora , e vinto sono
Al concorso di tanti uniti insìeme.
Abbia , se parvi, il chiedo don cortei ,
Dai vostri sì , non dai consigli miei.
lxxxiii.
Ma se Goffredo di credenza alquanto
Pur trova in voi , temprate i vostri affetti.
Tanto sol disse, e basla lor ben tanto,
Perchè ciascun quel eh' e! concede , accetti
Or che non può di bella donna il pianto,
Ed in lingua amorosa i dolci detti ?
Esce da vaghe labbra aurea catena,
Che l'alme a suo voler prende ed affrena.
lxxxiv.
Eustazio lei richiama, e dice: ornai
Cessi, vaga donzella, il tuo dolore :
Che tal da noi soccorso in breve avrai,
Qual par che più richiegga il tuo timore.
Serenò allora i nubilosi rai
Armida, e sì ridente apparve fuore,
Ch' innamorò di sue bellezze il cielo,
Asciugandosi gli occhi col bel velo.
lxxxv.
Rendè lor poseia in dolci e care note
Grazie per l'alte grazie a lei concesse,
Mostrando che sariano al mondo note
Mai sempre, e sempre nel suo core impresse
E ciò che lingua esprimer ben non puote,
Muta eloquenza ne' suoi gesti espresse :
E celò sì sotto mentito aspetto
Il suo pensier, ch'altrui non die sospetto.
 
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