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C'. oi N T 0
LXXXII.
E ben ei vi facea mirabil cose,
E contratti seguiano aspri e mortali ^
Ma fuori uscì la notte, e '1 mondo ascose
Sotto il caliginoso orror dell'ali:
E l'ombre sue pacifiche interpose
Fra tante ire de' miseri mortali :
Sicché cessò Goffredo, e fé ritorno.
Cotal fin ebbe il sanguinoso giorno.
LXXXIII.
Ma pria che'l pio Buglione il campo ceda,
Fa indietro riportar gli egri e i languenti :
E già non lascia a' suoi nemici in preda
L'avanzo de' suoi bellici tormenti.
Pur salva la gran torre avvien che rieda,
Primo terror delle nemiche genti :
Comechè sia dall'orrida tempesta
Sdruscita anch' ella in alcun loco , e pesta.
LXXXIV.
Da' gran perigli uscita ella sen viene
Giungendo a loco ornai di sìcurezza.
Ma qual nave talor, eh'a vele piene
Corre il mar procelloso, e l'onde sprezza $
Poscia in vista del porto, o su le arene,
O su i fallaci scogli un fianco spezza :
O qual destrier passa le dubbie strade,
E preiso al dolce albergo incespa, e cade.
LXXXV.
Tal inciampa la torre : e tal da quella
Parte che volse all' impeto de' sassi,
Frange due rote debili, sicch'ella
Ruinosa pendendo arreda i passi.
Ma le suppone appoggi, e la puntella
Lo sluol che la conduce, e seco stassi,
Insin che i pronti fabbri intorno vanno,
Saldando in lei d'ogni sua piaga il danno.
 
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