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NONO.

XCIV.
Ma, come prima egli ha veduto in piega
L'esercito maggior, suona a raccolta:
E con medi iterati iridando prega
Ed Argante, e Clorinda a dar di volta.
La fera coppia d'esequir ciò nega,
Ebra di sangue, e cieca d'ira e stolta.
Pur cede alfine, e unite almen raccorre
Tenta le turbe, e freno ai passi imporre.
xcv.
Ma chi dà legge al vulgo, ed ammaestra
La viltade e'1 timor? la fuga è presa.
Altri gitta lo seudo, altri la destra
Disarma: impaccio è il ferro , e non difesa.
Valle è tra '1 Campo, e la Città, eh' alpestra
Dall'occidente al mezzo giorno è slesa.
Qui fuggon elsi j e si rivolge oseura
Caligine di polve in ver le mura.
xcvi.
Mentre ne van precipito!! al chino,
Strage d'essi i Crisliani orribil fanno.
Ma poseia che salendo ornai vicino
L'ajuto avean del barbaro Tiranno -y
Non vuol Guelfo d'alpestro erto cammino
Con tanto suo svantaggio esportì al danno.
Ferma le genti, e'1 Re le sue riserra.
Non poco avanzo d'infelice guerra.
XCVII.
Fatto intanto ha il Soldati ciò, eh' è concedo
Fare a terrena sorza; or più non puote.
Tutto è sangue, e sudore: e un grave, e spesso
Anelar gli ange il petto, e i fianchi scuote.
LangueYotto lo seudo il braccio oppressb :
Gira la delira il ferro in pigre rote:
Spezza, e non taglia, e divenendo ottuso,
Perduto il brando ornai di brando ha l'uso.
( ti6 )
 
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