NO NO.
XXX.
Segue il buon genitor l'incauto stuolo
De' cinque, e Solimano assale, e cinge :
E in un sol punto un sol consiglio, e un solo
Spirito quali, sei lunghe aste spinge.
Ma troppo audace il suo maggior figliuolo
L'asta abbandona, e con quel fier si stringe j
E tenta invan con la pungente spada,
Che lotto il corridor morto gli cada.
XXXI.
Ma come alle procelle esposto monte,
Che percosso dai ssutti al mar sovraste ,
Sostien fermo in se stesso i tuoni, e l'onte
Del cielo irato, e i venti, e 1' onde vaste -,
Cosi il fero Soldan l'audace fronte
Tien salda incontro ai ferri, e incontro all'aste:
Ed a colui, che '1 suo destrier percuote,
Tra i cigli parte il capo, e tra le gote.
XXXII.
Aramante al fratel, che giù ruina,
Porge pietoso il braccio, e lo sostiene :
Vana, e folle pietà, ch'alia ruina
Altrui la sua medesma a giunger viene:
Che'l Pagan su quel braccio il ferro inchina,
Ed atterra con lui, chi a lui s'attiene.
Caggiono entrambi, e 1' un sull' altro langue ,
Mescolando i sospiri ultimi, e '1 sangue.
XXXIII.
Quinci egli di Sabin l'asta recisa,
Onde il fanciullo di lontan l'infesta,
Gli urta il cavallo addosso, e'1 coglie in guisa,
Che giù tremante il batte: indi il calpesta.
Dal giovinetto corpo usci divisa
Con gran contratto l'alma, e lasciò mesta
L' aure soavi della vita, e i giorni
Della tenera età lieti ed adorni.
( 108 )
XXX.
Segue il buon genitor l'incauto stuolo
De' cinque, e Solimano assale, e cinge :
E in un sol punto un sol consiglio, e un solo
Spirito quali, sei lunghe aste spinge.
Ma troppo audace il suo maggior figliuolo
L'asta abbandona, e con quel fier si stringe j
E tenta invan con la pungente spada,
Che lotto il corridor morto gli cada.
XXXI.
Ma come alle procelle esposto monte,
Che percosso dai ssutti al mar sovraste ,
Sostien fermo in se stesso i tuoni, e l'onte
Del cielo irato, e i venti, e 1' onde vaste -,
Cosi il fero Soldan l'audace fronte
Tien salda incontro ai ferri, e incontro all'aste:
Ed a colui, che '1 suo destrier percuote,
Tra i cigli parte il capo, e tra le gote.
XXXII.
Aramante al fratel, che giù ruina,
Porge pietoso il braccio, e lo sostiene :
Vana, e folle pietà, ch'alia ruina
Altrui la sua medesma a giunger viene:
Che'l Pagan su quel braccio il ferro inchina,
Ed atterra con lui, chi a lui s'attiene.
Caggiono entrambi, e 1' un sull' altro langue ,
Mescolando i sospiri ultimi, e '1 sangue.
XXXIII.
Quinci egli di Sabin l'asta recisa,
Onde il fanciullo di lontan l'infesta,
Gli urta il cavallo addosso, e'1 coglie in guisa,
Che giù tremante il batte: indi il calpesta.
Dal giovinetto corpo usci divisa
Con gran contratto l'alma, e lasciò mesta
L' aure soavi della vita, e i giorni
Della tenera età lieti ed adorni.
( 108 )