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DEC IMO QUARTO.
lxii.
O giovinetti , mentre Aprile, e Maggio
v ammantan di fiorite e verdi spoglie ;
Di gloria o di virtù fallace raggio
La tenerella mente ah non v'invoglie.
Solo chi segue ciò che piace è saggio:
E in sua stagion degli anni il frutto coglie
Questo grida natura, or dunque voi
Indurerete Y alma ai detti suoi ?
lxiii.
Folli, perchè gettate il caro dono ,
Che breve è si, di vostra età novella?
Nomi, e senza soggetto idoli sono
Ciò che pregio e valore il mondo appella.
La fama che invaghisce a un dolce suono
Voi superbi mortali, e par sì bella -y
Ev un Eco, un sogno, anzi del sogno un'ombra
Ch'ad ogni vento si dilegua e sgombra.
lxiv.
Goda il corpo sicuro, e in lieti oggetti
L'alma tranquilla appaghi i sensi srali :
Obblii le noje andate, e non asfretti
Le sue miserie in aspettando i mali.
Nulla curi, se '1 ciel tuoni o saetti :
Minacci egli a sua voglia, e infiammi strali
Questo è saver, questa è felice vita :
Sì l'insegna natura , e sì l'addita.
lxv.
Sì canta l'empia5 e'1 giovinetto al sonno
Con note invoglia sì soavi e scorte.
Quel serpe appoco appoco, e si fa donno
Sovra i sensi di lui polsente e forte.
Ne i tuoni ornai destar, non ch'altri, il ponno
Da quella queta immagine di morte.
Esce d'aguato allor la falsa maga,
E gli va sopra di vendetta vaga.
 
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