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C v4 N T 0

XXXIV.
Rimancan vivi ancor Pico, e Laurente,
Onde arricchì un sol parto il genitore:
Similissima coppia , e che sovente
Esser solea cagion di dolce errore.
Ma se lei fè Natura indisferente,
Disferente or la fa l'oslil furore.
Dura distinzion , eh'all'un divide
Dal bullo il collo , all'altro il petto incide.
XXXV.
Il padre ( ah non più padre ! ah fera sorte,
Ch'orbo di tanti figli a un punto il face!)
Rimira in cinque morti or la sua morte,
E della stirpe sua, che tutta giace.
Nè so come vecchiezza abbia sì forte
Nelle atroci miserie, e sì vivace,
Che spiri, e pugni ancor: ma gli atti, e i vili
Non mirò forsè de' figliuoli uccisi.
XXXVI.
E di sì acerbo lutto agli occhi sui
Parte 1' amiche tenebre celaro .
Contuttociò nulla sarebbe a lui,
Senza perder se steiso, il vincer caro.
Prodigo del suo sangue, e dell' altrui
Avidissimamente è fatto avaro :
Nè si conosee ben, qual suo delire
Paja maggior, 1' uccidere, o '1 morire.
XXXVII.
Ma grida al suo nemico : è dunque frale
Sì questa mano, e in guisa ella si sprezza,
Che con ogni suo sforzo ancor non vale
A provocare in me la tua fierezza?
Tace, e percosfa tira aspra e mortale,
Che le piastre e le maglie insieme spezza,
E sui fianco gli cala , e vi fa grande
Piaga , onde il sangue tepido si spande.
 
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