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XXXIV.
E che per legge è reo di morte, e deve,
Come l'editto impone, esser punito :
Si perchè '1 sallo in se medesmo è greve,
Si perchè n loco tale egli è seguito.
Che se dell'error suo perdon riceve,
Fia ciascun altro per l'esempio ardito 5
E che gli ossesi poi quella vendetta
Vorranno far, eh' ai giudici s'aspetta .
XXXV.
Onde per tal cagion diseordie e risse
Germoglieran fra quella parte, e questa:
Rammentò i merti dell' estinto, e disse
Tutto ciò, eh'o pietate, o sdegno desta.
Ma s'oppose Tancredi, e contraddisse,
E la causa del reo dipinse onesta.
Goffredo ascolta, e in rigida sembianza
Porge più di timor , che di speranza.
XXXVI.
Soggiunse allor Tancredi : or ti sovvegna
Saggio Signor ? chi sia Rinaldo, e quale :
Qual per se stesso onor gli lì convegna,
E per la slirpe sua chiara e regale,
E per Guelfo suo zio. non dee chi regna
Nel casligo con tutti esser eguale.
Vario è l'istesso error ne' gradi varj :
E sol l'egualità giusta è co' pari.
XXXVII.
Risponde il Capitan: dai più sublimi
Ad ubbidire imparino i più bassi.
Mal, Tancredi, consigli, e male stimi $
Se vuoi, che i grandi in sua licenza io lassi.
Qual fora imperio il mio, s'a' vili ed imi
Sol Duce della plebe io comandassi?
Scettro impotente, e vergognoso impero $
Se con tal legge è dato, io più noi chero.
 
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